Trovati messaggi e fotografie hard
Le erano stati spediti numerosi messaggi per «istruirla» negli autoscatti erotici, senza veli. Le veniva spiegato cosa fare e come, con consigli, complimenti, apprezzamenti più o meno volgari. La tredicenne trentina, vittima delle attenzioni morbose dei tre adulti arrestati dalla polizia postale nei giorni scorsi, era controllata e «guidata» a distanza, sotto il ricatto che, se non avesse inviato altre immagini sexy, le foto scattate qualche tempo prima sarebbero state divulgate
Le erano stati spediti numerosi messaggi per «istruirla» negli autoscatti erotici, senza veli. Le veniva spiegato cosa fare e come, con consigli, complimenti, apprezzamenti più o meno volgari. La tredicenne trentina, vittima delle attenzioni morbose dei tre adulti arrestati dalla polizia postale nei giorni scorsi, era controllata e «guidata» a distanza, sotto il ricatto che, se non avesse inviato altre immagini sexy, le foto scattate qualche tempo prima sarebbero state divulgate. Lei aveva eseguito ciò che leggeva nei messaggi, ma non perché non fosse in grado di capire la gravità del fatto.
«Gli adolescenti e i bambini, sottoposti a certi contenuti e alla visione di determinate immagini, hanno emozioni che non sanno gestire», spiega Mauro Berti, responsabile dell'ufficio indagini pedofilia della polizia postale di Trento. «I genitori devono sapere che i ragazzi non sono al sicuro neppure tra le pareti domestiche» evidenzia il vicequestore Tiziana Pagnozzi, dirigente del Compartimento, che spiega: «i genitori si trovano inesperti davanti alle conoscenze dei "nativi digitali"». Intervenire in famiglia si può: con il dialogo, con l'esempio, con la conoscenza dei social network (la polizia postale lo scorso anno ha tenuto 130 incontri sia per ragazzi che per adulti in scuole, circoli, parrocchie), spiegando cosa è giusto e cosa è sbagliato condividere in rete. È corretto anche mettere «paletti» all'uso della tecnologia: ad esempio, togliere il cellulare dalla disponibilità dei ragazzi nelle ore notturne per evitare che passino il tempo in chat, rischiando di essere vittime di persone spregiudicate e malate.
Nel caso della ragazzina trentina, l'adescamento è avvenuto attraverso social network ed applicazioni che aveva scaricato sul suo cellulare: non si tratta di siti vietati ai minori, anche se la tredicenne si era iscritta ad una chat per incontri frequentata soprattutto da maggiorenni. Proprio in questo spazio virtuale dedicato al dialogo ed allo scambio di informazioni, la ragazza aveva conosciuto - a distanza di qualche mese l'uno dall'altro - i tre uomini. Grazie al numero di cellulare pubblicato sul suo profilo Facebook, i tre malintenzionati erano riusciti ad agganciarla anche su «WhatsApp», l'applicazione per lo scambio gratuito di messaggi, foto, video. Fingendo di essere molto giovani, prima avevano carpito la fiducia della ragazzina, poi avanzato proposte sempre più hard. Erano loro a condurre il gioco, riuscendo facilmente a dominare la tredicenne.
Ma grazie ad una madre molto attenta, che si è presentata alla polizia postale con in mano il cellulare della figlia, le indagini sono partite e, dopo un anno di verifiche, di approfondimenti, di controlli tecnici effettuati dagli esperti della polizia postale di Trento per recuperare i dati cancellati, hanno portato all'arresto di tre uomini, tra i 32 ed i 40 anni, che vivono in Toscana, in Sicilia ed in Veneto. Tre insospettabili, senza nessun precedente specifico; uno è sposato e ha figli più o meno dell'età della vittima. Devono rispondere di atti sessuali con minorenne, ed a vario titolo di corruzione di minorenne e di detenzione di materiale pedopornografico. L'uomo arrestato a Prato aveva anche tentato di distruggere le prove dei suoi contatti con la ragazzina di Trento, togliendosi dalla chat ed eliminando tutte le foto hard (sia le sue, che quelle della vittima): pensava che con un tasto tutto si potesse cancellare, ma gli esperti della polizia postale di Trento lo hanno incastrato.