I 5 tipi di coronavirus in Italia tante varianti che portano al Covid-19
Sono cinque le varianti del nuovo coronavirus identificate in Italia. Per definirle mutazioni vere e proprie servono piu' dati statistici, ma al momento si puo' dire che non solo il virus non e' affatto meno aggressivo di quanto lo fosse all'inizio dell'anno, ma che grazie alle nuove varianti riesce a replicarsi in modo piu' efficace. E' quanto emerge dai dati finora a disposizione della Task force coronavirus attiva presso il centro di biotecnologie avanzate Ceinge di Napoli, finanziato dalla Regione Campania.
"Dai dati finora a nostra disposizione, basati su 246 genomi sequenziati da pazienti con Covid-19, emerge che esistono cinque varianti di virus", ha detto all'ANSA il genetista Massimo Zollo, dell'Universita' Federico II di Napoli, responsabile scientifico della task force Covid attiva presso il centro di biotecnologie avanzate Ceinge e finanziata dalla Regione Campania.
"Sappiamo che le varianti, identificate con le sigle 19A, 19B, 20A, 20B e 20C, sono presenti in tutta Italia, ma adesso si tratta di capire quale sia la loro incidenza nelle regioni". Dopo il lockdown, le piu' frequenti risultano essere 20A e 20 B. Molte sequenze sono state finora prodotte in Lombardia, ed e' emerso che in Campania le varianti 20A e 20B sono presenti nella stessa quantita' . Stanno arrivando dati anche da Abruzzo, Lazio e Puglia, ma per capire se le cinque varianti stanno circolando in tutta Italia c'e' ancora molto lavoro da fare: "Dobbiamo continuare a tipizzare il virus in tutto il Paese, per capire se ci sono realta' particolari a livello regionale, oppure se e' una tendenza che sta avvenendo in tutta Italia", ha detto Zollo. Questo trend e' presente anche in Europa, in Paesi quali Spagna, Germania, e Regno Unito, con prevalenza di alcune varianti verso altre.
Di sicuro, ha osservato l'esperto, "il virus SarsCoV2 e' cattivo come lo era nel marzo scorso, e le nuove varianti sembrerebbero renderlo ancora piu' aggressivo. Sono mutazioni distribuite in tutto il genoma, ma al momento si nota che le mutazioni non incidono nell'interazione fra la proteina Spike e il recettore Ace", ossia fra la proteina che e' il principale grimaldello con cui il virus riesce a penetrare nelle cellule e il recettore che costituisce la serratura molecolare utilizzata dalla proteina.
"Quello che al momento e' possibile dire -, secondo Zollo -, e' che da un punto di vista statistico, piu' aumenta il numero delle persone con l'infezione, piu' sono probabili nuove mutazioni: al momento e' solo una probabilita' statistica".
Si stanno osservando intanto anche altre mutazioni, come quella del gene Orf 3A, che regola la risposta infiammatoria nelle cellule, e quelle dei geni Nsp2 e Nsp6 (proteine non strutturali del virus) in Orf1a: la prima favorisce il metabolismo cellulare con la funzionalita' del virus nelle cellule; la seconda favorisce la formazione delle vescicole che il virus utilizza per replicarsi.
"Tutto questo pero' non e' sufficiente per dire che il virus SarsCoV2 e' mutato", ha detto Zollo. "Al momento vediamo differenze tra le sequenze del virus in 5 isotipi, ma per arrivare a delle conclusioni e' indispensabile avere piu' sequenze. Fino ad allora - ha concluso - non si puo' escludere che possano essere solo delle varianti, magari frutto di importazioni da altri Paesi".