Mvt - Il campione trentino di tutti i tempi Prima semifinale Dallapè vs Magnini Votate il vostro atleta del cuore
Si avvicina allo sprint finale il nostro sondaggio “Mvt - Il campione trentino di tutti i tempi”: oggi duello per un posto nella finalissima tra l'azzurro di scialpinismo e skyrunenr Davide Magnini, e la plurimedagliata di tuffi sincronizzati Francesca Dallapè. Nelle interviste qui sotto, delinea la figura di Dallapè, mentre quella di Magnini è affidata al vicepresidente vicario della Fisi nazionale, Angelo Dalpez.
Per votare, scegliete un’opzione e poi cliccate “Invia”.
Giuliana Aor, allenatrice di tuffi della Buonconsiglio Nuoto, ci svela i segreti di Francesca Dallapè. Da quando l’ha scoperta per caso in un corso di nuoto nel 1992 fino alle prospettive future della quarta olimpiade, ne hanno fatti di tuffi assieme nelle piscine di tutto il mondo.
Nella sua carriera di tuffatrice è stata allenata da sua madre, come è stato il vostro rapporto?
Molti dicono che i genitori sono la rovina degli atleti, ma nel campo dei tuffi la maggior parte degli atleti di livello hanno avuto come allenatori i propri genitori come nel caso ancora attuale della coppia Giorgio e Tania Cagnotto. Era più cattiva con me che con altri atleti, mi lasciò a casa per un anno perché non riuscivo a fare un tuffo in allenamento, quando avrebbe potuto dirmi: “Vieni lo stesso, che il tuffo lo farai in gara”».
Come ha affrontato il passaggio da atleta a tecnico? «Smesso da atleta nel 1991, ho continuato a seguire i tuffi prima aiutando mia mamma e poi prendendone il posto diventando allenatrice».
Come ha conosciuto e scoperto Francesca Dallapè?
«Appena smessa l’attività agonistica facevo l’istruttrice di nuoto, in un corso scolastico alla piscina di Cognola la fortuna di incontrarla all’età di 6 anni. Mi accorsi subito di lei poiché non stava mai ferma e durante la lezione continuava a tuffarsi».
Quale coincidenza migliore?
«Le diedi il mio numero di telefono con la raccomandazione di dire ai genitori di chiamarmi».
Come hanno fatto ad arrivare i primi risultati per farla esplodere a livello giovanile prima e assoluto poi?
«Francesca è un po’ testona, ma è la grinta di voler ottenere il risultato che la spinge a lavorare per migliorarsi. È sempre stata una grande lavoratrice alla ricerca della perfezione per eseguire i tuffi più complicati. Alla prima convocazione in nazionale giovanile lo anticipai verbalmente a Francesca, ma non ci credette finché non arrivò la comunicazione ufficiale. Solo da quel momento la sua espressione cambiò. Quando mia madre era ancora presente e allenava, Francesca ascoltava i suoi consigli come fossero quelli di una nonna. È stata lei a insegnarle a parlare ed essere umile, forse sapendo che di strada ne avrebbe fatta. Personalmente non sapevo se Francesca sarebbe riuscita nei tuffi, perché per costruire un tuffatore servono 10 anni e non tutti i bambini resistono, però grazie alla sua caparbietà è riuscita a farcela».
Prospettive olimpiche future?
«Dopo Rio 2016 pensavo smettesse, come chiusura del cerchio. Poi mi confessò la voglia di riprendere, ora ha più esperienza ma sarà più difficile, con il tempo da dedicare alla figlia le ore di allenamento si sono ridotte. Durante gli allenamenti a Bolzano con Giorgio Cagnotto guardandole dicevamo che agli assoluti di Torino, poi saltati, sarebbero andate bene. Per quanto riguarda Tokyo, innanzitutto devono essere la miglior coppia italiana. Con la pandemia tutti sono nella stessa situazione, ma per atleti di 35 anni ricominciare e rimandare l’appuntamento di un anno è dura. La speranza è ovviamente che riescano a qualificarsi, ma se Tania e Francesca non saranno la coppia italiana, faremo il tifo per le altre sempre che riescano a qualificarsi tramite la Coppa del Mondo».
Com’è stata la ripresa dopo la quarantena?
