Filippo Ganna è oro nella cronometro Ecco risultati, commenti e programma dei Mondiali a Imola
L’impresa è servita. Ha i colori dell’iride e si è materializzata sulla pista dell’autodromo Enzo e Dino Ferrari di Imola, sede d’arrivo della prova a cronometro dei Mondiali di ciclismo, che Filippo Ganna (foto) ha dominato, spodestando dal trono Rohan Dennis. Il fuoriclasse australiano aveva indossato la maglia di campione del mondo nel 2018 e nel 2019 e a Imola sognava di calare il tris mondiale. Non c’è stato verso.
Mai un corridore azzurro era arrivato sul gradino più alto del podio nella sfida iridata contro il tempo: due, Andrea Chiurato nel 1994 e Adriano Malori nel 2015, si erano messi al collo l’argento, lo stesso Ganna l’anno scorso era riuscito a trovare spazio sul gradino più basso del podio, preceduto dall’australiano Dennis e dall’astro nascente belga Remco Evenepoel, quest’anno assente perché convalescente. Dennis a Imola voleva confermarsi, per entrare definitivamente nella storia, invece è risultato nettamente meno veloce di Top GannA, accusando quasi 40” di ritardo. Anche le altre due medaglie, quella d’argento del belga Wout Van Aert e di bronzo dello svizzero Stefan Kung, hanno accusato ritardi notevoli.
La prova a cronometro venne introdotta nel 1994, sempre in un’edizione italiana dei Mondiali, che allora si disputavano in un’unica edizione fra pista e strada. Accadde in Sicilia, a Catania, e il sogno azzurro andò a infrangersi contro le ruote lenticolari del britannico recordman dell’ora Chris Boardman. In quel torrido pomeriggio d’agosto fu Chiurato a sfiorare l’oro, ma alla fine dovette accontentarsi di un argento quasi insperato.
Ganna oggi, invece, ha tenuto fede alle attese: è stato una vera e propria locomotiva, macinando chilometri a velocità supersonica e alla fine facendo registrare - con il tempo di 35’54”10 - la media di 53 km/h sui 31,7 chilometri del tracciato emiliano. Già all’intertempo, l’azzurro era stato il più veloce, in 18’05”69, con Dennis a 20”43 e il gallese Geraint Thomas a 35”42, mentre Van Aert era addirittura sesto, con un ritardo di 46”30, preceduto dall’olandese Tom Dumoulin a 45”47. Il ‘tulipanò vincitore del Giro d’Italia 2017 è poi sprofondato al decimo posto, con un ritardo di 1’14”06, anche per via di una clamorosa sbandata in curva che gli ha fatto perdere diversi secondi preziosi e un ritmo mai comunque all’altezza della sua fama.
Ganna, al contrario, è letteralmente scivolato su un asfalto che sembrava per lui di seta e non ha mai mostrato segni di cedimento, confessando all’arrivo di «essere riuscito a tenere a freno la pressione». In ogni caso, il piemontese di Verbania ha «coronato un sogno», dopo avere vinto altri titoli iridati, ma sulla pista. Ganna aveva dimostrato di essere in condizione già alla Tirreno-Adriatico, vincendo alla grande l’ultima frazione della ‘Corsa dei Due marì, una cronometro disputata a San Benedetto del Tronto.
La sua pedalata, già allora, faceva ben sperare per quest’appuntamento. La sua sembrava più che una promessa, dopo decenni di digiuno e di vacche magre, riecco un atleta in grado di domare il cronometro e di portare i colori azzurri sul tetto del mondo.
