Grecia oggi al voto. Europa col fiato sospeso
Fine degli appelli, degli slogan, delle minacce: i greci votano oggi per decidere se dire sì o no ad aiuti in cambio di altra austerità o forse, come dicono i sostenitori del «sì», se continuare il loro cammino nella moneta unica. Gli occhi dell'Europa e dell'intero mondo sono ora su Atene: in ballo non c'è solo il futuro della Grecia, ma anche la tenuta dell'euro e forse dell'intera Ue. I seggi chiuderanno alle 18 italiane ma i primi risultati indicativi si sapranno attorno alle 20, in quanto non ci saranno «exit poll».
È stata una vigilia referendaria drammatica in un Paese diviso, anche se per i turisti in giro nel caldo sabato ateniese tutto è sembrato in ordine, dal Partenone alle spiagge e alle taverne affollate. Un popolo greco sul quale, in queste ore, pesa soprattutto la vicenda delle banche elleniche che in assenza di un intervento domani della Bce, avranno problemi di liquidità a partire da martedì. E sui greci grava anche un'altra incognita: quella di un prelievo forzoso «alla cipriota» previsto dal Financial Times (30% sui depositi di oltre 8.000 euro), ma smentito seccamente sia dal ministro delle Finanze Yanis Varoufakis, sia dalla presidente dell'Unione delle banche elleniche Loukas Katseli, che ha parlato di un «piano inesistente, anche a livello di ipotesi», ma ha confermato il pericolo-liquidità da martedì in poi. Elementi che potrebbero influire sul voto, naturalmente.
[[{"type":"media","view_mode":"media_original","fid":"481761","attributes":{"alt":"","class":"media-image","height":"1060","width":"1040"}}]]
E proprio Varoufakis è stato uno dei protagonisti di una giornata di tensione con parole di fuoco: «Quello che i creditori stanno facendo con la Grecia ha un nome solo: terrorismo», ha detto in un'intervista a El Mundo. «Quello che posso dire è che tutto quello che sta accadendo in Grecia in questi giorni lo avevano preparato fin dall'inizio, che già 5 mesi fa era pronto un piano per farla finita con un governo che non accettava di farsi ricattare "dall'establishment" europeo». Nella lunga intervista il ministro ha ribadito la sua convinzione che se vincerà il «no» il primo ministro Alexis Tsipras si recherà domani a Bruxelles, firmerà un accordo - «non fantastico ma migliore di quello proposto - e «martedì riapriranno le banche».
«Questa Europa - ha poi detto Varoufakis - non ama la democrazia. Se ci avessero concesso una piccola estensione al programma di aiuti avremmo svolto il referendum con le banche aperte, invece ci hanno costretto a chiuderle. E perché lo hanno fatto? Per instillare la paura nella gente. Questo fenomeno si chiama terrorismo. Però io confido che la paura non vincerà».
Di diverso avviso l'ex premier Antonis Samaras per il quale la vittoria del «sì» serve ad avviare il riscatto del popolo greco. Il leader di Nea Dimokratia attacca: «Il governo ha convocato un referendum per respingere un pacchetto di austerità che lui stesso aveva già approvato. Il "no" taglierebbe tutti i ponti con l'Europa. Il "sì" ci fa restare nella Ue e mantiene prospettive aperte per il Paese, e servirà a sanare in poco tempo l'enorme danno fatto da Syriza negli ultimi cinque mesi».
E dalla Germania si fa sentire anche il ministro delle finanze Wolfgang Schaeuble, che non esclude un'uscita di Atene dall'euro in seguito al voto, ma aggiunge: «Una cosa è certa, non abbandoneremo il popolo greco». E Renzi aggiunge: «Gli italiani non devono avere paura» della crisi greca.
[[{"type":"media","view_mode":"media_original","fid":"481766","attributes":{"alt":"","class":"media-image","height":"1060","width":"1035"}}]]