Dorothea Wierer in Fiemme "Sto a casa, guardo la tv e faccio le pulizia, c'è chi sta peggio"
«I miei skimen sono di Bergamo, e anche il cuoco della Nazionale».
A Bergamo la situazione è drammatica.
«Vedono solo ambulanze».
Dicono così?
«Purtroppo. Noi, qui, stiamo quasi bene, al confronto».
L’azzurra Dorothea Wierer è una fuoriclasse del biathlon: una delle più grandi di tutti i tempi. Sposata con Stefano Corradini, tecnico azzurro dello sci nordico, nella stagione appena conclusa Dorothea ha vinto la seconda Coppa del mondo consecutiva e 2 ori ai mondiali “in casa”, ad Anterselva. Il biathlon era uno sport poco conosciuto, poi è arrivata lei che lo ha promosso con la sua classe, la bellezza e la simpatia.
Dove sei, Dorothea?
«Castello di Fiemme. A casa mia, mia e di mio marito Stefano».
Tu, però, sei altoatesina.
«Sì, la mia famiglia sta a Rasun di Anterselva».
Come stanno, lassù, papà e mamma?
«Bene. Di solito sono superstressati di lavoro, soprattutto papà, ma in questi giorni così strani fanno prove di pensione!».
In effetti, chiusi in casa...
«Hanno un giardino, l’orto, alberi di mele. Lavorano comunque tanto, fanno pulizia, ma è tutta un’altra cosa».
Anche tu e Stefano avete un giardino?
«Noi no, niente giardino. Solo un appartamento con il balcone. Ma non ci lamentiamo affatto, un sacco di gente sta peggio di noi».
Adesso, poi...
«Non avrei mai pensato».
Nessuno l’avrebbe pensato.
«Quasi un film. Le strade deserte... Non esco mai di casa».
Neanche per fare la spesa?
«Ci va Stefano quando esce per andare a lavorare».
Lui continua a lavorare?
«Certo. È nella Guardia di Finanza».
Quindi non hai mai messo la mascherina sul viso.
«Mai. Se ci penso mi viene l’ansia».
E dicevano fosse poco più di un’influenza...
«All’inizio, tutti hanno sottovalutato il virus...».
...invece è tosto. E sarà lunga.
«Dobbiamo avere tanta pazienza. E queste settimane ci cambieranno: di solito ci lamentiamo per niente, vediamo soltanto le cose negative. Ora siamo costretti a riflettere: ora, forse, riusciremo a capire cos’è davvero importante. E riusciremo a essere felici con ciò che abbiamo. Avere la salute, una bella famiglia, è già tanta roba».
Altroché!
«Tanta gente soffre, adesso, e tanta non lavora. Le fabbriche sono chiuse, gli operai sono fermi, ma prima o poi si risolverà. Dipende anche da ognuno di noi».
Sicuro, si risolverà.
«Alcuni mestieri verranno rivalutati: penso a chi lavora nei supermercati, a chi opera nel campo igienico-sanitario. In quello delle pulizie. E di altri abbiamo compreso ancor più l’importanza: medici, forze dell’ordine... Tutte professioni essenziali, ora lo abbiamo capito».
A te, almeno, è andata bene: la stagione si è chiusa regolarmente.
«Hanno cancellato l’ultima tappa, quella di Oslo. E meno male: non c’ero più con la testa, avevo perso la concentrazione».
L’emergenza preoccupava anche voi atleti.
«Ne parlavamo. Noi italiani eravamo i più preoccupati. In Italia la situazione era già molto grave, dalle altre parti sembrava di no».
Dorothea, dal punto di vista sportivo è stata un’altra annata d’oro.
«Sono molto soddisfatta».
Ci mancherebbe!
«All’inizio della carriera non avrei mai immaginato».
Davvero?
«Sono un po’ insicura, ansiosa prima delle gare».
Non l’avremmo detto.
«Però, forse, è meglio avere qualche dubbio in più che troppe certezze».
Ora sei nel pieno della carriera.
«Il 3 aprile compio 30 anni».
Sarà un compleanno... strano.
«Avevo in programma una superfesta a Livigno con tutta la squadra azzurra. Una supersciata. Era tutto organizzato. Pazienza!».
E la prossima stagione agonistica?
«Vediamo. Non ho ancora deciso se proseguire o smettere».
L’abbiamo sentito.
«Non so se a maggio, quando sarà il tempo di ripartire con gli allenamenti, avrò voglia di sobbarcarmi tutto il lavoro. Avessi intorno lo stesso team di allenatori, però, sarebbe bello continuare».
Il team è la cosa più importante.
«Un allenatore dev’essere una persona onesta, sincera: quando sei in difficoltà, serve qualcuno che ti dica le cose come stanno. Dev’essere uno psicologo, un amico. E non si trova tanta gente così».
Un giorno chiuderai la carriera: cosa farai, dopo?
«Certamente vorrò dei figli».
In questi giorni così particolari, intanto, stai riposando?
«Faccio le prove per una vita normale. Sono molto rilassata. Meno faccio e meno farei!».
Sei giustificata: l’annata è stata lunghissima e stressante.
«Oggi (ieri, ndr) ho dormito fino all’una di pomeriggio».
Complimenti!
«Ma ero andata a letto alle tre...».
Beh, allora...
«Poi guardo la tivù, concedo qualche intervista, rispondo ai tifosi, sistemo la casa, i vestiti».
Ne hai tanti?
«Troppi! Ci passo le giornate. Anche i vestiti per la mia attività sportiva, ovviamente».
Ma ti piacciono pure quelli eleganti.
«Certo. È bello vestire elegante».
E ti piace truccarti.
«Vero, ma ormai c’è il trucco permanente. Mi sveglio già più o meno a posto!».
Dicevi dei tifosi.
«Mi piace rispondere ai tifosi. Durante la stagione mi arrivano tantissime lettere».
Quante?
«Il numero non lo so, ma per rispondere a tutti impieghiamo ore e ore, io e Stefano, ogni giorno».
Metti sotto anche lui?
«Sennò impazzisco! Lui apre le buste, io leggo e rispondo, lui le richiude».
Trovi il tempo per allenarti, almeno un pochino?
«Un’oretta al giorno con la bici da corsa, sul rullo. Collego il rullo a bluetooth, tutti si collegano a internet e così pedalo con gli amici. Collego il pc alla tivù ed è fatta: vedo gli amici sullo schermo - trasformàti in pupazzetti ciclisti - e li posso anche superare. E loro mi possono superare, ovviamente».
Una magia.
«Un’applicazione».
E in cucina chi comanda?
«Stefano. È bravissimo! Cuciniamo un giorno a testa ma io non ho la passione, anche se mio papà è un cuoco. Invece Stefano... tutto quello che fa, lo fa bene. E io mangio».