IL PROGRAMMA DEI MONDIALI DI CICLISMO 2020
Giovedì 24 settembre: Prova a cronometro donne Elite (31,7 km) – ore 14.40–16.30
Venerdì 25 settembre: Prova a cronometro uomini Elite (31,7 km) – ore 14.30–16.35
Sabato 26 settembre: Prova in linea donne Elite (143 km) – ore 12.35– 16.45
Domenica 27 settembre: Prova in linea uomini Elite (258,2 km) – ore 09.45–16.45
LA CRONO DONNE A VAN DER BREGGEN
Anna Van der Breggen ha conquistato la medaglia d’oro ai Mondiali di ciclismo di Imola 2020 nella prova a cronometro riservata alle donne Elite. Sul percorso di 31,7 chilometri con partenza e arrivo situato presso l’Autodromo Enzo e Dino Ferrari, la ciclista olandese ha fatto segnare il tempo più veloce al traguardo chiudendo in 40’20”14. È sua la medaglia d’oro e la maglia iridata, mentre a completare il podio sono la svizzera Marlen Reusser e l’altra olandese Van Djik. Brutta caduta per la campionessa in carica Chloe Dygert, che nel corso della prova è finita giù da una scarpata in discesa. Vittoria Bussi, decima, è la migliore delle due italiane ai blocchi di partenza.
Più attardata Vittoria Guazzini.
La magia 52 anni dopo Adorni
Cinquantadue anni dopo la vittoria di Vittorio Adorni, che con le braccia alzate nelle foto in bianco e nero tagliò il traguardo della prova in linea nel 1968, a Imola torna il Campionato mondiale di ciclismo.
Fino a domenica nella città in provincia di Bologna, il cui cuore sportivo batte all’Autodromo Enzo e Dino Ferrari dove tra un mese tornerà la Formula Uno dopo 14 anni di assenza, si sfideranno i più forti in quelle che, come le ha definite il presidente dell’Unione ciclistica internazionale (Uci) David Lappartient «saranno quattro giornate straordinarie» organizzate nei minimi dettagli nel rispetto delle misure per contenere potenziali contagi da Covid-19, con il presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini che ha concesso agli organizzatori una deroga permettendo l’accesso in tribuna a un massimo di 2.246 spettatori.
A Imola «Adorni ha vinto il titolo, perché non pensare a un altro italiano che vinca quest’anno, come Vincenzo Nibali ad esempio? Ci sono tanti potenziali vincitori - ha aggiunto Lappartient parlando alla presentazione del Mondiale a Castel San Pietro Terme - la prima maglia da campione del mondo va al comitato organizzatore. Il percorso e la crono sono al massimo livello. Le strade sono state riasfaltate. Siamo lieti di essere qui, questi mondiali sono un punto di incontro tra il Tour de France e il Giro d’Italia».
A pochi giorni dal trionfo alla Grande Boucle post lockdown, il giovane sloveno Tadej Pogacar è tra i favoriti, con lui anche l’azzurro Vincenzo Nibali, che guarda già al Giro al via il 3 ottobre, poi protagonisti sono attesi Julian Alaphilippe, Wout van Aert e la punta italiano per la crono, Filippo Ganna.
Domani e giovedì le tappe a cronometro, sabato la prova in linea femminile e domenica quella maschile, partenza a arrivo dall’Autodromo.
«Dopo la rinuncia della Svizzera per l’emergenza Covid - ha spiegato il presidente della Federazione Ciclistica italiana Renato di Rocco - si è cercata una soluzione. A Imola e in Emilia-Romagna è stato fatto un lavoro straordinario: per il Mondiale tutti i capi delegazione sono già arrivati, sono tutti felici della decisione presa». «Per una regione che punta sul ciclismo, dal punto di vista sportivo e turistico», come ha spiegato alla presentazione il presidente Bonaccini, «il Mondiale è una grande opportunità», che possa essere anche una prova generale per ospitare partenza e tappe del Tour de France? «Non è ancora fatta, ma da sogno stiamo cominciando a farlo diventare una possibile realtà. Ci siamo candidati con Firenze e credo che le premesse ci siano tutte - ha risposto il governatore - Abbiamo avviato un dialogo con il sindaco Nardella di Firenze, tra qualche anno, perché no, quello che è un sogno, che non si è mai avverato ovvero la partenza e qualche tappa nei territori italiani, possa tenersi».
