Orrore Isis: donna lapidata a Raqqa dal figlio jihadista
Lapidata a morte dal figlio jihadista: è il crimine denunciato da attivisti di Raqqa, la città nel nord della Siria controllata dall’Isis e quasi costantemente sotto il fuoco dei bombardamenti aerei russi e della coalizione guidata dagli Stati Uniti.
L’informazione non può essere verificata in maniera indipendente sul terreno, ma la denuncia arriva dal gruppo «Raqqa viene massacrata in silenzio», che negli ultimi mesi ha acquisito ampia visibilità nei media occidentali anche perchè l’Isis ha ucciso in poche settimane alcuni dei suoi membri fuori e dentro la Siria.
Secondo il gruppo, Lina Qassem, 35 anni, è stata giustiziata nel centro cittadino di fronte alla sede degli uffici postali dal primogenito ventenne Ali. Il luogo non è casuale: la donna era impiegata alle poste.
Inizialmente si era detto che la donna era stata uccisa perché riconosciuta colpevole di spiare per conto della coalizione anti-Isis a guida Usa. Successivamente, gli attivisti hanno riferito che l’accusa formale è di apostasia, di aver rinnegato l’Islam.
Racconti la cui autenticità è impossibile da verificare parlano di una «furiosa discussione» tra la donna e il figlio, con la madre che avrebbe chiesto al ragazzo di lasciare l’Isis accusando il movimento jihadista di non seguire il vero Islam. Potrebbe essere questo il motivo per cui la donna è stata considerata apostata.
Altre fonti affermano che è stata uccisa perchè alawita, la branca dello sciismo a cui appartengono i clan al potere in Siria da circa mezzo secolo. Secondo questa versione, Lina Qassem non era originaria di Raqqa - città a maggioranza sunnita - bensì veniva da Jabla, roccaforte alawita sulla costa mediterranea.