Tempo di oroscopi e astrologia, UniTrento ci spiega perché la superstizione è insita nel nostro cervello
Il magazine dell’ateneo intervista il professor Nicola De Pisapia. Che spiega il fenomeno dal punto di vista delle neuroscienze, fra «corteccia prefrontale» e «effetto Barnum»
TRENTO. Fine d’anno è tempo di regali e feste, ma anche di oroscopi: innumerevoli le «previsioni» astrologiche, secondo le quali si potrebbe conoscere il futuro in base alla posizione dei pianeti nel cielo stellato. Una superstizione bella e buona, non suffragata da alcuna spiegazione scientifica. Eppure gli uomini ci credono da millenni, e anche noi che viviamo in un mondo futuribile, un occhio agli oroscopi lo gettiamo sempre. Come si spiega?
Ce ne parla l’ultimi numero del ”magazine” dell’Università di Trento, in un articolo di Paola Siano, che sul tema ha intervistato Nicola De Pisapia, professore di Neuroscienze cognitive al Dipartimento di Psicologia e Scienze cognitive.
Come a ogni fine d’anno oroscopi, riti di buon auspicio e tradizioni scaramantiche tornano ad affacciarsi intorno a noi, volenti o nolenti. Sapere cosa le stelle prevedono per il futuro, mangiare lenticchie sperando di avere un po’ di soldi in più, rompere un piatto vecchio per liberarsi delle cose negative del passato, leggere i tarocchi. Gesti simbolici, alcuni diventati veri e propri rituali collettivi tramandati dal passato ma che oggi sembrano davvero perdere significato in una società che si avvale dei contributi della scienza. Eppure…
E allora, proprio la scienza, cosa ci dice a proposito della superstizione? Compiere gesti ritenuti portafortuna (e crederci) è un meccanismo adattivo del cervello umano in risposta agli stimoli esterni che fanno paura.
«In un fenomeno così radicato nell'essere umano come la superstizione, in realtà ci sono diversi aspetti», esordisce De Pisapia. «Il primo è quello che qualsiasi sistema nervoso è uno strumento che crea associazioni. Questo accade ad esempio quando vediamo il lampo e poi sentiamo il tuono. Il sistema nervoso tende a rafforzare l'associazione fra i due fenomeni». La superstizione nasce da questo meccanismo. «Se dietro questa associazione non vi è una reale relazione causa-effetto – spiega il docente a Siano – possiamo parlare di superstizione. Burrhus Skinner, psicologo comportamentista degli anni Cinquanta, studiava quello che per lui era il ‘comportamento superstizioso’ negli animali per osservare il meccanismo della ricompensa: se un piccione riceveva il cibo nel momento in cui muoveva un’ala, questo sviluppava un comportamento superstizioso che lo portava a muovere l’ala nello stesso modo ogni volta che aveva fame per ottenere da mangiare. Si tratta dunque di un meccanismo di apprendimento molto semplice. Nella superstizione dell’essere umano, il meccanismo associativo del cervello crea un senso di ordine e prevedibilità, anche se questa sicurezza è fondata su legami causali inesistenti. In altre parole, l’essere umano tende a collegare eventi tra loro non correlati (per esempio un certo gesto e un esito positivo) e a considerarli parte di uno schema comprensibile».
Questo pensiero garantisce un po’ di sollievo dall’ansia dell’ignoto: credere in un nesso causale, anche quando non c’è, può infondere speranza, sicurezza emotiva e magari anche un senso di appartenenza a un gruppo che condivide le stesse credenze, rendendo la realtà meno minacciosa. «La superstizione infatti – aggiunge De Pisapia – ha una duplice componente: individuale e sociale. La prima nasce da questa associazione casuale, sia con gli eventi positivi, come nel caso del piccione e la consegna del cibo, sia con quelli negativi. Per esempio se faccio un incidente d’auto e quel giorno sono vestito di verde, inizio a pensare che il verde possa essere la causa di quell'evento. La seconda componente è collegata al fatto che siamo esseri sociali, e dunque può accadere che associazioni che nel tempo si sono create in questa maniera casuale possono anche diventare una tradizione».
Fare un gesto scaramantico, dunque, meglio ancora forse se si tratta di un rito collettivo, in una situazione di incertezza o di paura dà un senso di incoraggiamento e di conforto a una intera comunità.
Ma c’è una predisposizione psicologica o neurale alla superstizione? «I meccanismi cerebrali alla base della superstizione – spiega il professore – possono essere più pronunciati in alcune persone. La chiave sta nei gangli della base, strutture profonde del cervello legate al rinforzo comportamentale. Questi meccanismi dovrebbero essere bilanciati dalla corteccia prefrontale, la parte più evoluta del cervello umano, responsabile di controllo cognitivo, analisi logiche e pensiero critico».
Questo equilibrio spiega perché alcune persone sono più inclini a credere nelle superstizioni. «Chi privilegia il primo meccanismo è più incline alla superstizione; chi dà più peso al secondo tende a essere più scettico», sottolinea De Pisapia. «Chi usa maggiormente la corteccia prefrontale, se un giorno è vestito di verde e non fa alcun incidente, si rende conto che l’associazione superstiziosa che aveva sviluppato in precedenza non regge».
I piccoli gesti scaramantici condivisi possono fare bene, essere anche divertenti, folkloristici. Se però diventano abitudini necessarie, determinanti, con un impatto sul benessere e sulla salute, potrebbero essere espressione di un disturbo patologico ossessivo compulsivo. Rimanendo però sul piano superficiale del gioco sano e ben delimitato, dobbiamo considerare anche il cosiddetto “effetto Barnum”: la tendenza delle persone a giudicare valide dichiarazioni generiche che le riguardano.
I testi degli oroscopi funzionano proprio per questa strategia. Sono realizzati in modo da essere validi praticamente per chiunque. «Se qualcuno mi dice che mi trovo in un momento di incertezza ma che ho al tempo stesso dei talenti per poterlo superare e se io sono in una fase di ansia, penso che una frase, pur così vaga, sia invece specificamente diretta a me e mi può far stare meglio. Ecco, molto dell'efficacia degli oroscopi e dei tarocchi è proprio quella di agire su questo effetto», conclude Nicola De Pisapia. Parafrasando il titolo di una commedia di Peppino De Filippo, “Non è vero ma ci credo”: va bene leggere l’oroscopo con un sorriso, per fantasticare su come sarà il nuovo anno. L’importante è non lasciarsi ingannare o incantare da quello che dicono le stelle. E pazienza se ci sarà Saturno contro. Il bello della vita è lasciarsi sorprendere proprio da momenti inaspettati.