La gastroenterologia trentina è all’avanguardia: un punto di riferimento nell’endoscopia terapeutica
Grazie alle nuove tecniche, sempre più tumori all’esofago, allo stomaco e al colon vengono rimossi con questa pratica. La scarsa adesione allo screening per quello al colon resta un aspetto da migliorare
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TRENTO. Attrezzature all'avanguardia e un'equipe giovane e motivata sono le due componenti che hanno permesso alla gastroenterologia trentina di diventare un punto di riferimento per l'endoscopia terapeutica.
Se fino a qualche anno la tecnica che permette una visione diretta, dell'interno di tutti gli organi dell'apparato digerente, era utilizzata soprattutto a scopo diagnostico, oggi sempre più viene usata anche nella cura. In questo modo sono stati drasticamente ridotti i casi in cui è necessario procedere con un intervento chirurgico e sono invece aumentati quelli in cui il problema viene risolto endoscopicamente, ossia infilando un piccolo tubo flessibile al cui interno vi sono sottilissime fibre ottiche.
Tutto avviene attraverso le cavità naturali: la bocca o l'ano, a seconda della zona da esplorare. «In questi ultimi anni sono stati fatti passi avanti enormi - spiega il primario Giovanni de Pretis - Già in passato durante la colonscopia si potevano togliere dei piccoli polipi, ma ora si è andati oltre. Oggi, in via endoscopica è possibile togliere anche i polipi piatti che prima venivano prelevati a pezzetti e là dove la biopsia indicava la presenza di un cancro si doveva procedere chirurgicamente».
Attualmente, grazie alla dissezione sottomucosa endoscopica, procedura endoscopica avanzata che permette l'asportazione di lesioni complesse tramite l'uso di microbisturi che scollano e dissecano i grossi polipi dagli strati profondi della parete, l'invasività è notevolmente ridotta.
«Con questa tecnica si può intervenire su esofago, stomaco e colon e anche per tumori al retto. In questo caso, ad esempio, si può evitare al paziente la stomia (per il sacchetto esterno, ndr). In media facciamo circa 100 interventi all'anno con questa tecnica e siamo tra i centri, dopo l'Humanitas di Rozzano, che hanno maggiore casistica. Ci siamo specializzati a tal punto che specialisti da varie parti d'Italia chiedono di venire qui ad imparare o ci invitano a fare dei corsi».
Recente novità del reparto di gastroenterologia del S. Chiara, poi, l'utilizzo di un enteroscopio a spirale per studiare l'intestino tenue. «Ovviamente tutto questo si può fare grazie anche alla collaborazione con i chirurghi e i consulti multidisciplinari perché è sempre importante offrire al paziente la miglior cura per lui, non quella che piace di più allo specialista di turno. Qui abbiamo la fortuna di avere un dialogo davvero ottimo coni colleghi degli altri reparti».
Sempre in collaborazione con la chirurgia del dottor Tirone, la gastroenterologia si occupa anche di d'obesità. «Per ridurre il volume dello stomaco prima mettevamo il cosiddetto "palloncino", che però poteva rimanere per un tempo limitato. Ora lo stesso risultato si ottiene con l'endoplicatura gastrica, ossia una procedura endoscopica che, attraverso un particolare sistema di sutura, permette di ridurre le dimensioni dello stomaco. Abbiamo iniziato circa un anno e mezzo a fa e abbiamo già utilizzato questa tecnica su una quindicina di pazienti».
Numericamente i tumori al colon sono quelli più frequenti. «La cosa interessante - spiega de Pretis - è che la tecnica di dissezione endoscopica sottomucosa è nata in Giappone, dove sono frequenti i tumori allo stomaco. Questo organo, però, ha pareti piuttosto spesse, si parla di 7 millimetri. Noi però utilizziamo maggiormente questa tecnica proprio per il colon che ha la parete di uno spessore di appena due millimetri».
Altra novità riguarda l'utilizzo di un nuovo sistema di visualizzazione, chiamato SpyGlass, utile per la diagnosi e il trattamento delle malattie pancreatico-biliari. Questa procedura consente di individuare con estrema precisione eventuali patologie del fegato, della colecisti, del pancreas e dei dotti biliari.
Rimane per la gastrologia il problema delle liste d'attesa. «La domanda è alta - conferma de Pretis - riusciamo a fissare entro 40 giorni un successivo esame nel caso di ritrovamento di sangue occulto e stiamo lavorando sui controlli, che spesso vengono richiesti con eccessivo anticipo».
Rimane poi il problema dell'adesione allo screening per il tumore al colon effettuato con la ricerca del sangue occulto nelle feci. «Purtroppo non riusciamo a superare il 60% e questo è davvero un peccato perché oltre alla possibilità di effettuare una diagnosi precoce con le tecniche esistenti si riesce anche ad evitare che si sviluppi in futuro un tumore», spiega il primario.
In questo caso, probabilmente è la paura a frenare i pazienti. «Nel caso venga trovato sangue occulto nelle feci, solo nel 5% dei casi la causa è un tumore. In terzo dei casi, durante la colonscopia vengono rilevati polipi di grosse dimensioni, in un altro terzo polipi piccoli e nell'ultimo terzo non si trova nulla». Attualmente lo screening è rivolto a tutti gli abitanti della provincia di Trento iscritti al servizio sanitario provinciale, di età compresa tra i 50 e i 69 anni. Si sta valutando se estenderlo fino a 75.