Dolomiti Energia domani in campo contro la Vanoli Cremona
Una settimana a correre, tirare, faticare sul campo e sudare con un unico scopo: prendersi la rivincita. Dopo la sconfitta subita domenica scorsa a Brindisi nell’esordio in campionato, la Dolomiti Energia conta le ore. Domani contro Cremona c’è la possibilità di rifarsi.
«È così» ammette coach Maurizio Buscaglia. Oggi l’allenatore bianconero era in piazza Dante per aiutare nella distribuzione della pasta all’amatriciana organizzata dagli alpini e dalla Protezione civile a scopo di solidarietà per le popolazioni del Centro Italia colpite dal terremoto di agosto.
La beneficenza, però, non sarà ammessa domani sera in campo. «È il momento dell’esordio in campionato davanti al nostro pubblico: ci teniamo particolarmente, sia perché la squadra ha voglia di rifarsi e di far valere il fattore campo, ma anche per far divertire il PalaTrento».
Coach, come si sta in palestra la settimana dopo una sconfitta brutta come quella di Brindisi?
«Abbiamo lavorato bene, analizzando la sconfitta in lungo e in largo. Ci siamo anche concentrati, però, sulla sfida di domani, per prepararci ad affrontare una delle realtà che maggiormente ci assomigliano nella massima serie».
Cos’hanno in comune Trento e Cremona?
«Hanno una forte anima italiana alla quale viene data sempre maggiore responsabilità. Inoltre anche loro inseriscono di volta in volta nuovi giovani italiani, come Andrea Amato o Jakub Woiciechovski. Poi c’è il gruppo americano, guidato dal riconfermato Elston Turner».
Qual è, secondo lei, il giocatore chiave di Cremona?
«Direi proprio Elston Turner. È il leader tecnico indiscusso. Tira, passa, penetra, gioca l’uno contro uno spalle a canestro. Anche il contorno, però, è buono. Penso ad Holloway, ma anche a York che è un ottimo tiratore. Senza dimenicare Omar Thomas, che ha una lunghissima esperienza nel campionato italiano. Cremona mi sembra una squadra ben attrezzata ed equilibrata. È una società seria, ha fatto bene in Supercoppa».
Rispetto a Brindisi cosa dovrete migliorare?
«A Brindisi abbiamo giocato bene per i primi 14 minuti. Perfetti per intensità, spaziature, coinvolgimento di tutti i giocatori. Poi abbiamo improvvisamente perso il filo. Ecco, questa settimana abbiamo lavorato proprio su questo: cercare di limitare i black out ed imparare a tenere botta in quei momenti, convertendo qualche canestro da rimbalzo d’attacco o in transizione che permetta di recuperare fiducia. È lì che siamo mancati di più, oltre che nel perdere troppi palloni».
In Puglia, a meno di Lighty che ha cercato di salvare la baracca, sono mancati soprattutto gli americani. Ne avete parlato in settimana?
«Abbiamo fatto un’analisi profonda di quello che è successo. Hogue non aveva iniziato male, ma è un ragazzo di 24 anni, e il debutto lo ha condizionato anche dal punto di vista emozionale. Craft, invece, nel primo tempo ha lavorato bene, sia nelle scelte difensive sia nel far giocare bene la squadra in attacco. Poi è cambiata la partita e ne ha risentito. Come Beto. Lighty è stato capace di prendere in mano la squadra, Jefferson ha avuto un buon impatto con il campionato. Lo stesso Baldi Rossi ha dato buoni minuti: chiaro che non ha ancora l’intensità per una partita intera. Flaccadori, che mentalmente è maturato, ha fatto un primo tempo ordinato».