Con l’anatomopatologo le cure sono sempre più mirate: «La nostra non è la scienza dei morti»
Grazie alle analisi molecolari, soprattutto nell’ambito dei tumori, è possibile garantire la somministrazione del farmaco più efficace. Ogni anno 45 mila diagnosi per pazienti che subiscono interventi o esami e per 10 mila pazienti a cui viene effettuato un prelievo citologico
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TRENTO. Chi pensa al reparto di anatomia patologica come al reparto dove si effettuano solo autopsie e analisi sui morti è rimasto indietro di decine di anni. Oggi più che mai nel reparto guidato dal professor Mattia Barbareschi medici e tecnici sono in prima linea per diagnosi sempre più precise sui "vivi" e per indicare la strada terapeutica più adatta ad ogni paziente.
A fronte di 80 autopsie annue, infatti, in reparto vengono effettuate diagnosi per 45 mila pazienti che subiscono interventi endoscopici o chirurgici, per 10 mila pazienti a cui vengono effettuati prelievi citologici e viene fatta la lettura di 40 mila esami legati allo screening del carcinoma dell'utero. A questo si aggiungono almeno 1.500 analisi molecolari per la ricerca delle mutazioni genetiche.
La medicina di precisione, infatti, si basa sempre sul fatto che è necessario somministrare il farmaco giusto al momento giusto alla persona giusta, basandosi proprio sulle alterazioni genetiche di quello specifico tumore. «Oggi per qualsiasi tumore viene effettuato un prelievo sia per avere la conferma che si tratti di un tumore, sia per sua caratterizzazione istologica e biomolecolare, indispensabili per la scelta delle terapia» spiega il dottore.
«Da ottobre scorso abbiamo implementato la nostra dotazione tecnologica con un sequenziatore di nuova generazione che è stato acquistato nell'ottica che possa essere utile a livello dipartimentale anche per la genetica medica, il trasfusionale e la microbiologia. Un macchinario in grado di analizzare più geni contemporaneamente, con elevatissima definizione e anche partendo da frammenti molto piccoli», aggiunge.
Nella macchina possono essere inseriti fino a 10 campioni alla volta e tra preparazione, elaborazione e analisi dei dati è necessaria almeno una settimana. «Sappiamo però quanto il tempo sia prezioso in alcuni casi - ammettono in reparto - e per questo cerchiamo sempre di ridurre al minimo l'attesa». Ci sono casi in cui i laboratori di anatomia patologica forniscono risposte in tempi reali. É quando è richiesta la loro collaborazione durante interventi chirurgici.
«In questo caso il nostro compito è quello di guidare il chirurgo fornendogli le indicazioni per capire se la resezione è stata efficace, se c'è da togliere ulteriore materiale, per fare una diagnosi immediata». Negli anni sono cambiate le risposte che gli anatomopatologi sono in grado di dare, ma anche i macchinari con i quali lavorano. I microscopi sono rimasti, ma sono sempre più sofisticati e la nuova frontiere è quella di passare dai vetrini alla loro immagine digitalizzata.
«La digitalizzazione della nostra unità operativa è in fase di progetto. Vi sono soluzioni tecniche molto efficaci che permettono di trasformare ogni vetrino in una immagine digitale: immagine che "pesa" dal punto di vista informatico. Infatti ogni vetrino digitalizzato ha una dimensione paragonabile alla informazione necessaria a memorizzare una puntata di una serie televisiva. E noi ne dovremo memorizzare 250.000 all'anno e mantenerli in archivio per 20 anni: una enormità di dati».
«Tuttavia a fronte di tale sforzo organizzativo ed economico, vi sono una miriade di benefici, primo fra tutti la possibilità di utilizzare algoritmi di intelligenza artificiale. In un recentissimo studio che abbiamo concluso a novembre del 2022 abbiamo potuto dimostrare l'estrema accuratezza degli algoritmi di intelligenza artificiale applicati alla diagnostica dei tumori della prostata: sono strumenti che permettono di accrescere grandemente sia la affidabilità che la riproducibilità diagnostica dei medici. Speriamo nel corso del 2023 di poter implementare questa tecnologia in modo routinario», dice il professor Barbareschi.
Altro capitolo di ricerca importante su cui si è concentrata l'anatomia patologica trentina negli ultimi anni è quella dell'identificazione dei pazienti con tumori ereditari: dal carcinoma al colon a quelli della mammella-ovaio fino a quelli all'endometrio. Ma sempre parlando di "tipizzazione" dei tumori, se un tempo le analisi venivano effettuate su un ristretto numero di casi, oggi i numeri stanno continuamente crescendo.
Nel caso del tumore al polmone, ad esempio, fino a pochi anni addietro non avevamo a disposizione trattamenti mirati ed efficaci: oggi si è in grado di identificare "bersagli" molecolari in una elevata percentuale di casi. L'anatomia patologica trentina vanta numeri di tutto rispetto. «Siamo tra le più grandi d'Italia per quanto attiene al numero di esami: una recente indagine ha indicato che siamo più grandi del 95% delle Unità operative italiane - dice soddisfatto Barbareschi - e il carico di lavoro per i medici ed i tecnici è corrispondentemente molto più elevato della media italiana: per esempio la media degli esami diagnosticati per anno per singolo medico è di circa 3900 esami a fronte di una valore mediano nazionale di 2900».
«In paragone alle strutture nazionali abbiamo anche una ottima dotazione tecnologica e di supporto informatico. Ora con l'arrivo della scuola di medicina inoltre vi sarà un ulteriore impulso alla qualità e speriamo a breve anche nella istituzione della scuola di specializzazione in anatomia patologica». Proprio la scorsa settimana negli studi del reparto hanno fatto capolino il primo gruppo di studenti del terzo anno. Un assaggio del lavoro in laboratorio con la speranza che si possano appassionare e scegliere poi questa specializzazione.
«Il nostro inoltre è un lavoro di equipe - conclude Barbareschi - dove personale amministrativo e sanitario, tecnici di laboratorio, medici e biologi lavorano in un ambiente di costante reciproca stima e collaborazione. Tra l'altro siamo stati tra i primi in Italia a formare il personale tecnico a effettuare nuove attività nella gestione dei campioni operatori, coadiuvando direttamente i medici nella attività diagnostica: uno straordinario risultato possibile solo grazie alla grande volontà di collaborazione tra tutti i professionisti».