Guarin: «Sono un alcolizzato. Sono stato vicino alla morte e al carcere. Ora voglio proprio uscirne»
L’ex centrocampista dell’Inter ha parlato dei suoi problemi di dipendenza dall’alcol e della battaglia per uscire dal tunnel: «A starmi accanto gli amici veri: Zanetti, Cordoba e Cuadrado»
MILANO. «Sono un alcolizzato al 100% e lo ammetto. Sono un tossicodipendente in via di guarigione.»: la dichiarazione dell’ex centrocampista dell’Inter alla rivista Semana. In occasione di un’intervista Fredy Guarin ha confessato apertamente i suoi problemi di dipendenza dall'alcool, raccontando i momenti difficili che ha vissuto e la battaglia che ogni giorno combatte per uscire definitivamente dal tunnel.
«Purtroppo a un certo punto mi sono lasciato “distrarre” - ha detto - e mi sono aggrappato all'alcol: ho commesso molti errori, ho preso decisioni sbagliate, ho ferito molte persone, ho fatto stare male i miei cari e i miei amici. Sui social sono stato immortalato in situazioni brutte o strane perché l'alcol è sempre stato il peggior fattore scatenante per tutto ciò che mi accadeva».
Il momento più basso quando ha lasciato il Milionarios, nel 2021: «In quegli anni la mia dipendenza è diventata molto seria. Non lavoravo più in allenamento, avevo perso la mia dignità, la fiducia delle persone care e la cosa più importante e preziosa che ho, ovvero i miei tre figli. Ho perso molte cose a livello sentimentale e amoroso. È arrivato un punto in cui non potevo più continuare così. Ho dovuto chiedere aiuto, lo avevo già fatto diverse volte, ma avevo sempre una ricaduta. Ho dovuto arrendermi e chiedere aiuto ad alcuni professionisti con cui sto lavorando per rimettere a posto le cose, per riacquistare la fiducia dei miei figli, dei miei parenti e dei miei amici. Da solo non potevo farcela. Stavolta però è tutto diverso e questa è la volta definitiva (intende quella buona, ndr). Ho già bussato alla porta del diavolo e non è il massimo. So già quale non è la strada e che la strada è Dio che mi dà forza ogni giorno e una vita sobria e sana, per poter dare ai miei figlio tutto l'amore che ho per loro».
Sulle proprie paure ha affermato: «Sono due: la morte e il carcere. Ho una frase tatuata, l'ho scritta io stesso: “Ho paura della morte e del carcere” e, senza saperlo, vivevo in un carcere condannato a morte. Volete sapere se sono stato vicino alla morte o al carcere? Sì, la verità è che in quel cammino oscuro che stavo facendo ero vicino alla morte perché non avevo rispetto, non avevo limiti, non avevo coraggio e mi lasciavo portare ogni giorno più in là in quel buco. Ho bussato alle porte dell'inferno. So di cosa si tratta e non voglio mai più tornare a quella vita. Non è molto bella l'oscurità e l'inquietudine con cui convivevo. Non capivo quello che rischiavo quando ero ubriaco. Sono stati momenti molto dolorosi e la prigione la stavo già vivendo. Il giorno in cui è successo quello che è successo con i miei genitori (il riferimento è alla violenta lite in casa loro e al video che circola sui social nel quale l'ex calciatore litiga con la polizia, ndr), i poliziotti non mi hanno portato in prigione: sono stati gentili, tranquilli, mi hanno messo in macchina, ma non mi hanno mai ammanettato né maltrattato. Sono stati coscienziosi e professionali. Si sono comportati in modo molto umano con me, anche se ero aggressivo».
Un ringraziamento sentito è poi andato alle persone che gli sono state vicine anche nei momenti difficili: «Ho perso tanti amici, ma altri sono rimasti al mio fianco. Ora so chi sono i miei amici veri, quelli che vogliono vedermi stare bene. Mi sono stati accanto Falcao, James Rodriguez, Juan Fernando Quintero, Ospina, Cuadrado, Zanetti, Córdoba e altri che erano lì in quei momenti bui. Erano disponibili ad aiutarmi. Altri, senza dire una parola, se ne sono andati. Non erano amici».