Obama rilancia: crisi Usa superata ma serve più giustizia sociale
«La crisi è superata. L’America è risorta dalla recessione». Barack Obama lo scandisce a chiare lettere nel suo sesto discorso sullo stato dell’Unione e annuncia: «È ora di voltare pagina» e di «aprire un nuovo capitolo». Perchè vinta la sfida più difficile, per il presidente americano è necessario che tutti godano della ripresa, a partire dalla classe media che più ha sofferto negli ultimi anni.
«Non possiamo accettare un’economia che dia vantaggi enormi solo a pochi, ma bisogna impegnarsi per un’economia che generi un aumento dei redditi e delle possibilità per tutti», sottolinea Obama, che ha già annunciato la sua rivoluzione sul fronte delle tasse, aumentando il carico fiscale sui super ricchi e sulle grandi banche e imprese per rafforzare il sistema di sgravi e agevolazioni a favore delle famiglie.
È un Obama che, dopo mesi nell’occhio del ciclone, appare rilassato, ma determinato nel rilanciare a 360 gradi la sua agenda di politica interna e internazionale. Del resto non nasconde come oramai non abbia più molto da perdere: «Non devo fare più campagne elettorali. Ne ho vinte già due», scherza davanti al Congresso riunito in sessione plenaria. Ma torna immediatamente serio lasciando intendere ai suoi avversari politici che a lui il ruolo di «anatra zoppa» sta stretto. E che, se necessario, nei due anni che gli rimangono alla Casa Bianca porterà avanti le sue istanze anche a colpi di decreto e di veti.
E il veto Obama è pronto a metterlo sulle nuove sanzioni all’Iran («garantiranno solo un fallimento della diplomazia, assicurando che l’Iran riavvii il suo programma nucleare»), come sulle modifiche all’Obamacare, sul gasdotto Keystone e sulle norme con cui la destra vuole bloccare la sua riforma dell’immigrazione.
Capitolo terrorismo. Il presidente degli Stati Uniti assicura che i jihadisti dell’Isis saranno sconfitti, e chiede al Congresso che autorizzi l’uso della forza, «per mostrare al mondo che siamo uniti» in questa lotta. «Continueremo a dare la caccia ai terroristi e a smantellare le loro reti - afferma - e ci riserviamo il diritto di agire unilateralmente contro i terroristi che pongono una minaccia diretta a noi e ai nostri alleati».
Ricorda poi gli attacchi che hanno scioccato la Francia: «Da una scuola in Pakistan alle strade di Parigi, siamo con la gente che nel mondo è stata colpita dai terroristi». E tra gli applausi del Congresso, in molti tra deputati e senatori sventolano matite gialle per ricordare le vittime del magazine Charlie Hebdo.
Obama tocca tutti i temi, dalla piaga del razzismo che ancora affligge l’America alla questione femminile, sottolineando come nel 2015 sia inaccettabile che le donne, a parità di lavoro, non guadagnino come gli uomini. Passando per il riconoscimento delle nozze e dei diritti per i gay, pronunciando per la prima volta nella storia degli State of the Union i termini ‘trasgender’ e «bisessuale».
Infine Cuba. Obama chiede la fine dell’embargo. E a proposito cita Papa Francesco: «Come sua Santità ha detto: "la diplomazia è un lavoro fatto di piccoli passi". Questi piccoli passi aprono una nuova speranza per il futuro di Cuba».
Plaude il discorso Hillary Clinton, probabile candidata alla sua successione. Mentre deluso si dice Mitt Romney, anche lui probabile candidato nel 2016. Ma il giudizio ufficiale dei repubblicani viene affidato alla senatrice Joni Ernst: «Da Obama politiche che ci porterebbero al fallimento».
Ugo Caltagirone e Serena Di Ronza