Salute/ I dati

Con la pandemia, la “speranza di vita” in Trentino calata di 1,4 anni

Il report Bes dell’Istat: peggio di noi la Lombardia, ma nelle regioni del Nord Est abbiamo un primato negativo. Colpa anche degli screening saltati o posticipati

TRENTO. Prestazioni annullate o rinviate. Liste di attesa. Controlli più diradati nel tempo. Maggiori difficoltà nella presa in carico continuativa della cronicità. In generale, una riduzione dell'accesso alle cure, fino alla rinuncia a farsi curare. È l'altra faccia della pandemia, fotografata dal Rapporto n. 3 di Salutequità dedicato alla "Trasparenza e accesso ai dati sullo stato dell'assistenza ai pazienti NON Covid-19". Un po' di luce su chi è stato lasciato indietro dal Servizio sanitario nazionale, in prevalenza convertito ad occuparsi di Covid-19.

L'analisi di Salutequità, che studia sulla base di dati ufficiali (fonte Istat e Aifa) l'andamento e l'attuazione delle politiche sanitarie e sociali, con particolare attenzione al principio dell'equità e all'innovazione partecipata per tutelare e rafforzare il diritto alla salute, si concentra sulla rinuncia alle cure e su altri elementi come la speranza di vita. I dati relativi a questo secondo indicatore sono oggettivamente preoccupanti. Nel 2020, al livello nazionale, si sono persi 0,9 anni di speranza di vita alla nascita, passando da 83,2 a 82,3 anni. È la cronaca quotidiana che ci racconta che, nella gestione del Covid-19, le regioni del Nord hanno sofferto di più. Non a caso è in questa area del Paese che si registra una riduzione più marcata della speranza di vita (da 83,6 a 82,1 anni. Nelle Regioni del Centro, invece, la riduzione è stata da 83,6 a 83,1 anni e nel Mezzogiorno ancora più contenuta, dal 82,5 a 82,2.

Primato negativo per la Lombardia, dove in dodici mesi la speranza di vita alla nascita è calata di 2,4 anni, da 83,7 a 81,2 anni.

Trentino peggiore nel Nordest. Salutequità ha analizzato (su fonte Istat Bes) anche la speranza di vita a 65 anni nel 2020. Anche da questo punto di vista la Lombardia è quella che ha perso più anni di vita: 2 anni, davanti a Valle d'Aosta (-1,8), Marche (-1,4), Trentino-Alto Adige e Piemonte (-1,3).

Il dato più di dettaglio riferito alla Provincia di Trento, indica una perdita di speranza di vita alla nascita di 1,4 anni, (-1,3 in Alto Adige): un dato sì distante dal primato della Lombardia (-2,4), ma comunque elevato, lontano da quello di altre regioni: in Friuli-Venezia Giulia, per rimanere nel Nordest, la riduzione è stata di 0,1 anni, in Veneto di 0,8.Niente cure nei mesi della pandemia.

Quanto alla rinuncia alle cure, Salutequità ha registrato un aumento di circa il 40% rispetto al 2019 nei pazienti non Covid-19. Nel 2020, il 10% dei cittadini ha rinunciato a curarsi, circa la metà a causa del Covid-19, rispetto al 6,3% del 2019. Fattori diversi: restrizioni imposte per contenere i disagi, paura del contagio, soprattutto la chiusura di molte strutture ambulatoriali durante il lockdown, la sospensione della erogazione di servizi sanitari rinviabili. Fatto è che si è ridotto l'accesso a prestazioni necessarie, si sono accumulati ritardi, allungate le liste di attesa, anche se il danno in termini di salute pubblica non è del tutto misurabile. Il fenomeno della rinuncia alle cure è raddoppiato, causa Covid, in alcune regione (Piemonte, Liguria, Lombardia ed Emilia-Romagna) e ha interessato più le donne che gli uomini.Meno prevenzione con la pandemia. A livello nazionale, c'è stato un crollo degli screening dal 2019 al 2020 (il raffronto è nel periodo gennaio-settembre) con effetti pesanti sulla prevenzione: del 48,8% per lo screening cervicale, del 43,5% per quello mammografico, del 52,7% per quello colonrettale.

La contrazione dell'accesso alle cure ha influito anche sull'accesso alle terapie innovative. Nel periodo gennaio-settembre 2020. c'è stata una importante riduzione della spesa per farmaci innovativi non oncologici, che Salutequità quantifica (su dati Aifa-Agenzia italiana del farmaco) in 122,4 miloni di euro rispetto al 2019. La spesa pro capite è passata dal 5,8% del 2019 al 3,8% del 2020. Le regioni dove si è verificata la maggiore riduzione sono Sardegna, Emilia-Romagna e Lombardia. È cresciuto invece il ricorso a farmaci oncologici: la punta più alta è in Campania (+6,1%), mentre il Trentino figura a fondo classifica (+2%) con Valle d'Aosta e Basilicata.Sanità digitale: i ritardi.Nel sistema Paese, c'è anche un problema di attivazione e utilizzo del fascicolo sanitario elettronico (Fse). L'accesso alle cure poteva essere maggiormente facilitato, segnala il report di Salutequità, attraverso il suo utilizzo e i molteplici servizi di sanità digitale. La situazione però non è rosea: a fine 2020 il fascicolo sanitario elettronico è stato attivato mediamente, a livello nazionale, per il 46,7% dei cittadini. Con una forte variabilità regionale: 100% in Lombardia e Sardegna, 97% in Provincia di Trento, 89% in Emilia Romagna, 38% in Liguria, 2% in Molise, zero per cento in Calabria, Campania, Abruzzo e nella Provincia di Bolzano.

Le risorse per il sistema sanitario. Vista la situazione, Salutequità propone, tra l'altro, di mettere a punto in tempi rapidi la Relazione sullo stato sanitario del Paese 2020-'21 (l'ultima è quella del 2012-'13), di avviare una indagine conoscitiva parlamentare sullo stato dell'assistenza ai pazienti non Covid-19, e a definire, finanziare e attuare in tutte le Regioni un "Piano nazionale di rientro nel Sistema sanitario nazionale dei pazienti non Covid-19" con una particolare attenzione alle fragilità. Nel Pnnr (Piano nazionale di ripresa e resilienza) alla missione salute sono riservati 19,7 miliardi di euro. «Sono solo la metà» commenta Tonino Aceti, presidente di Salutequità «dei circa 40 miliardi di euro di mancati incrementi subiti dal fondo sanitario negli ultimi dieci anni».

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