Pogacar: mi aspetto una gara lunga e impegnativa
«Devo ancora provare il tracciato, ma per domenica mi aspetto una gara lunga e impegnativa, come quelle che piacciono a me». Dopo aver vinto il Tour, il nuovo fenomeno del ciclismo Tadej Pogacar punta il Mondiale di domenica a Imola. Il ciclismo del post lockdown non si ferma più, e la grande corsa francese passa il testimone alle gare iridate che si concluderanno nell’Autodromo Enzo e Dino Ferrari, in attesa che, il 3 ottobre in Sicilia, cominci il Giro d’Italia. A proposito del quale bisogna ricordare che come ‘Cima Coppì avrà i 2.758 metri d’altezza dello Stelvio, e prevede anche la ‘Montagna Pantanì a Piancavallo, e la ‘Tappa Bartalì da Alba a Sestriere.
Ma intanto il pedale azzurro deve onorare Imola, mezzo secolo dopo l’impresa di Vittorio Adorni, e in un contesto inevitabilmente condizionato dai vincoli imposti dalla situazione sanitaria, con soli quattro giorni di gare, riservati alla categoria Elite. Le prove in linea si disputeranno su un circuito di 28,8 km da percorrere più volte tra le colline del bolognese e del ravennate. L’Italia sogna anche l’oro nella crono, con un Filippo Ganna, l’uomo dei record, annunciato in forma smagliante. Nella prova in linea, di cui i principali favoriti sono Julian Alaphilippe e Wout van Aert (ma si candida anche Tom Dumoulin che dice «dopo un buon Tour, voglio il Mondiale di Imola»), si punta invece su Vincenzo Nibali, per il quale il Giro sarà la prova del nove ma che intanto pensa all’iride. Per lui, e tutti gli altri (fra gli azzurri non ci sarà Trentin, secondo l’anno scorso), ci saranno da percorrere nove giri di un circuito di 28,8 km con 5000 metri di dislivello e 258,2 chilometri totali di gara. Il circuito comprenderà due salite insidiose come Mazzolano e Cima Gallisterna.
Indosserà la maglia azzurra anche l’unico italiano che si sia salvato dal disastro, in salsa nostrana, del Tour, quel Damiano Caruso che ha chiuso al decimo posto nella classifica generale dopo aver fatto da gregario a Mikel Landa. Altro reduce dal Tour in corsa ad Imola sarà Alberto Bettiol. La maggiore delusione in Francia è stato Elia Viviani, che a Imola non ci sarà e cercherà il riscatto sulle strade della corsa rosa. Sul Mondiale, e sulle possibilità che Pogacar possa emulare Greg lemond che conquistò Tour e maglia iridata nella stessa stagione (era il 1989) dice la sua il grande Eddy Merckx: «mi viene in mente il nostro Evenpoel (fermo dopo il grave incidente nel Lombardia n.d.r.) e onestamente non penso che sarebbe capace di tener testa a questo giovane sloveno. Sono veramente curioso di vedere come andrà».
Intanto si è appreso che durante il Tour Nairo Quintana e la sua squadra hanno ricevuto la visita della Gendarmeria, che perquisito, il 16 settembre scorso, l’albergo del colombiano nell’ambito di un’inchiesta preliminare da parte dell’Ufficio Centrale della Lotta contro le offese all’Ambiente e alla Salute Pubblica. Nulla di più è emerso, e al colombiano rimane la delusione di un Tour corso davvero sotto tono, e chiuso in 17/a posizione.
L'exploit al Tour: qualcuno fa domande...
Ombre si addensano sempre più sul Tour de France 2020, che si è appena concluso. «Dobbiamo credere a Tadej Pogacar ?»: si chiede stamattina il quotidiano Le Parisien, aggiungendo velenosamente che questo Tour a differenza di tutti gli altri è finito «in un clima di sospetto».
Mentre il 22enne sloveno della Uae Emirates, inaspettato vincitore del Tour 2020, sta ancora festeggiando il suo trionfo, conquistato alla penultima tappa con una cronometro spettacolare (per alcuni forse troppo) in Francia montano le critiche sulla sua performance.
