Ricercatore trentino svela i segreti del rospo

La scoperta del ricercatore Michele Menegon del Museo tridentino di scienze naturali, sarà pubblicata oggi sul nuovo numero dell’autorevole rivista Science. Il Museo ha allestito in Tanzania un centro studi che adesso si arricchisce di un ostello. Nel team che si è occupato dei rospi erano presenti anche scienziati belgi, indiani e inglesi

michele menegonTRENTO - Nuovo grande successo per il Museo tridentino di scienze naturali, che vede la scoperta di un suo ricercatore, l'erpetologo Michele Menegon, pubblicata sull'ultimo numero della celeberrima rivista Science , in uscita oggi in tutto il mondo. Questa volta non si tratta della scoperta di una nuova specie zoologica, come nel caso del toporagno-elefante dalla faccia grigia, ma di una ricerca che fa luce sul processo evolutivo dei rospi, mostrando come l'espansione geografica sia un fattore influente sulla formazione di nuove specie e sull'attuale distribuzione dei rospi sul pianeta. Nel team di ricerca che ha studiato il fenomeno in Tanzania, al ricercatore del Museo tridentino si sono affiancati tre scienziati belgi, un indiano e un inglese che lavora in Svizzera. Dal Sud America i rospi hanno occupato gran parte del pianeta, diversificandosi in moltissime specie con forme, strutture e comportamenti riproduttivi molto differenti. Guardando alla storia evolutiva dei rospi, il team di ricercatori ha scoperto che l'attività di colonizzazione avveniva in corrispondenza di specie che avevano in comune sette caratteristiche, che le rendevano dei «fenotipi ottimali per la dispersione», ossia delle specie pioniere, in grado cioè di spostarsi e di adattarsi ad ambienti differenti. Tali caratteristiche sono una relativa indipendenza dall'acqua, la presenza di ghiandole parotoidi in grado di secernere sostanze velenose e irritanti per i predatori, ma anche di conservare l'acqua, una capacità di adattarsi ad acque diverse (dallo stagno all'acqua piovana…); ancora è necessaria una taglia di grandi dimensioni, la riproduzioni tramite girini piccoli (che richiedono alla madre un minor investimento energetico) e la deposizione di uova che posson venir prodotte in grandi numeri.

Paolo Caroli

(Articolo completo sull'Adige in edicola)

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