Scelti i grandi elettori: Avanzo, Widmann e Urzì
La coalizione di centrosinistra autonomista si è clamorosamente spaccata questo pomeriggio, dopo le polemiche dei giorni scorsi, sulla scelta dei tre grandi elettori che a fine mese parteciperanno al voto per il successore di Giorgio Napolitano al Quirinale.
A rappresentare il Trentino Alto Adige saranno la presidente del consiglio regionale Chiara Avanzo (Patt), il vicepresidente Thomas Widmann (Svp) e in rappresentanza dell’opposizione il consigliere regionale Alessandro Urzì (Alto Adige nel cuore, raggruppamento di centrodestra).
Agli eletti non è andato dunque il sostegno del Partito democratico, che inizialmente aveva proposto un’intesa sul nome del presidente del consiglio provinciale di Trento, Bruno Dorigatti, un’ipotesi respinta dagli alleati di governo.
Si tratta dell’ennesimo episodio che fotografa una coabitazione sempre più difficile nella maggioranza di governo in Trentino. Una fibrillazione continua della quale, peraltro, il presidente della giunta, Ugo Rossi (Patt), sembra non curarsi, come è parso chiaro oggi, quando il numero uno di piazza Dante ha difeso la scelta di votare la consigliera del Tesino richiamandosi esclusivamente all’idea di mandare a Roma una figura istituzionale (chiamata alla guida dell’assemblea regionale nel dicembre scorso, dopo la scomparsa di Diego Moltrer).
Il Patt, con il supporto della Svp, ha potuto dunque eleggere la sua consigliara, mettendo in minoranza un eventuale candidato Pd.
A Bolzano, peraltro, sulla scia delle polemiche dei mesi scorsi nei riguardi dell’atteggiamento del governo Renzi verso le autonomie speciali (nel mirino, secondo alcuni), risulterebbe particolarmente gradita la presenza fra i grandi elettori di un’esponente autonomista al posto di uno del Pd.
Il responso delle urne, a fronte di 59 votanti, ha visto Widmann ottenere 26 voti, Avanzo 25 e Urzì 17. Hanno ricevuto voti anche il verde Riccardo Dello Sbarba (11), Dorigatti (3), Ugo Rossi uno, Donata Borgonovo Re 2; quattro le schede bianche, trele nulle.
Nella sua dichiarazione di voto d’astensione, il capogruppo del Pd Alessio Manica, dopo aver definito questo passaggio «doloroso», ha annunciato che il partito non avrebbe presentato «alcun nome alternativo a quello espresso dalla maggioranza, ciò per rispetto nei riguardi della coalizione. Siamo certi che il mandato politico sarà rispettato», ha aggiunto.
Ora resta da vedere se questa frattura, la prima conclamata con tale evidenza, provocherà contraccolpi nelle relazioni fra i partiti di governo, specie in vista delle elezioni comunali, fissate proprio oggi per il 10 maggio, e delle relative tensioni attorno alla scelta dei candidati.
«Di fronte all’incomprensibile posizione di chi ritiene che la politica possa trincerarsi dietro scelte neutre od istituzionali, evitando l’onore e l’onere di garantire l’equilibrio di una coalizione, il Pd ha scelto di non forzare, per rispetto delle istituzioni che rappresentiamo e del valore della coalizione che ci lega», scrive in una nota il gruppo del Pd in Consiglio regionale.
«Il presidente Dorigatti, con uno stile che non è molto diffuso, ha fatto un passo indietro, e il gruppo del Pd non ha proposto un nome alternativo in aula, per sottrarre il Consiglio regionale a un voto che avrebbe lacerato la maggioranza e messo in difficoltà gli altri partiti della coalizione regionale, chiamati a scegliere tra proposte alternative. Di conseguenza il gruppo consiliare regionale del Partito democratico ha deciso di astenersi rispetto alle candidature presentate. Rimane lo stupore per una vicenda emblematica di un modo di intendere la politica e le istituzioni, lontana dal buon senso che ha sempre caratterizzato il Trentino. L’auspicio è che questo passaggio sia utile per orientare i passi che ci attendono in futuro».