Atalanta, droga in curva Fermati 26 ultrà
Sono 26 le misure cautelari (undici in carcere, sette ai domiciliari, tre con l’obbligo di dimora e cinque con quello di presentarsi alla polizia giudiziaria) eseguite ieri mattina dalla Squadra mobile della questura di Bergamo che, in collaborazione con i colleghi dello Sco, ha portato a termine un’operazione che ha fatto luce su un giro di spaccio e consumo di droga tra gli ultrà dell’Atalanta, anche prima delle partite allo stadio o degli scontri con le forze dell’ordine.
Gli indagati sono ritenuti responsabili, a vario titolo, di traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, estorsione, rapina e resistenza a pubblico ufficiale. Molti di loro sono ultrà dell’Atalanta. Uno è Francesco Buonanno, figlio del procuratore capo di Brescia, Tommaso.
Secondo gli inquirenti l’inchiesta «ha pienamente dimostrato che gli scontri tra ultrà atalantini e forze dell’ordine sono strettamente collegati, se non dipendenti, dal fenomeno dell’utilizzo diffusissimo e indiscriminato di sostanze stupefacenti». La droga era ceduta in dieci locali, che sono stati chiusi dal questore e tali resteranno per periodi tra 15 giorni e tre mesi.
Dalle indagini è emerso che alcuni degli indagati avrebbero visto come fonte di «molti soldi» l’attività di spaccio di cocaina durante la Festa della Dea: spaccio che sarebbe gestito proprio da alcuni soggetti del mondo ultrà atalantino.
Gli accertamenti erano iniziati nel settembre del 2015, nell’ambito della movida bergamasca, e si erano poi concentrati sul mondo ultrà. Sono poi emersi episodi di estorsione ai danni di assuntori che non pagavano le dosi e pure un caso di rapina con le spranghe a un fornitore della coca. Non si è fatta attendere la presa di posizione della Curva Nord: «Lo spaccio è opera di singoli e non può in alcun modo esser fatto passare come un’attività organica alla Curva Nord».