Profughi, Human Rights Watch denuncia l'Australia: irrispettosa
Il mancato rispetto da parte dell'Australia degli standard internazionali per la protezione dei richiedenti asilo "ha un costo umano devastante" e ne ha danneggiato la reputazione. Lo sostiene Human Rights Watch (Hrw) nel 2016 World Report, presentato ieri a Istanbul. L'organizzazione internazionale per i diritti umani riconosce che l'Australia ha un "solido" sistema di protezione dei diritti civili e politici, robuste istituzioni e libertà di stampa. Descrive tuttavia la politica verso i richiedenti asilo come basata su "abusi".
E sostiene la necessità di un suo serio ripensamento e di "misure per ripristinare la reputazione internazionale di paese rispettoso dei diritti".
La politica di controllo dei confini adottata dal governo conservatore di Canberra, prevede la detenzione a tempo indefinito dei richiedenti asilo intercettati in mare, inclusi i minori, in remoti centri costruiti nel territorio australiano di Christmas Island nell'Oceano Indiano, nel minuscolo stato-isola di Nauru e nell'Isola di Manus in Papua Nuova Guinea, nel Pacifico.
Il sistema ha ricevuto dure critiche nel 2015 da parte di ispettori delle Nazioni Unite, di Amnesty International, di governi stranieri, di inchieste finanziate dal governo e del parlamento federale.
"Nonostante le proteste internazionali l'Australia ha fatto poco per redimere la sua reputazione nel 2015", sostiene il rapporto, che in particolare denuncia i casi ripetuti di respingimenti di barconi di richiedenti asilo e la segretezza sul regime di detenzione. Hrw osserva che i centri di detenzione di Nauru e Manus Island sono interdetti ai giornalisti e ai gruppi per i diritti umani, e che i whistleblower che rivelano abusi o comportamenti criminali al loro interno, sono passibili di pene fino a due anni di carcere. Su scala globale, Hrw sostiene che la diffusione di attacchi terroristici e i forti flussi di profughi attraverso i confini hanno indotto molti governi "a reprimere i diritti nello sforzo fuorviato di proteggere la sicurezza".
Allo stesso tempo governi autoritari, per timore del dissenso pacifico alimentato e amplificato dai social media, si sono imbarcati nella più intensa repressione di gruppi indipendenti.