Covid, tamponi rapidi in farmacia C'è il nuovo protocollo trentino Ecco come funziona il sistema
Un test su tre risulta positivo: questo il bilancio dei primi giorni di tamponi antigenici rapidi eseguibili in farmacia in Trentino. Le apripista sono state tre farmacie Comunali, nel capoluogo, a Riva del Garda e a Pomarolo. Le persone si sono messe in coda per i test, che sono disposti dal medico di famiglia e richiedono prenotazione online tramite il Cup o la app
Oltre a chi teme di essere positivo sulla base di contatti avuti con persone malate, si rivolgono alle farmacie persone che nei giorni scorsi avevano avuto sintomi leggeri e che ora stanno meglio ma vogliono verificare se sono contagiosi o se possono stare tranquilli.
Ieri è stato approvato il Protocollo sperimentale per l’esecuzione di test rapidi antigenici nelle farmacie. Il provvedimento della giunta provinciale mette a disposizione 1,2 milioni di euro per i mesi di novembre e dicembre 2020. Si stima una produzione complessiva giornaliera di 1.200 test rapidi da parte delle farmacie, con un compenso concordato di 18 euro per le farmacie rurali e di 15 euro per tutte le altre. Conclusa la sperimentazione, iniziata il 9 ottobre alla farmacia comunale di Piedicastello a Trento, il servizio è partito lunedì 2 novembre, oltre che a Riva del Garda, a Trento (nella stessa farmacia di Piedicastello) e a Pomarolo (nella farmacia comunale di via 3 Novembre). Provvisoriamente il servizio si tiene dal lunedì al venerdì dalle 15.15 alle 17.17 e il sabato al mattino nella farmacia comunale «San Giuseppe» al rione Degasperi.
«L’obiettivo è quello di potenziare l’azione di risposta diagnostica nella stagione autunnale e invernale, con particolare attenzione per il comparto scolastico», spiega l’assessora alla Salute Stefania Segnana.
A Riva del Garda, lunedì pomeriggio, alla presenza della sindaca Cristina Santi e della vicesindaca Silvia Betta, alla farmacia al Rione Degasperi (nella foto) si sono tenuti i primi test, o tamponi naso-faringei rapidi per la ricerca dell’antigene del coronavirus.
Erano presenti la presidente delle «Farmacie Comunali» Cristiana Sartori, il direttore Lorenzo Arnoldi, la responsabile del settore tecnico Federica Setti e il tecnico che si occuperà delle accettazioni Nadia Edbali.
Per le «Farmacie Comunali» è toccato al direttore Arnoldi spiegare come funziona il sistema: «Per prima cosa quando un paziente avverte i sintomi possibili legati al covid deve contattare il suo medico di base, farsi fare l’impegnativa e poi prenotare il test ad un orario specifico che gli sarà assegnato. Se minore la prescrizione la farà il o la pediatra di base, ovviamente. Poi si chiama il CupOnLine (cup.apss.tn.it), inserire i propri dati della tessera sanitaria indicando il numero della prescrizione, andando quindi a scegliere la prestazione digitando Tampone prelievo microbiologico. Per ora riusciamo a testare una persona ogni tre minuti, una ventina l’ora e una volta finito si riceve un referto col quale, in seguito si potrà andare a vedere online il risultato. Sia chiaro che il test va fatto solamente se il medico lo prescrive in base ai sintomi, altrimenti il rischio dei falsi negativi è dietro l’angolo».
Alla prima prova di ieri si erano già prenotate venti persone, tutte ordinatamente in fila sul marciapiede e con mascherina indossata.
Il costo è interamente a carico del Servizio sanitario nazionale, non si paga nessun ticket.
In trentino, fuori dalle farmacie, cioè a cura dell'Apss, fino a metà ottobre, in nove giorni, erano stati effettuati 1.411 test rapidi di questo tipo, che hanno permesso di individuare 98 persone positive al coronavirus con una percentuale di positività del 7%. Mentre oggi, spiega il dottor Antonio Ferro, direttore del Dipartimento prevenzione dell’Azienda sanitaria: «Ogni giorno c’è una produzione considerevole di circa 1.000 test rapidi su sintomatici e su persone in quarantena. E visto che si fanno in prevalenza su sintomatici la percentuale di positivi che troviamo ora è intorno al 20%».
Su 1.000 test rapidi al giorno vuol dire che si individuano in questo modo 200 positivi che possono poi non rientrare in quelli accertati con i tamponi molecolari. «Il caso positivo al test rapido - aggiunge Ferro - poi deve essere confermato dal tampone molecolare. In genere se questo viene fatto presto viene confermata la positività, ma se passano alcuni giorni può essere che risulti negativo, quindi non figurerà nella contabilità ufficiale dei contagi. Molte Regioni hanno comunque già chiesto che non sia necessario fare anche il tampone molecolare quando il test rapido su sintomatici ha già dato esito positivo. Quindi presto potrebbe bastare il tampone antigenico per confermare un caso di covid. Noi oggi li utilizziamo soprattutto al pronto soccorso, sui sintomatici e nelle rsa. E ora sono utilizzatin anche dalle farmacie soprattutto per le scuole.
Sul piano della sanità pubblica, le persone che risultano positive al test rapido vengono trattate come i casi positivi al test molecolare, ovvero vengono messe in isolamento. Noi troviamo anche più positivi asintomatici e li mettiamo in isolamento perché a differenza di altre regioni continuiamo a fare il contact tracing e tamponi che rivelano gli asintomatici».
Da tempo si ragiona anche a livello nazionale su una gestione qualitativa dei test covid, utilizzando per gli screening e per le verifiche su casi contatto gli esami rapidi antigenici che sono comunque affidabili per individuare eventuali portatori sani del virus (prelievi nasali che danno risposta strumentale in loco, nel giro di un quarto d’ora circa, senza necessità di analisi in laboratorio).
Le difficoltà crescenti del tracciamento dei casi contatto, con il moltiplicarsi delle persone esposte e degli ambienti sociali implicati, suggerisce da tempo di accelerare in questo senso, anche ricorrendo ai test salivari ultrarapidi, che consentono sia un prelievo più semplice sia una risposta pressoché immediata e senza il ricorso a alcun macchinario: si tratterà di verificare la colorazione della striscia reagente messa a contatto con il liquido organico.
Al momento, però, sono stati validati (da poche settimane) solo test salivari da eseguirsi in laboratorio, che dunque non presentano significativi vantaggi nella tempistica rispetto a quelli antigenici.
Ora si attende la validazione dei nuovi test salivari in kit, che rappresenterebbero una vera rivoluzione, ma che nelle verifiche del mese scorso all’ospedale Spallanzani avevano rivelato una sensibilità ritenuta insufficiente. Se fossero migliorati diventerebbero un’arma eccezionale contro il virus, anche considerando che un singolo kit avrà costi assai ridotti, pochi euro. È la svolta che qualche settimana aveva indotto il presidente del Veneto, Luca Zaia, ha ipotizzare (cenendo poi bacchettato dal virologo Crisanti) anche la possibilità di diagnosi fai-da-te, per alleggerire il carico sul sistema sanitario territoriale e nel contempo evitare confinamenti domiciliari non necessari.