Panatta e la Coppa Davis: «Non conosco invidia. Sinner? Un esempio»
L’ex campione del 1976 in Cile commenta la vittoria a Malaga: «Noi giocammo in giro per il mondo e non sempre su superfici gradite. Ma adesso tocca a questi giovani, sono felice». Jannik? «Bravissimo, educato, in campo sta in modo eccezionale»
ROMA. «A me fa solo piacere, non conosco la parola invidia. Mi odierei da solo se avessi un sentimento di gelosia nei confronti di questi ragazzi. Io ho fatto quello che dovevo fare quasi cinquant'anni fa, adesso tocca ai giovani, come è giusto che sia. Ma ti pare che non dovrei essere contento? Sono felice». Così, in un'intervista al Corriere della Sera, l'ex campione Adriano Panatta, tra i grandi protagonisti di quello che, fino a ieri, era l'unico successo dell'Italtennis in Coppa Davis, ottenuto nel 1976 in Cile. Fino alla straordinaria vittoria conquistata a Malaga, in finale contro l’Australia, dal team di Volandri, con Jannik Sinner a trascinare la squadra.
La Davis, rispetto a quell'epoca, è decisamente cambiata: «Certo noi siamo andati in Corea, in India, sull'erba di Wimbledon, in Cile. Ovunque - ricorda Panatta - E non sempre su superfici gradite, come il veloce indoor, né in sede neutra, come Malaga. Purtroppo abbiamo giocato quattro finali all'estero: in casa ne avremmo vinte due, forse tre».
Sinner sembra destinato a togliere anche i primati di Panatta: «Ma ben venga. E non venitemi a dire, quando vincerà Roma e Parigi, che non ci è riuscito nello stesso anno... Ma dai, io sto morendo e lui sta nascendo: è bravissimo, educato, in campo sta in modo eccezionale, lotta su ogni palla, è un esempio. Ma che gli vuoi dire a Sinner?», conclude Panatta.