Renzi avverte: «Riforme con chi c'è»
Quasi 6 ore di discussione con una pausa di 15 minuti e un pranzo a base di panini e pizzette. Tempi e modalità più da consiglio dei ministri per approvare la manovra economica, che da riunione di partito, la segreteria convocata oggi da Matteo Renzi a Firenze. D'altra parte il leader del Pd fa sul serio in vista del patto di coalizione che il premier Enrico Letta avvierà la prossima settimana
Quasi 6 ore di discussione con una pausa di 15 minuti e un pranzo a base di panini e pizzette. Tempi e modalità più da consiglio dei ministri per approvare la manovra economica, che da riunione di partito, la segreteria convocata oggi da Matteo Renzi a Firenze. D'altra parte il leader del Pd fa sul serio in vista del patto di coalizione che il premier Enrico Letta avvierà la prossima settimana. E c'è una priorità su tutte per cui Renzi vuole andare «fino in fondo» al di là degli equilibri della maggioranza: la riforma elettorale.
«In tre giorni abbiamo fatto più che in tre anni, la prossima settimana tiriamo su la rete e tentiamo di chiudere», tira dritto il rottamatore che vede, dietro l'altolà di Angelino Alfano sulle unioni civili, solo «un'arma di distrazione di massa» per rinviare la legge elettorale.
Ancora una volta, nella conferenza stampa al termine della segreteria, Renzi assicura di non avere il governo nel mirino, anzi «mette in difficoltà il governo chi lo vuole far stare fermo, non chi lo sprona a risolvere i problemi italiani».
Ma le bordate del segretario Pd pesano come pietre sugli alleati di governo, Alfano in primis, e anche tra i compagni di partito: in serata Stefano Fassina si dimette in modo irrevocabile, consapevole che i suoi spazi di manovra, dentro un esecutivo nel quale Renzi vorrà dettare la linea, sono sempre più ristretti.
D'altra parte lo stesso leader del Pd non fa niente per lasciar pensare il contrario: «Fassina? Fassina chi?», è la reazione con una punta di sarcasmo con cui il sindaco di Firenze liquida la domanda sulla richiesta di rimpasto, avanzata proprio dal viceministro alla luce dei nuovi pesi di forza dopo il congresso Pd. Nella riunione della segreteria, presenti 11 membri più Pina Picierno collegata via Skype da New York, il segretario mette in chiaro che il Pd porterà le sue proposte, pronto a confrontarsi ma con un distinguo forte: «Non discuteremo con chi mette veti». Messaggio diretto soprattutto al leader Ncd, che sulle unioni civili come sulla Bossi-Fini ha già alzato barricate. «Se tra tutte le nostre proposte l'unico problema sono le civil partnership ci va di lusso - ironizza - ma a chi parla di famiglia, Alfano e Giovanardi, chiedo che cosa hanno fatto quando erano al governo? Hanno azzerato il fondo per la famiglia». Ma le unioni civili per il segretario Pd sono uno dei temi del patto di governo, non il principale. In cima alla lista ci sono la riforma elettorale e subito dopo, vista anche la complessità della materia, il job act, una riforma che al momento, spiega la responsabile Lavoro Marianna Madia, è un cantiere aperto, dove «la questione contrattuale, come l'articolo 18, non sono al centro».
Sulla riforma del voto, invece, Renzi considera la prossima settimana il momento della verità. «Abbiamo fatto tre proposte: su una Fi ha mostrato interesse, e aspettiamo risposte da quello che è il secondo partito, su un'altra ha aperto Ncd mentre Grillo ha preso tempo. Perchè non dovremmo farcela?». Il leader Pd semplifica, certo, le difficoltà dei veti incrociati e nella riunione, a quanto si apprende, ha ribadito che il perimetro per cercare un accordo parte dalla maggioranza di governo ma per arrivare in porto «non chiudiamo a nessuno».