È stato soprattutto il quotidiano Le Parisien a farsi interprete in modo molto netto delle tante domande suscitate dall’exploit del giovane sloveno, che nella penultima tappa del Tour ha compiuto un autentico prodigio sulla durissima salita verso Planche des Belles Filles, rifilando distacchi abissali a tutti e soprattutto al connazionale in maglia gialla Primoz Roglic, che si preparava a gustare il successo a Parigi, ed ha finito invece per ritrovarsi sul secondo gradino del podio.
Prove di trucchi o di altro, finora nessuno. Ma qualche sospetto aleggia, corroborato dal raffronto dei tempi di Pogacar con quelli degli altri scalatori sulla salita decisiva della cronometro di appena 36 km, nella quale lo sloveno ha staccato di 1’21«09 l’olandese Tom Dumoulin (Jumbo-Visma), secondo, e di 1’21»67 l’australiano Richie Porte (Trek-Segafredo), terzo, e addirittura di 1’56«34 a Roglic (Jumbo-Visma) , fino quel momento dominatore del Tour.
Riflettori puntati anche su alcuni personaggi discussi dell’entourage di Pogacar: la France Presse ha scritto di »due vecchi volponi che hanno vissuto nel ciclismo tra vittorie durate un giorno e qualche scandalo«, riferendosi a Mauro Gianetti (svizzero, 56 anni) e Joxean Matxin Fernandez (49 anni, spagnolo) team principal e team manager di Uae Emirates, coinvolti in passato in vicende di doping alla Saunier-Duval nelle quali restarono macchiati anche i ciclisti italiani Piepoli e Riccò (questi fu addirittura arrestato nel 2008).
Intanto è in corso un’inchiesta autonoma della procura di Marsiglia sui farmaci e altri materiali rinvenuti giovedì dagli agenti a Meribel, in Savoia, prima della 17ma tappa, nelle stanze d’albergo di Nairo Quintana e del meno noto fratello Dayer, che corrono per il team francese Arkea-Samsic.
La procuratrice Dominique Laurens vuol vederci chiaro sulla presenza di troppi medicinali e di due persone estranee alla squadra, delle quali Emmanuel Hubert, il dg del team, ha preso nettamente le distanze. I due sarebbero stati arrestati, anche se le loro identità non sono note. L’inchiesta dovrà accertare anzitutto il genere di farmaci ritrovati e il ruolo svolto dai due ‘estraneì (secondo i media francesi, un medico e un massaggiatore) vicini al campione colombiano e al fratello. Per inciso, Nairo Quintana, che nel suo palmares vanta la vittoria di un Giro d’Italia e di una Vuelta, è stato in ombra al Tour, solo 17mo in classifica generale con oltre un’ora di ritardo dal vincitore, e pure vittima di diverse cadute nella parte iniziale della corsa.
Hubert se da una parte ha difeso i suoi ciclisti, »mi fido di loro«, dall’altra però ha annunciato »immediati provvedimenti« nel caso l’inchiesta verificasse qualche illegalità. In ogni caso resta la domanda: perchè due persone non facenti parte del team sono state ammesse a contatto e hanno lavorato con i due ciclisti ? Sempre giovedì scorso, ma dopo la tappa, si è consumato un altro episodio dai contorni non chiarissimi, sebbene già archiviato: una lite furibonda fra Meriijn Zeeman dg della Jumbo-Visma (il team di Roglic) e un ispettore Uci. Al momento del consueto controllo tecnico riguardante proprio la bici della maglia gialla, sono volate parole grosse e forse anche qualcos’altro.
Le verifiche tecniche sono ormai un obbligo per smascherare eventuali casi di doping tecnologico, come motorini invisibili e altri aiutini vietati alla pedalata. È finita che la direzione del Tour ha espulso Zeeman, accusato di »aggressione, intimidazione, insulti e minacce« contro l’uomo dell’Uci, e lo ha pure multato di 2000 franchi svizzeri. Il manager poi si è scusato, »ero arrabbiato perchè nello smontaggio la bici era stata danneggiata«. Danno che però l’Uci ha negato.
Inevitabilmente tanta eccitazione per un semplice controllo suscita qualche domanda. Un fine Tour 2020 dunque decisamente tormentato, e quasi certamente non è finita qui.