«Tassa Airbnb», in Trentino solo 83 hanno optato per la cedolare secca
Nel 2017, primo anno di applicazione della Tassa Airbnb, in Trentino sono stati 83 i contribuenti che hanno scelto la cedolare secca turistica introdotta due anni fa dal governo. La cedolare secca sulle locazioni, nel suo complesso, ha invece avuto l’adesione di oltre 25.000 trentini. «Un flop» secondo gli Albergatori che attaccano e chiedono alla Provincia di «applicare anche a chi affitta appartamenti a fini turistici le stesse regole che valgono per gli altri operatori, a partire dalla tassazione». Per l’Asat sono oltre 3.000 gli appartamenti di privati dati in affitto a fini turistici in Trentino.
Da parte di chi è sull’altro lato della barricata, come Andrea Grigolli di Host Trentino, che fornisce supporto a una serie di proprietari che operano nel settore, si spiega che «noi le tasse per i nostri clienti le versiamo tutte».
Il nodo è quello del braccio di ferro tra Airbnb e lo Stato proprio sulla tassazione turistica. Se è vero che la piattaforma consente con un semplice click al proprietario dell’appartamento in gestione di conoscere quanto versare a fine anno, il colosso degli affitti turistici brevi in appartamenti privati ha contestato al Tar e, dopo il primo ko, ha deciso di farlo anche al Consiglio di Stato proprio la legge sulla cedolare secca introdotta nel 2017.
Con l’introduzione della soprannominata tassa Airbnb, a metà del 2017, è stato previsto l’obbligo per comodatari e affittuari - ma anche per gli intermediari immobiliari che gestiscono locazioni di appartamenti, case vacanza o ville per periodi non superiori a 30 giorni, anche mediante piattaforme online, come fanno appunto Airbnb o Booking - di applicare al momento del pagamento una cedolare secca con aliquota al 21% sul costo dell’affitto. L’intermediario viene quindi riconosciuto come sostituto d’imposta, tenuto a riversare la tassa nelle casse dello Stato una volta ricevuto il pagamento. La nuova norma ha tuttavia scatenato un lungo contenzioso proprio tra Airbnb e lo Stato che ha disincentivato l’adesione degli interessati al nuovo regime nella prima fase di attuazione. Gli Albergatori, con il loro presidente Gianni Battaiola, spiegano che «può essere che ci sia chi ha dichiarato le entrate da affitto turistico come reddito aggiuntivo e non abbia usato la cedolare secca. Anche se, in questo modo, pagherebbe di più e questo sarebbe curioso».
Gli 83 che hanno scelto la tassa Airbnb hanno dichiarato un reddito imponibile totale di 485.000 euro, con un imponibile medio di 5.840 euro. E per il fisco tale scelta nel 2017 ha portato circa 1.226 euro (il 21% di 5.840 euro) per dichiarante, pari a circa 101.000 euro.
Ad oggi, spiegano da Airbnb Italia, essendo in causa con lo Stato sulla legge in materia, la piattaforma non versa al posto del singolo proprietario la cedolare secca. È quest’ultimo che deve farlo o che può inserire il reddito nella dichiarazione e pagarci sopra quindi l’aliquota Irpef corrispondente allo scaglione di reddito che ne deriva.
La cedolare secca in totale, invece, è stata scelta nel 2018 da circa 25.000 contribuenti trentini (22.326 al 21% e 2.674 al 10%). L’imponibile complessivo è stato di 175 milioni, le tasse versate 34,9 milioni di euro.