L'anniversario di Capaci «Più liberi grazie a Falcone»

È il 23 maggio 1992: Giovanni Falcone, il giudice simbolo della lotta alla mafia, sta viaggiando in auto sulla strada che conduce da Punta Raisi a Palermo. Con lui ci sono la moglie, Francesca Morvillo, e gli agenti della scorta.

Nei pressi di capaci, 500 chili di tritolo collocati in un piccolo tunnel sotto la carreggiata, esplodono quando passa il corteo di auto. Muoiono, insieme a Falcone e alla moglie, tre agenti della scorta: Paolo Capuzza, Gaspare Cervello e Angelo Corbo.

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MATTARELLA: LA STRAGE AVVIÒ UNA RISCOSSA MORALE

«Il 23 maggio è una data incancellabile per gli italiani. La memoria della strage di Capaci - a cui seguì la barbarie di via D’Amelio in una rapida quanto disumana sequela criminale - è iscritta con tratti forti nella storia della Repubblica e fa parte del nostro stesso senso civico. Un assassinio, a un tempo, che ha segnato la morte di valorosi servitori dello Stato, e l’avvio di una riscossa morale, l’apertura di un nuovo orizzonte di impegno grazie a ciò che si è mosso nel Paese a partire da Palermo e dalla Sicilia, grazie alla risposta di uomini delle istituzioni, grazie al protagonismo di associazioni, di giovani, di appassionati educatori e testimoni.
In questa giornata altamente simbolica desidero esprimere la mia vicinanza e la mia gratitudine a tutti voi presenti nell’aula bunker, a chi non si è mai scoraggiato nella battaglia contro le mafie, contro l’illegalità e contro la corruzione, a chi lo ha fatto a costo di sacrificio personale e a chi ha compreso il valore della cultura della legalità, che vive anzitutto nell’agire quotidiano». Così il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in un messaggio inviato a Maria Falcone, presidente della Fondazione Giovanni e Francesca Falcone.
«Ringrazio, in particolare, Maria Falcone, dalla cui passione è scaturita una grande energia positiva, che contribuisce a sostenere reti di cittadinanza attiva e prosciugare così quel retroterra in cui la criminalità e il malaffare cercano di piantare le proprie radici», aggiunge il capo dello Stato.

«Quest’anno ricorre il trentesimo anniversario del maxiprocesso ai vertici di Cosa Nostra, frutto di un lavoro di qualità, intelligenza, impegno straordinari, di cui Giovanni Falcone e Paolo Borsellino furono artefici essenziali. L’evidenza giudiziaria della mafia, e le numerose condanne sancite nelle sentenze, travolsero antiche omertà e ipocriti opportunismi, offrendo allo Stato e alla comprensione degli italiani quanto esplicito e intollerabile fosse l’attacco alla democrazia e alla convivenza. Il maxiprocesso - sottolinea - fu una pietra angolare, premessa anche di quella mobilitazione delle coscienze che si manifestò dopo gli assassini di Falcone, di Borsellino, di Francesca Morvillo, degli uomini e delle donne delle scorte, Rocco Dicillo, Vito Schifani, Antonio Montinaro, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Agostino Catalano.
Il maxiprocesso ha dimostrato come lo Stato sappia reagire. Come gli anticorpi della mafia siano presenti nelle istituzioni e agiscano grazie all’opera di magistrati e di uomini delle forze dell’ordine. Il 23 maggio dello scorso anno, insieme a molti di voi, ho ascoltato alcune letture di studenti palermitani. Una di queste era una citazione di Giovanni Falcone: ‘la mafia non è affatto invincibile. Si può vincere non pretendendo l’eroismo da inermi cittadini, ma impegnando in questa battaglia tutte le forze migliori delle istituzionì. È questo il nostro obiettivo. Per realizzarlo occorre che la società sia viva, che la scuola aiuti a formare giovani cittadini attivi e responsabili, che la cultura sia un patrimonio accessibile e offra opportunità a tutti, che lo sviluppo economico riduca e allarghi la forbice delle diseguaglianze e delle ingiustizie sociali. Il vostro impegno di oggi - conclude Mattarella - è una garanzia che questo percorso di riscossa contro le mafie proseguirà. Con questo spirito vi rivolgo il mio più cordiale saluto e augurio».

RENZI: PIÙ LIBERI GRAZIE A LUI

«Oggi è un giorno per la storia di questo Paese che ricorda la terribile strage di Capaci, il mio primo pensiero va a Falcone, alla moglie, alla scorta, alle loro famiglie. Quello è stato uno dei momenti in cui ho deciso di fare giurisprudenza e se questo Paese è un po’ più forte e un po’ più libero lo deve pure a Falcone e Borsellino, nella loro memoria noi continuiamo il loro lavoro» nella lotta alla mafia.
Lo afferma a Radio 105 il premier Matteo Renzi.

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