«Ormai ci sentiamo più a casa a Bolzano che a Trento, ricordo la promessa di una nuova piscina dopo le prime olimpiadi di Francesca del 2008. Per gli assoluti estivi di agosto Francesca sarà in gara probabilmente solo dal metro, perché per i 3 metri ci manca ancora un po’ di lavoro».
Perché votare Dallapè?
«Premesso che sono stati esclusi grandi nomi, confido nel voto femminile perché è l’unica donna rimasta in gara».
Di Vermiglio uno, di Malé (anche se sindaco a Pejo) l’altro. In comune la passione per la lo sci, anche se uno privilegia la pratica, mentre l’altro preferisce cimentarsi sul piano politico/amministrativo. Chi meglio del vicepresidente vicario della Fisi nazionale, Angelo Dalpez, per presentare Davide Magnini?
Dalpez, si ricorda la prima volta in cui sentì il nome di Davide Magnini?
«Se ne sentiva parlare già da un po’, ma da presidente del Comitato trentino fu mia l’idea di dare una spinta forte allo scialpinismo riportandolo in seno alla federazione. Facemmo la squadra di comitato e un po’ alla volta si affacciò questo ragazzino. Aveva solo 14 anni ma si capiva che aveva stoffa. Prima dello scialpinismo aveva provato tutte le altre specialità dello sci, compresi il salto e la combinata. Eppoi d’estate va fortissimo nella corsa in montagna, segno che ha un motore importante»
La prima vittoria?
«Mi ricordo la festa per il primo campionato italiano junior: si vedeva che aveva una marcia in più rispetto alla concorrenza».
Lei che lo conosce: qual è l’ambizione di Magnini?
«Penso proprio di saperlo. Anzi, lo so. È quella di partecipare alle Olimpiadi invernali nello scialpinismo. La Federazione nazionale ha già avanzato la proposta di inserire la specialità nelle discipline olimpiche del 2026. Sarebbe perfetto per lui: sarebbe nel pieno della maturità agonistica e gareggerebbe in Italia. Noi come Fisi stiamo spingendo forte, ma il problema è che a a livello mondiale le nazioni i cui si pratica lo scialpinismo sono ancora poche. Comunque sono convinto che ce la faremo».
Qual è per lei la migliore caratteristica del Magnini atleta?
«A parte la classe innata, quello che mi ha colpito fin dalla giovane età è la sua grande intelligenza tattica. Studia il percorso e gli avversari e in gara ragiona molto: non per nulla anche negli studi riesce molto bene. Poi ha una passione innata per lo sport. Mi è sempre piaciuto perché è una persona discreta, un bravo ragazzo».
Dove deve migliorare?
«Sinceramente non lo so. Diciamo che tende a sfruttare il suo motore al massimo e forse fa troppe gare, specialmente di corsa in montagna, perché ha la smania di partecipare. So che ha partecipato a raduni non agonistici anche il giorno prima di certi esami importanti all’università per amore della corsa. Dovrà imparare a riguardarsi».
Se pensa a Magnini c’è un atleta del passato a cui lo accosta?
«Rimanendo nelle nostre discipline direi che come determinazione e grinta mi ricorda Franco Nones o Maurilio De Zolt: atleti che non mollavano mai».
A livello internazionale cosa dicono di lui?
«È un atleta di spicco, l’uomo del domani. Io non ho paura a dirlo, ma non sono il solo. Lasciamolo crescere tranquillo e vedremo. La fortuna e di altri scialpinisti è stato il fatto che il Gruppo sportivo dell’Esercito ha creduto in questa specialità e ha dato loro possibilità di arruolarsi ed allenarsi in serenità. Non è poco di questi tempi».
Chiudiamo con l’appello: perché votare Davide Magnini?
«Perché è l’immagine dell’atleta pulito. Pratica agonismo ai massimi livelli ed è un bravissimo ragazzo che si impegna molto anche negli studi universitari. Dovrebbe essere preso a modello da tantissimi altri giovani che fanno sport perché è sempre riuscito a conciliare gli impegni universitari con i duri allenamenti che impone uno sport come il suo. Me lo lasci dire: è il prototipo dell’atleta che sognavamo quando dentro il Comitato abbiamo creato la squadra di scialpinismo».
Tabellone parte sinistra
Tabellone parte destra