Cene di Renzi pagate dal Comune La Corte dei conti ora verifica
La procura della Corte dei conti della Toscana aprirà un fascicolo sul contenuto dell’intervista rilasciata da un ristoratore fiorentino a Il Fatto Quotidiano e pubblicata sotto il titolo: «Renzi era sempre qui, fatturavo al Comune».
Parlando degli anni in cui l’attuale premier era sindaco di Firenze, il ristoratore afferma, tra l’altro: «Sa quante tavolate, feste, pranzi e cene di lavoro qui dentro? Un’infinità. E poi si mandava la fattura direttamente in Comune».
L’apertura dell’istruttoria sul contenuto dell’intervista, è stato spiegato in ambienti della magistratura contabile toscana, è una atto dovuto, anche per valutare quanto le affermazioni contenute nell’articolo siano circostanziate.
Fonti vicine al premier hanno spiegato, «come già fatto a più riprese in passato, che le spese di rappresentanza sostenute negli anni in cui l’attuale premier era presidente della Provincia e sindaco di Firenze non solo sono documentate al dettaglio, ma sono state già analizzate, nel corso degli anni, da diversi livelli di controllo. Tali spese sono state assunte per finalità istituzionali in piena conformità alle leggi e ai regolamenti e, in base alla normativa vigente, inserite nel bilanci consuntivo annuale e inviate ogni anno alla corte dei Conti».
Gli accertamenti della Corte dei conti toscana riguarderanno il periodo in cui Renzi è stato sindaco di Firenze, dal 2009 al 2014. Con ogni probabilità, i magistrati inizieranno chiedendo documentazione al Comune.
«Travolto» dal clamore mediatico, il giorno dopo la pubblicazione dell’intervista, il ristoratore fiorentino ha preferito non tornare sull’argomento. «Non rispondo, non parlo con nessuno, non dico proprio nulla - si è limitato a dire a chi lo ha contatto - È tutto il giorno che squilla questo telefono. Lasciatemi lavorare, per favore, lasciatemi in pace».
Non è il primo procedimento su Renzi avviato dalla Corte dei conti toscana. Fra gli ultimi, uno si è chiuso nel febbraio scorso, quando, ribaltando la condanna inflitta a Renzi in primo grado, in appello i giudici contabili lo hanno assolto dall’accusa di aver provocato un danno erariale di 14 mila euro per l’inquadramento contrattuale e, quindi, i compensi di quattro nuovi assunti nel suo staff, quando era presidente della Provincia, dal 2004 al 2009.
Un altro procedimento è tuttora in corso: Renzi, insieme ad altre sette persone, è a giudizio con l’accusa di aver provocato un danno erariale con la nomina di quattro direttori generali, sempre quando era presidente della Provincia di Firenze.
Frattanto, il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Genova Roberta Bossi ha disposto un supplemento di indagini a carico di Tiziano Renzi, padre del premier, indagato per bancarotta fraudolenta nel procedimento per il fallimento della Chil post, società di marketing e promozione, avvenuto il 7 febbraio nel 2013, dopo che lo stesso Tiziano Renzi l’aveva ceduta nel 2010 a Antonello Gambelli e Mariano Massone.
Il pm Marco Airoldi aveva chiesto l’archiviazione, dal momento che non sarebbe emerso alcun elemento per far ritenere che Tiziano Renzi avesse avuto una regia anche dopo la cessione, nonostante i dubbi sui suoi datati rapporti d’affari con Massone.
Secondo il gip genovese, «le risultanze investigative forniscono dati in apparente contrasto con la conclusione cui è pervenuta la pubblica accusa». Per questo «si rende necessario un supplemento di indagine volto ad acclarare i rapporti contrattuali intercorsi tra il gruppo Tnt e le società Chil Post srl e Chil promozioni srl».
«Si tratta di accertamenti che non daranno sorprese, essendo tutto documentabile e privo di ogni rilievo di carattere penale», ha detto l’avvocato Federico Bagattini, difensore di Tiziano Renzi.
Il padre del premier era stato accusato di una bancarotta fraudolenta per 1,3 milioni di euro a seguito del fallimento della Chil. Il curatore fallimentare aveva ravvisato alcuni passaggi sospetti nella cessione di rami d’azienda ‘sanì alla Eventi 6, società intestata alla moglie di Tiziano Renzi, Laura Bovoli, per poco più di tremila euro, cifra non ritenuta congrua. Prima della cessione della società, Matteo Renzi, insieme alle sorelle, ne era stato amministratore e dal 1999 al 2004 era stato anche dipendente della Chil spa.
Quando l’attuale capo del governo venne eletto presidente della Provincia di Firenze (2004), aveva avuto il distacco dall’azienda dopo averne ceduto il 40% delle quote e continuò a percepire i contributi lavorativi per nove anni.
C’è un passaggio, nel fallimento, che secondo il gip va approfondito: il rapporto tra la società Tnt con la Chil Post prima e la Eventi 6 (società della moglie di Tiziano Renzi) a cui Renzi aveva ceduto per poco più di 3000 euro un ramo della Chil. Nello specifico, nel 2009 la Chil post aveva un fatturato di circa 4 milioni e mezzo di euro di cui 3 milioni e mezzo arrivavano da un unico cliente, la Tnt.
L’anno dopo, e subito prima della cessione del ramo d’azienda «sano» alla moglie e di quello ormai svuotato (Chil post) ad Antonello Gabelli e Gianfranco Massone, la Chil dimezza i ricavi e il contributo della Tnt passa a 845 mila euro. Al momento della cessione, invece, la Tnt sparisce dal portafoglio clienti della Chil e si assiste invece a un aumento del fatturato della società della moglie di Tiziano Renzi con servizi per la Tnt.
Tra l’altro, nel corso delle indagini viene trovato un documento, un accordo transattivo tra la Tnt e la Chil Post in cui il loro rapporto verrebbe sciolto anticipatamente. Si chiede il gip se la Eventi 6 avesse preso il cliente ‘buonò della Chil non attraverso un passaggio diretto, ma dei suoi settori; ma soprattutto, nonostante il padre di Renzi avesse formalmente ceduto la società, se egli non avesse manovrato le operazioni. Il gip ha dato 30 giorni di tempo per approfondire questo aspetto.
Sulla Chil post si è mossa anche la Corte dei conti della Toscana, che indaga per danno erariale, per accertare se un prestito ottenuto nel 2009 è stato regolare sul piano delle garanzie fideiussorie offerte da Fidi Toscana, la finanziaria della Regione, alla Chil.
L’azienda ottenne circa 700 mila euro dalla Banca di credito cooperativo di Pontassieve. Il dirigente incaricato dall’istituto bancario di curare la «pratica Chil» era Marco Lotti, padre del braccio destro del premier, Luca.
Alla fine Fidi Toscana riesce a coprire l’80% del prestito richiesto grazie alle agevolazioni per l’imprenditoria femminile: l’intero capitale della società, nel 2009, era intestato alla madre e alle sorelle del premier.