«Jannik? ha un fisico da decatleta, sa fare tutto»
Marco Panichi, preparatore atletico di Sinner, ha raccontato come sta lavorando il numero 1 al mondo in vista del rientro agli Internazionali di Roma: «Se è una macchina quasi perfetta dobbiamo ringraziare papà Hanspeter e mamma Siglinde»
BOLZANO. Jannik Sinner? Ha un fisico da decatleta, sa fare tutto e sa farlo bene. Parola di Marco Panichi, non uno qualunque. Di Sinner è il preparatore atletico dal settembre dello scorso anno, dopo una vita intera a fianco del più vincente di sempre, Novak Djokovich. Insomma, uno che sa di cosa parla. Panichi, a sua volta ex atleta (salto in lungo), ha alle spalle una carriera quasi quarantennale come preparatore, e oggi cura i muscoli di Sinner come la più preziosa delle risorse.
E del suo pupillo ha parlato in una lunga intervista al Corriere della Sera. La squalifica di tre mesi che ha chiuso il fastidioso caso clostebol ha avuto almeno questo aspetto positivo: ha consegnato Jannik nelle mani di Panichi per un lungo periodo, che ha consentito al team di impostare un approfondito lavori di preparazione e cura dei dettagli, altrimenti impossibile con un calendario così intasato come quello Atp. «Sapevamo da subito di poter fare un bel lavoro, studiato e programmato, non diluito e spezzettato dai viaggi e dai tornei come al solito – ha detto Panichi al Corriere -. Abbiamo studiato un modo attivo e propositivo di vivere la squalifica. Abbiamo trasformato i micro-cicli di lavoro in macro-cicli, siamo scesi nel particolare e nel dettaglio».
Un lavoro accurato, i cui risultati, assicura Panichi, si dovranno vedere da Roma in poi. Gli Internazionali di Italia iniziano proprio all’indomani della fine della squalifica di Sinner, e saranno il primo appuntamento per il numero 1 al mondo, che vi arriverà, c’è da scommetterci, carico come non mai.
Panichi ha esaltato le doti fisiche di Sinner («Se è una macchina quasi perfetta dobbiamo ringraziare Hanspeter e Siglinde Sinner, i genitori che gli hanno trasmesso il Dna»), ha raccontato come si è arrivati alla difficile ma fondamentale decisione di abbandonare le cavigliere, una sorta di coperta di Linus per molti tennisti, e ha spiegato come in questi tre mesi il team abbia spinto Jannik a ritagliarsi del tempo per sé e a fare cose nuove, quelle cose che la routine del tennis di solito non gli consente di fare.
Con una “sentenza” finale: «Il suo più straordinario talento è la gestione delle situazioni, che sia un allenamento o una partita tesissima: ha una calma operativa, nei momenti che contano, rara».