O il Vin Santo o le ciminiere: mille firme contro la riapertura dei forni Italcementi alle Sarche
Mancano quattro mesi alla ripartenza della produzione, sul piatto 30 posti di lavoro, ma dall’altra l’immagine del Biodistretto e del turismo «green»
PROVINCIA Tonina chiede l'autorizzazione, che l'azienda ha già
SARCHE. La «spedizione dei mille» passa per Sarche, dove da gennaio torneranno ad accendersi i forni del cementificio, lo stabilimento industriale che si trova fra i vigneti della Valle dei Laghi. In queste settimane estive il "clima" si è fatto più caldo nella piana di Sarche. Il comitato cittadino ha raccolto più di mille firme per chiedere alla politica provinciale di intervenire sul territorio di Madruzzo, dove la fabbrica, poco lontana dai laghi di Cavedine e Toblino, tornerà operativa con le attività di combustione.
Il plico con le firme verrà consegnato al presidente del consiglio provinciale Walter Kaswalder. Da Trento i cittadini si aspettano una risposta tempestiva.
C'è da dire che formalmente tutto è in regola: la società Italcementi, che fa capo alla tedesca Heidelberg Cement Group, ha tutti i permessi ed ha in mano anche l'ultima versione dell'Aia (Autorizzazione integrata ambientale). Questo però non fa venire meno la preoccupazione di molti residenti, perché le proiezioni sul futuro parlano di aumento delle emissioni in atmosfera oltre che di incremento del flusso di tir sulla Gardesana occidentale (20.000 mezzi all'anno).
Il caso cementificio è osservato con attenzione da Riva, dalla sede dell'Apt Garda Trentino che da gennaio assorbirà l'ambito turistico della Valle dei Laghi: a livello di immagine la presenza della cementiera non è facilmente "vendibile" ai clienti tedeschi, austriaci, svizzeri, inglesi e francesi storicamente attirati dall'"ambiente incontaminato della farfalla del Trentino". In un'epoca come questa - con le informazioni che viaggiano a gran velocità in rete, senza confini - l'immagine conta tantissimo e la percezione di un territorio può cambiare nel giro di poco.
Dal canto loro i vertici di Italcementi si sono attivati mostrando il "lato positivo" della produzione nella piana di Sarche. Sui social hanno diffuso un video in cui si parla di rispetto dell'«ambiente e della comunità che lo abita» e di «opportunità di lavoro» (30 posti e, stando ai calcoli dei manager dell'industria, 100 potenziali di indotto).
Numeri a cui fanno da contraltare quelli (centinaia) di cui parla il comitato GoGreenValley, che punta sullo sviluppo dell'agriturismo, dell'escursionismo e delle e-bike (si calcola un aumento delle presenze dal 3 al 5%): un turismo che fa a pugni con la presenza industriale.
Due filosofie contrapposte e nel confronto pesa il fatto che la Valle dei Laghi - con le produzioni di grappe, Nosiola, Vino Santo e bollicine - è un Biodistretto, le cui coltivazioni sono descritte come un fiore all'occhiello per le varie cantine, fra cui Toblino e Ferrari della famiglia Lunelli.Quello che si prospetta è un lungo braccio di ferro su due modi di intendere lo sviluppo. Il comitato GoGreenValley conta sull'appoggio dell'Apt Alto Garda del presidente Silvio Rigatti e qualcosa si sta muovendo anche nelle stanze della politica romana (sulle pagine de l'Adige è intervenuta la deputata autonomista Emanuela Rossini).
Le prossime elezioni provinciali non sono poi così lontane e di sicuro la "partita cemento contro turismo" sarà una di quelle che animeranno il dibattito e sposteranno voti. Per ora dalla Provincia solo silenzio. Intanto il gruppo cittadino guidato da Marco Pisoni, fra i promotori del Biodistretto, si è affidato ai tecnici e sta divulgando informazioni circa le emissioni in atmosfera della fabbrica. I dati 2012 sul flusso di massa parlano di ossidi di zolfo e altri composti di zolfo (80,5 tonnellate/anno), ossidi di azoto ed altri composti di azoto (194,8 tonnellate), monossido di carbonio (207 tonnellate), composti organici volatili (5,5 tonnellate), polveri (2,31 tonnellate), acido cloridrico (0,88 tonnellate), ammoniaca (7,275 tonnellate).
Gli esperti di sviluppo turistico Uli Stanciu e Giovanna Dorigati - giornalista tedesco lui, imprenditrice nel campo dell'informatica turistica lei - commentano così: «Il cementificio appare come un corpo estraneo. Viene da un'epoca (gli anni '60) in cui non ci si preoccupava dell'ambiente. Sappiamo che i cementifici sono fra le industrie che producono più emissioni inquinanti e clima alteranti. E ora si vuole riaccendere questo forno anche bruciando rifiuti e provocando il conseguente sicuro e grave inquinamento? Si sa che non si può filtrare tutto perfettamente. Bruciare rifiuti oggi non è la via del futuro, perché bruciare provoca sempre emissioni dannose, senza contare le attività di smaltimento del prodotto filtrato. Un cementificio è proprio il contrario di quello di cui ha bisogno quest'area vocata al turismo sostenibile e all'agricoltura ecologica. Ne sarebbe danneggiata l'immagine del Garda Trentino e di tutto il Trentino e ne sarebbe compromessa la credibilità. Volete veramente bere un Vino Santo cresciuto sotto le ciminiere?»