Ciclismo / Il fuoriclasse

La storia del cannibale gentile Tadej Pogačar al Festival dello Sport

I successi e i primi paragoni con i grandi della storia del ciclismo, sui quali il campione ringrazia ma tira dritto: “È piacevole, ma non mi piace compararmi a nessuno, anche perché conosco poco della loro storia e hanno vissuto un altro ciclismo. Penso solo a fare il mio percorso”

TRENTO. “Il pensiero di correre in un anno Giro, Tour e Vuelta c’è stato, ma c’erano le olimpiadi e poi l’obiettivo del 2024 era la maglia arcobaleno”, e ancora ai bambini che chiedono il segreto per essere un campione: “Le sconfitte fanno parte del percorso, da ragazzo ho perso molte corse, ma se ci credi davvero e ti alleni la vittoria poi arriva”. Parole di Tadej Pogačar, cannibale sloveno del ciclismo, fresco vincitore del Giro di Lombardia, che al Festival dello Sport di Trento insieme a Davide Cassani e ai giornalisti di Gazzetta Pier Bergonzi e Ciro Scognamiglio, ha ripercorso gli anni della sua straordinaria carriera in un Auditorium Santa Chiara stracolmo di gente e di entusiasmo.
 

Un racconto partito da lontano, da quando il bambino Tadej inizia a dare le sue prime pedalate. “Era una bici verde credo italiana, un po’ troppo grande per me, tant’è che ho dovuto aspettare un anno per le prime gare” spiega, aggiungendo come all’inizio il ciclismo era più che altro un modo per stare insieme agli amici. “Correvo per divertimi e non avevo un idolo a cui ispirarmi, solo dalle gare juniores ho capito che avevo il potenziale per poter diventare un buon professionista” citando in particolare il giro della Lunigiana e il Tour de l’Avenir del 2018.
 

Poi i successi e i primi paragoni con i grandi della storia del ciclismo, sui quali il campione ringrazia ma tira dritto: “È piacevole, ma non mi piace compararmi a nessuno, anche perché conosco poco della loro storia e hanno vissuto un altro ciclismo. Penso solo a fare il mio percorso e a rimanere concentrato su me stesso” spiega lo sloveno, che rivela anche i periodi di miglior condizione di questo incredibile anno sportivo: “Ne ho avuti molti per fortuna - dice sorridendo - ma credo che la tappa di Livigno al Giro, la Liegi-Bastogne-Liegi e la tappa di Plateau de Beille al Tour siano stati quelli in cui davvero sentivo di essere al top” le sue parole.
 

Tanti successi, alcuni anche apparentemente in scioltezza, ma anche momenti di fatica e difficoltà, a partire dall’infortunio al polso patito proprio alla Liegi nel 2023: “Anche in quel momento ho voluto pensare positivo, mi sono detto che avrei vinto il prossimo anno e ho cercato la motivazione per arrivare ancora più forte al 2024”.
 

Infine un accenno alla possibilità di partecipare in un anno solare a Giro, Tour e Vuelta. “Devo ammettere che nel dicembre 2023 ci ho pensato - confida -. Poi però il 2024 era l’anno delle olimpiadi, sentivo che avevo necessità di riposare e il mio obiettivo principale era conquistare la maglia arcobaleno, quindi ho lavorato in questa direzione e le scelte prese mi hanno dato ragione”.

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