Moggi: «Calciopoli? Dietro c'era Galliani»
«Calciopoli? Un giorno Silvio Berlusconi mi chiamò a palazzo Grazioli. Da buon contadino non sapevo neppure se fosse casa sua o la sede del partito. Sono andato lì. Prima mi disse che c’erano delle intercettazioni senza rilevanza penale di cui era al corrente anche Galliani, Carraro e un generale. Mi offrì di andare al Milan. A quel punto Galliani, che non gradiva, fece scoppiare il caso». È la versione di Luciano Moggi, ex direttore generale della Juventus, a «La Zanzara» su Radio 24, a dieci anni dallo scoppio di Calciopoli.
«La realtà - continua - è una sola. Quando ero alla Juve al massimo abbiamo vinto due scudetti consecutivi. Dal 2000 al 2004 hanno vinto la Lazio, il Milan e la Roma. La Lazio, per l’alluvione allo stadio con 74 minuti di sospensione della partita, cosa mai successa. La Roma anche grazie al caso Nakata. Ci hanno fatto perdere dei campionati per cose irregolari, in quel momento la Juve era la parte debole». Tornando all’alluvione di Perugia, l’ex dg bianconero sottolinea come «venga fuori dalle intercettazioni che Collina va a parlare con Galliani e dice: vengo a mezzanotte, entro dalla porta dietro così non mi vedono. Se non poteva vincere il Milan, non volevano nemmeno che vincesse la Juventus».
Sull’attuale presidente della Figc, Carlo Tavecchio, Moggi dice: «Non può rinnegare la nostra amicizia perchè quando era ai Dilettanti veniva sempre a Torino a parlare con Giraudo perchè diceva che le cose in Federazione non andavano bene». «Dai processi viene fuori che non c’è stata alterazione del campionato, non c’è stata alterazione di sorteggio, addirittura 30 arbitri assolti dalle accuse - insiste ancora Moggi - Ad alcuni di questi arbitri assolti ho dato una mano, ne ho aiutati tanti economicamente».
«Poverini, mi facevano pena, non sapevano come pagare l’avvocato. Sono stati rovinati da Calciopoli». Per la Cassazione, però, Moggi era l’ideatore di un sistema illecito per condizionare le gare. «La Cassazione parla di potere. Ma il potere non è un reato. Avevo potere perché lavoravo bene, era un potere per la qualità del lavoro che facevo». L’avvocato Agnelli disse che ‘lo stalliere del re doveva conoscere tutti i ladri di cavallì: «lo disse perchè durante il mio periodo era pieno di figli di mignotta. E voleva un esperto, uno che tenesse testa a questi qui.
Per me è un complimento».