Demenza e Alzheimer ai tempi del covid Dalla quarantena effetti pesanti sui malati Il tema in un convegno a Trento in ottobre
Di anziani e di come l'emergenza coronavirus sta modificando il lavoro di cura si discuterà al 3° Convegno internazionale "Anziani. Dignità, relazioni, cure", organizzato dal Centro studi Erickson e in programma il 2 e 3 ottobre nella sede di via del Pioppeto, a Trento, e online.
Tra gli ospiti, interverranno Marco Trabucchi, presidente dell'Associazione Italiana di Psicogeriatria e vice-presidente dell'Associazione Alzheimer Fest, per parlare de "Gli anziani al tempo del Covid-19: il disastro della solitudine", Mario Possenti, segretario generale della Federazione Alzheimer Italia, con una relazione su "La persona e la sua comunità: non un problema ma un dovere di cura" e l'esperienza delle "Comunità amiche delle persone con demenza", e Andreanna Bayr Ambrosi, presidente dell'Associazione Parkinson di Trento, che dialogherà con Giulia Avancini su "Lockdown e caregiving: la voce di un'esperta per esperienza".
In occasione della 27ª Giornata mondiale Alzheimer, lo scorso il 21 settembre, e del nono Mese mondiale Alzheimer, il perentorio incoraggiamento dello scorso anno - " Demenza: parliamone! - mirante a smontare ogni tabù e stigma sociale intorno alle demenze e all'Alzheimer, che ne è la forma più frequente, è ancora più intenso in un 2020 caratterizzato dall'inedita pandemia da Covid-19.
La quarantena ha implicato isolamento forzato per tutti, ma con effetti disastrosi per malati, familiari e caregiver a causa delle restrizioni domiciliari e dell'impossibilità di fruire dei servizi abitualmente garantiti dalla rete di supporto sanitario, sociale e psicologico. Lo conferma Renzo Dori, presidente dell'Associazione Alzheimer Trento: «Siamo stati tempestati di richieste di aiuto, di supporto, di indicazioni e attività possibili e abbiamo registrato dati preoccupanti a causa della chiusura dei servizi, riguardanti sia persone ospiti di Rsa, sia a domicilio e in modo specifico le persone sole, e poi ci sono le difficoltà dei caregiver. Quest'anno perciò è ancora più importante promuovere conoscenza e consapevolezza su questa forma di demenza, che in Italia colpisce circa 1 milione di persone e in Trentino circa 7.000 persone. Non è quindi un caso che l'Associazione Alzheimer Italia abbia scelto come slogan il "Parliamone: ora più che mai"».
C'è poi un dato allarmante che emerge dall'"Impact and mortality of Covid-19 on people living with dementia", studio promosso da Alzheimer's Disease International sull'impatto della malattia provocata dal Coronavirus nei mesi dell'emergenza sanitaria su questa categoria di pazienti. Il lavoro ha coinvolto 9 Paesi tra cui l'Italia (gli altri sono Regno Unito, Spagna, Irlanda, Australia, Stati Uniti, India, Kenya e Brasile) e i tassi di mortalità risultano molto alti: 25% in Inghilterra e Galles, 31% in Scozia e 19% in Italia, ossia un deceduto italiano su cinque era affetto da demenza.
«L'impatto della pandemia è stato estremamente drammatico anche per le persone con demenza in assistenza a "Lungo Termine" - prosegue Dori -: a causa del virus hanno infatti avuto un accesso limitato alle cure mediche e assistenziali, hanno perso la quotidianità del contatto umano e le diagnosi sono state praticamente sospese. I caregiver hanno pagato anch'essi un prezzo molto alto, vivendo questo periodo in grande solitudine e con pochissimi riferimenti possibili. È noto che chi si prende cura di un compagno, un marito o una moglie, affetto da Alzheimer o da demenza, aumenta del 30% il rischio di soffrire di sintomi depressivi rispetto a chi non convive con una persona malata».
L'Associazione però non è rimasta con le mani in mano: «Dopo un breve periodo di chiusura obbligatoria della sede, ci siamo attivati per cercare di sostenere telefonicamente attraverso i nostri volontari esperti il maggior numero di persone possibile, dando suggerimenti, consigli e supporto ai caregiver. Poi progressivamente abbiamo avviato colloqui in presenza, rispettando tutte le norme anticovid».
Molti progetti in programma sono stati necessariamente sospesi come l'incontro mensile dell'Alzheimer caffè, il corso formativo per volontari, la collaborazione con le scuole, serate informative e formative dedicate alla popolazione, ma nel frattempo sono nate esperienze di solidarietà e buone prassi: «Dopo la chiusura del Centro diurno Alzheimer di Trento, il 19 marzo - racconta Dori -, un gruppo di operatori coraggiosi si è reso disponibile ad aiutare i familiari di persone malate che lo frequentavano, portando supporto a domicilio. Il servizio, espressione di autentica solidarietà, è iniziato subito, il 23 marzo, garantendo aiuto e vicinanza concreti e rompendo il silenzio causato dal distanziamento e dalla chiusura dei servizi».
Non mancano, infine, "lavori in corso": «Stiamo lavorando ad un progetto significativo di collaborazione con il Centro per i disturbi cognitivi e la demenza (Cdcd) dell'Azienda sanitaria per aumentare le possibilità di supporto e informazione ai familiari e alle persone con demenza; altri progetti sono in fase avanzata di realizzazione e interesseranno il mese di ottobre e i mesi successivi, compresa la ricerca in stretta collaborazione con la Fondazione Bruno Kessler».
Parlare di demenza e di Alzheimer non è sempre facile, ma migliorare la qualità della vita dei malati e tutelare i diritti dei cittadini più fragili è una responsabilità della collettività e l'Associazione trentina si sta impegnando attivamente anche per realizzare, in accordo con il Comune di Trento, una "Dementia friendly comunity-Comunità Amica della Demenza", seguendo l'esempio di altre realtà, ad oggi 26, sparse sul territorio italiano.