Israele, vince Netanyahu: nuovo governo di destra
La destra di Benjamin Netanyahu ha vinto le elezioni in Israele: al 95% dello scrutinio, il suo Likud ha 29 seggi, mentre la sinistra di Campo sionista ne conta solo 24. A questo punto, secondo i media e contro gli exit-poll, Netanyahu sarebbe in grado di formare una maggioranza di destra forte di oltre 60 seggi (su 120). Al terzo posto la Lista araba unita con 14 seggi; segue il centrista Yair Lapid di C'è futuro con 11 seggi.
«Sono veramente fiero per la grandezza di Israele. Nel momento della verità, ha preso la decisione giusta. Ora dovremo formare un governo forte e stabile: oggi ho parlato con tutti i leader dei partiti del campo nazionale (di destra, ndr) e mi sono appellato per formare un governo senza indugio», ha detto stanotte Netanyahu.
Al potere da nove anni, l'attuale premier, leader per ora incontrastato del Likud, giocava le sue carte per restare al potere a fronte di una minaccia crescente da parte del centrosinistra che, secondo i sondaggi degli ultimi giorni, lo superava di quattro seggi. Una situazione a sorpresa, non prevista da Bibi quando lo scorso dicembre dette il via alla crisi di governo licenziando i due ministri centristi Tzipi Livni e Yair Lapid. Gli appelli delle ultime ora rivolti all'elettorato di destra e tutti incentrati sul tema della sicurezza nazionale e della chiusura nei riguardi delle rivendicazioni palestinesi finché resterà centrale il ruolo degli estremisti di Hamas. «Con me al governo lo Stato palestinese non nascerà mai e Gerusalemme non diventerà una "Hamasland"», aveva detto fra l'altro negli ultimi comizi, riproponendo un repertorio caro alla destra, al costo di gettare benzina sul fuoco dei rapporti particolarmente conflittuali fra il governo israeliano e la Casa Bianca guidata da Barak Obama.
Tom Segev, studioso e giornalista israeliano appartenente alla corrente dei nuovi storici, vede, comunque vada la ripartizione finale dei seggi (lo scrutinio non è ancora cobncluso), un quadro fluido. «Netanyahu - dice - è avvantaggiato ma bisogna vedere cosa faranno gli altri partiti».
Di una cosa però è certo: «L'affermazione della Lista Araba Unita è lo sviluppo più importante di queste elezioni, sia da un punto di vista storico che politico-sociale. Certo, possono ancora dividersi, non è detto che reggano nel dopo-elezioni. Comunque sia, è meraviglioso che così tanti cittadini arabi abbiano partecipato alle elezioni. È un grande passo in avanti nel processo d'integrazione della società israeliana. È un ottimo segno».
Ad ogni modo, al di là del successo personale di Netanyahu, che è stato capace di mettere a segno una bella rimonta, Segev sottolinea come Israele sia, sostanzialmente, «un Paese che guarda a destra, con una forte componente nazionalista". Oltre che una società «profondamente divisa». Ecco perché le coalizioni sono all'ordine del giorno, «fin dal 1948».
La novità è che il governo che si formerà avrà una "forte opposizione" proprio grazie alla componente araba. «Cosa molto salutare - sottolinea - per la salute di una democrazia».
Segev, quando si tratta però di affrontare la questione della soluzione a due Stati, è categorico: «Pochi israeliani, e persino pochi palestinesi, credono ormai che possano veramente esistere un giorno due Stati distinti. Netanyahu d'altra parte è stato molto chiaro su questo punto in tutta la sua campagna elettorale. Ecco perchè la battaglia alla fine si è giocata sui temi economico-sociali interni».
Come dire, nel resto del mondo il conflitto israelo-palestinese, nelle sue varie ramificazioni, potrà anche essere l'alfa e l'omega della politica mediorientale, ma in Israele, quando si vota per la Knesset, si guarda, come in tutti i Paesi, (anche) al portafoglio. «L'economia israeliana - fa notare Segev - va bene, non abbiamo i problemi dell'Europa. Però i prezzi delle abitazioni sono schizzati alle stelle, e le maggioranza delle giovani coppie non si può più permettere di vivere per conto loro o comprare un appartamento: questo è uno dei temi che hanno dominato la campagna elettorale. Certo, Netanyahu ha fatto di tutto per portare l'attenzione sull'Iran o sugli aspetti della sicurezza. E negli ultimi due giorni deve aver fatto presa. Insomma, ha spaventato gli elettori».