Renzi: «Non oltre due mandati per chi fa il premier»
Le riforme come conditio sine qua non per la sfida dell'Italia all'austerity, in un'Europa dove avanzano quei partiti populisti che anche in Italia incassano voti. E' questo il filo rosso che unisce i tanti argomenti che il premier Matteo Renzi tocca a La Repubblica delle Idee, in un dialogo con Eugenio Scalfari che, in un finale tutto su referendum costituzionale e legge elettorale, vede il capo del governo ammettere di "non essere innamorato dell'Italicum" e annunciare di essere "pronto a firmare una proposta di legge" che, con il nuovo impianto istituzionale vigente, limiti a due i mandati del premier.
Concetti che Renzi sottolinea replicando a Scalfari che annuncia il suo 'no' alle riforme se non cambierà la legge elettorale e ribadendo come, con la vittoria del no in autunno "l'Italia diventa ingovernabile e in Europa non ci fila più nessuno". E l'Italicum? Forse, dal dialogo a RepIdee esce meno blindato di qualche mese fa. "Avrei preferito il Mattarellum con strumenti per garantire la vittoria" ammette Renzi osservando come il sì ad ottobre sarà tuttavia un sì ad una riforma costituzionale che "dura 30 anni" quando una "legge elettorale dura molto meno". L'Italicum, spiega ancora, è stato il frutto di una discussione tra più forze politiche ma, al momento, è l'unica legge che può garantire la vittoria stabile di "un partito senza partitini accanto" laddove con il proporzionale "un governo dura quanto un gatto in autostrada". E sul punto dei 'nominati' (i capolista bloccati) il premier osserva come, "rispetto al passato e alla precedente legge elettorale siano molto meno".
Le riforme, per Renzi, sono anche la base indispensabile per una battaglia che l'Italia, da agosto 2016 (quando, il 30, ci sarà il bilaterale con Angela Merkel) a marzo 2017 (quando Roma ospiterà le celebrazioni del 60/o anniversario dei Trattati Ue) si impegna a fare per "cambiare il paradigma Ue: più investimenti e meno austerity". Una battaglia alla quale l'Italia deve presentarsi più credibile che mai e sulla scia di un pacchetto di riforme ormai completato, osserva Renzi soffermandosi, invece, sulle difficoltà dell'Europa di oggi. Se avanzano i populismi "è anche perché l'Ue non funziona, perché talvolta ci si occupa più di banche e finanze che di disoccupazione", spiega il capo del governo secondo il quale, un'eventuale Brexit (sul quale si dice scettico in merito ai sondaggi che girano Oltremanica) sarà "un disastro per gli inglesi ma, nel medio e lungo periodo per l'Ue e l'Italia non sarà un dramma".
E Renzi, parlando di immigrazione, non risparmia una frecciata a Salvini ("dice aiutiamo i migranti a casa loro ma si vergogni di quanto fece la Lega in Tanzania") prima di affrontare un'analisi delle Comunali. "Il M5S nasce antieuropeo", premette il premier reputando "profondamente sbagliata una lettura nazionale dei dati locali" e garantendo la lealtà del governo a chiunque vincerà. Ma, se a Roma vincerà Virginia Raggi "è un problema dei romani. Se volete affidare la città a chi dice no" a cose come Olimpiadi e metro C, "votate chi volete", scandisce il premier negando che il voto a Roma sia anche "un giudizio sul Pd". In chiave nazionale, per il premier, i 5 Stelle oggi invece non reggerebbero: "In un ballottaggio oggi ci sarebbero Pd e centrodestra". E a Scalfari che gli disegna un futuro governo a 5 Stelle con Italicum e riforme costituzionali in vigore il premier risponde: "se vince Grillo è perché ha preso un voto più di noi ma se siamo bravi vinciamo perché siamo più credibili". Parole con cui Renzi torna a difendere, almeno nel breve periodo, l'Italicum. Con una postilla: se in autunno vincerà il no "il punto non è che vado a casa" ma che torneranno "inciuci e ingovernabilità".