Riabilitare i fucilati per reati militari nella Grande Guerra
Nel clima di terrore e rappresaglia della Grande Guerra l'onore del soldato italiano significava cieca obbedienza. In caso contrario c'era il fuoco di fila della giustizia militare: sotto il plotone d'esecuzione e con l'onta del "disonore", 750 uomini, per la maggior parte giovani soldati semplici, sono stati fucilati dopo un processo sommario, basato su un codice risalente a metà '800.
Come hanno ricostruito gli storici, era il generale Cadorna ad autorizzare e incoraggiare le esecuzioni, come utile esempio per le truppe, per crimini militari come la diserzione, il tradimento o la viltà di fronte al nemico. La Stato, nel centenario del prima guerra mondiale, ha l'occasione di riabilitare la memoria di quegli uomini, con un processo con le garanzie dello stato di diritto.
Questo prevede una proposta di legge presentata alla Camera da un gruppo di deputati del Pd, che intende restituire il rango di caduti per la Patria ai soldati morti sotto il fuoco amico. In totale i militari processati durante il conflitto furono 262.481, cui si aggiungono 61.927 civili e 1.119 prigionieri di guerra; 4.028 processi si conclusero con la condanna capitale e le sentenze eseguite furono appunto 750.