Caso F35: Parlamento senza diritto di veto
Nessuno mette in discussione la sovranità del Parlamento, né tantomeno il potere di «sindacato» delle Camere «sui programmi di ammodernamento delle forze armate» ma su alcune «decisioni operative» e programmi da rispettare, come quello sugli F35, la responsabilità spetta al governo e il Parlamento non ha «diritto di veto»
Nessuno mette in discussione la sovranità del Parlamento, né tantomeno il potere di «sindacato» delle Camere «sui programmi di ammodernamento delle forze armate» ma su alcune «decisioni operative» e programmi da rispettare, come quello sugli F35, la responsabilità spetta al governo e il Parlamento non ha «diritto di veto».
È stato un vero e proprio fulmine a ciel sereno quello partito ieri dal Consiglio supremo di Difesa che, sotto la regia di Giorgio Napolitano, ha rincuorato i vertici delle forze armate, colto di sorpresa i presidenti di Camera e Senato e fatto scattare l'indignazione del Movimento 5 Stelle (e non solo).
Il presidente della Repubblica, in piena sintonia con il governo e i ministri interessati (al tavolo Mario Mauro, Enrico Letta ed Emma Bonino), ha spiegato come «tale facoltà del Parlamento non può tradursi in un diritto di veto su decisioni operative e provvedimenti tecnici che, per loro natura, rientrano tra le responsabilità costituzionali dell'esecutivo». Il che, tradotto, significa principalmente che sul delicatissimo tema dei cacciabombardieri americani (ma c'è dentro anche l'italianissima Finmeccanica) la decisione spetta al governo. Anche perché - questo è il ragionamento che sta alla base della correzione di rotta rispetto alla mozione approvata la scorsa settimana -, avendo il governo tra i suoi compiti esecutivi l'ammodernamento delle forze armate (una programmazione già approvata dalle Camere attraverso disposizioni di bilancio e leggi di accompagnamento), l'esecutivo deve eseguire anche l'articolo 4 della legge 244 del 2012 che riforma lo strumento militare. Il che, osservano fonti governative, significa che c'è «un programma che viene da lontano e va rispettato. Non rispettarlo sarebbe una cosa molto complessa e il Parlamento - aggiunge la fonte - deve tenerne conto.
Se i presidenti di Senato e Camera, Pietro Grasso e Laura Boldrini, scelgono la strada del silenzio assoluto, parla invece il vicepresidente della Camera, Luigi Di Maio - esponente di M5S - che esprime forte preoccupazione per l'atteggiamento del Consiglio supremo di Difesa e ribadisce che «il Parlamento può, senz'altro, porre veti».
Decisamente in imbarazzo il Pd, che cerca di non riaprire la grana F35 che tanto ha fatto fibrillare il governo solo una settimana fa. Infatti nel testo della mozione, sul quale Pd e Pdl avevano trovato un faticoso accordo, da un lato si impegna il governo al «pieno rispetto» della Legge 244, del 31 dicembre 2012, per «garantire al Parlamento di esercitare le proprie prerogative». Ma dall'altro in particolare si chiede di «non procedere a nessuna fase di ulteriore acquisizione senza che il Parlamento si sia espresso nel merito». Ma Gianni Cuperlo, uno dei candidati alla segreteria del Pd, dice senza mezzi termini che è il Parlamento «ad avere la competenza fondamentale in materia di acquisizione delle armi e questa prerogativa non va derubricata a parere tecnico o di opportunità». La pensa così anche Gian Piero Scanu, mentre Pio Latorre e Giorgio Tonini sono schierati dalla parte di Napolitano.
Lancia in resta è partita invece M5S che, senza mezzi termini, ha parlato di uno «schiaffo al Parlamento», concepito come «ratificatore di provvedimenti del governo. È sconvolgente che Napolitano avalli questo ennesimo schiaffo. Ci aspettiamo che, come presidente del Consiglio di Difesa, faccia chiarezza», scrive Riccardo Nuti capogruppo M5S alla Camera.
Contraria all'intervento del Consiglio Supremo di Difesa anche Sel che parla di «sconcertante» tentativo di «ridurre il Parlamento a semplice ratificatore delle decisioni che assume il Governo».
Soddisfatto il ministro della Difesa, Mario Mauro, strenuo difensore dell'acquisto dei 90 cacciabombardieri.