Gino Strada: «Pfizer liberi la licenza e consenta a tutti di produrre il vaccino covid»
Preoccupa ancora, in Europa, il rallentamento delle forniture dei vaccini anti-covid di Pfizer e si moltiplicano gli appelli per estendere i centri di produzione
Preoccupa ancora, in Europa, il rallentamento delle forniture dei vaccini anti-covid di Pfizer e si moltiplicano gli appelli affinché la multinazionale americana (con stabilimenti anche in Italia) renda di pubblico dominio le informazioni industriali e consenta ad altre case farmaceutiche di avviare la produzione.
«Liberare la licenza del vaccino consentirebbe a molti stabilimenti, anche in Italia, di produrlo in grande quantità e di accelerare notevolmente i tempi per arrivare a una copertura di gregge, in Europa e nel resto del mondo. Non dimentichiamo che a restare indietro, al momento, sono soprattutto i Paesi poveri. Le multinazionali dovrebbero rendere pubbliche le licenze», ha sottolineato Gino Strada.
Il fondatore di Emergency, che su questo tema è intervenuto anche in tv (ieri a La7 e oggi a Raitre), lancia dunque un appello affinché si abbandonino le logiche del profitto e si pensi a ottenere la massima diffusione del vaccino, secondo le migliori tempistiche e condizioni economiche.
Una visione diversa da quella cui si sono ispirati finora i governi, anche in Europa, dove si sono sottoscritti (e secretati) contratti di fornitura con i principali attori economici del settore, a quanto è dato sapere, senza alcuna clausola riguardante la condivisione dei dati scientifici o la concessione in licenza del vaccino ad altri produttori, per comprimee i tempi di distribuzione e dunque di conclusione della tragica epidemia di covid-19.
Come noto, Pfizer ha ridotto le consegne previste nei Paesi Ue spiegando che deve far fronte a un calo produttivo nello stabilimento di Puurs, in Belgio, dove sono in corso interventi per potenziare gli impianti e dunque sfornare a breve più vaccini di quanti previsti.
Fatto sta che nel Paesi europei, per ora, si cerca di correre ai ripari, soprattutto al fine di garantire la dose di richiamo a chi è già stato vaccinato. In Italia la contrazione delle forniture è stata del -29% questa settimana e sarà del -20% la prossima, secondo le ultime dichiarazioni del governo. Di fronte a questa difficoltà, alcune Regioni hanno sospeso temporaneamente la somministrazione di prime dosi, per assicurare a tutti l'inoculazione della seconda, dopo tre settimane dalla prima.
Un piccolo vantaggio, sul quale però sembra aver fatto i conti anche l'azienda annunciando la riduzione, deriva dalla sesta dose che si può ottenere da ogni flacone Pfizer, con una gestione attenta del contenuto in fase di preparazione per l'iniezione.
Diversi mass media in questi giorni hanno sollevato qualche interrogativo sulla posizione di Pfizer (che il govenro italiano intende contestare in giudizio, malgrado il contratto di fornitura sia siglato dalla Ue).
C'è chi ipotizza che all'origine del rallentamento delle spedizioni vi sia un impegno a consegnare i vaccini a qualche ricco stato del Golfo, dove il ricavo potrebbe decuplicarsi rispetto al contratto europeo.
Sulle pagine di economia si è letto nei giorni scorsi di previsioni particolarmente ottimistiche sui bilanci del gigante newyorkese (considerata la più grande società farmaceutica mondiale): da un lato il "rimbalzo" plurimiliardario in borsa nei mesi scorsi dopo l'annuncio del nuovo vaccino, dall'altro i ricavi dalle vendite del ricercatissimo preparato (si stimerebbero nel 2021 ricavi potenziali oltre i venti miliardi di dollari).
Uno scenario, peraltro, non dissimile da quello delle altre Big Pharma arrivate in pole position nella corsa al vaccino anti sars-cov-2.
Se in Europa al momento la campagna vaccinale ruota principalmente attorno a Pfizer (con dosi da conservare a -75 gradi), non va dimenticato che ha ottenuto il via libera dell'Ema (Agenzia europea del farmaco) e sta consegnando dosi (sia pure col contagocce) anche l'altra multinazionale Usa, Moderna. Anche in questo caso si tratta di un innovativo vaccino a Rna messaggero, che come per il preparato Pfizer presenta un'efficacia elevatissima (oltre il 94%) e la possibilità di intervenire facilmente per eventuali adattamenti a forme mutate del virus. Il vantaggio del vaccino Moderna riguarda trasporto e stoccaggio, perché si conserva sette mesi a temperature fra -15 e -25.
Dal punto di vista termico, però, il più comodo da trattare, anche negli studi medici territoriali, sarà il vaccino europeo della inglese AstraZeneca, che dopo un intoppo in fase di analisi sperimentale, ora attende il via libera dalle autorità comunitarie la prossima settimana e viene già prodotto in circa due milioni di dosi a settimana (in Gran Bretagna viene già utilizzato da un mese). Questo preparato (non rna ma a vettore virale) si conserva in un normale frigorifero, come quello che abbiamo nelle nostre case, e secondo i dati clinici ha un'efficacia del 70% (che sale misteriosamente al 90% nei soggetti cui per errore era stata somministrata solo mezza dose cui era seguito il previsto richiamo completo un mese dopo: un aspetto ora oggetto di approfondimenti).
Se la tabella di marcia sarà rispettata, con l'Ok europeo il 29 gennaio, i primi vaccini AstraZeneca (sviluppati in collaborazione con l'Università di Oxford) dovrebbero arrivare in Italia all'inizio di febbraio, forse già a fine gennaio. Al momento le dosi attese sono 40 milioni, nel primo semestre 2021, ma potrebbero aumentare.
Negli ultimi giorni, malgrado lo scontro sull'arresto dell'oppositore Navalny, sembra essersi un po' "scongelato" il clima nel dialogo fra Ue e Mosca sulla possibilità che sia validato e utilizzato in Europa anche il vaccino russo Sputnik (la sovranista Ungheria, peraltro, in spregio delle intese comunitarie, si è già accordata per una fornitura su base nazionale).
L’Ema intanto fa sapere che è in corso un dialogo con le autorità russe per avviare l’analisi scientifica dei dati del vaccino.
A proposito di campagna vaccinale, mentre parte il bando per realizzare le isole dedicate nelle piazze italiane, resta l'incertezza nei riguardi del personale sanitario che rifiuta la somministrrazione.
Anche su questo aspetto ieri si è espresso chiaramente il fondatore di Emergency: «In questa situazione di emergenza - ha detto Gino Strada - non vedo strade alternative a quella dell'obbligatorietà per il personale sanitario, che tutelando se stesso dal contagio è chiamato a difendere gli altri e a garantire la propria presenza per assistere i malati».