Addio agli Ultras Trento Un pezzo di storia della città

Oggi si è chiusa un'epoca per il mondo sportivo regionale. Il gruppo di tifosi più numeroso, colorato e storico ha appeso definitivamente la sciarpa al chiodo. Gli Ultras Trento 1978 hanno cantato, esploso fumogeni, sventolato bandiere gialloblù e invaso la Sud per l'ultima volta. Un gesto simbolico, un addio frutto dei fatti: che senso hanno i tifosi senza una squadra da tifare? A onor del vero una squadra c'è, ma la categoria, le divergenze con la proprietà, il disinteresse della politica e i tanti, troppi rospi ingoiati negli ultimi anni hanno spinto gli Ultras a prendere questa decisione. Oggi è stato il loro ultimo giorno. Un addio che si è trasformato in una nostalgica festa. Già in tarda mattinata il Pedavena e alcuni storici bar, a partire dalla Zinzorla di piazza General Cantore, si sono riempiti di ragazzi (ci piace chiamarli così, ma ormai si tratta di uomini, spesso padri di famiglia) che hanno tirato fuori dal l'armadio la sciarpa e si sono ritrovati. Una birra e un aneddoto, uno spritz e un ricordo. Poi, nel cuore della città, in piazza Duomo, spazio a cori e fumogeni.

Insieme varie generazioni: dal gruppo storico, persone nate negli anni Settanta (la maggior parte nella seconda metà) ai più giovani, entrati allo stadio la prima volta mano nella mano col papà ai tempi di Lutterotti e Vitillo o del bandito Giulietti. Dalla piazza è partita una festosa marcia fino al Briamasco, fino al loro Briamasco, romantico teatro di tante storie e tante avventure (e pure di qualche eccesso). Lì, sui freddi e anonimi gradoni della Sud, sotto il gracchiante megafono da ventennio, hanno cantato per l'ultima volta. Il giorno dopo San Valentino hanno cantato tutto l'amore per la loro città, per la loro maglia, per i loro colori. Si sono sentiti ragazzi per un'ultima volta, si sono sentiti parte di un qualcosa, ognuno di loro con una storia, un presente e un futuro diverso. Non avevano ancora la patente quando sono saliti la prima volta in quella tribuna. Oggi magari hanno una station wagon con i seggiolini, un cane e un mutuo da pagare. Altri sono perfettamente identici a quindici o venti anni fa, solo un po' meno agili nel provare a scavalcare le recinzioni. In campo ci sono undici giocatori in gialloblù, ma agli Ultras non interessa sapere il loro nome per inneggiarlo: loro, oggi, sono lì un'ultima volta per la maglia, non per chi la indossa. Risuonano i cori, tutto è rimasto uguale perché zó nte l'Adesot ci sono ancora pantegane grosse come cani.

Le bandiere sventolano e le sciarpe invecchiate sono portate con fierezza al collo. In tutti, in fondo in fondo, c'è però la speranza che un domani, magari, forse, chissà, potranno tornare lì, magari per accompagnare i figli (o i nipoti) a guardare gli Aquilotti in una vera categoria di calcio. E, se accadrà, diranno magari una piccola bugia su quello che fecero loro negli anni Novanta per il Trento. Ma sottovoce canteranno Zó nte l'Adesot e "forza Trento, il mio Trento, mi fai felice se segni un gol, non saprai mai, quanto ti amo".

Addio Ultras Trento 1978. E, tutto sommato, grazie!

 

IL VIDEO

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