La madre migrante salvata dal mare ha partorito sulla nave della Marina
Alle 21 di ieri, a bordo di nave Bettica, unità della Marina militare inserita nel dispositivo nazionale di sorveglianza marittima «Mare sicuro», è nata la piccola Manuela, figlia di una donna camerunense soccorsa nella giornata di ieri da un gommone in difficoltà.
Durante le fasi del parto mamma e bambina, che sono in ottime condizioni di salute, hanno ricevuto le cure di un pediatra e un'ostetrica (da cui la bambina ha preso il nome) della Fondazione Francesca Rava Nph Italia-Onlus presenti su nave Bettica e dall’infermiere di bordo.
Questo, dopo il fiocco «azzurro» per la nascita di Francois Manuel lo scorso 27 giugno, è il secondo lieto evento a bordo di nave Bettica, questa volta «rosa» per la nascita di Manuela.
Nave Bettica ha appena iniziato il suo viaggio verso il Porto di Reggio Calabria con a bordo 977 migranti e la neoarrivata, dove arriverà nel pomeriggio di oggi.
Nel corso della giornata di ieri le navi della Marina militare Bettica, Aviere e Margottini, inserite nel dispositivo «Mare sicuro», e la corvetta Driade, in attività di vigilanza pesca, hanno condotto 19 eventi di ricerca e soccorso recuperando oltre 2000 migranti.
Il pattugliatore Bettica arriverà nel pomeriggio di oggi a Reggio Calabria con a bordo 977 migranti e la piccola Manuela.
La corvetta Driade arriverà in tarda mattinata a Pozzallo con a bordo 491 migranti.
Frattanto, il presidente di Amnesty International Italia, Antonio Marchesi, stamattina è stato sentito dalla commissione bicamerale Schengen nell’ambito dell’indagine sul fenomeno migratorio.
«Nel giugno del 2015 - ha spiegato - l’Unhcr aveva individuato oltre un milione di rifugiati particolarmente vulnerabili, con bisogni di reinsediamento urgenti. Nel maggio 2016, solo 6.321 persone erano state reinsediate negli stati membri dell’Ue: in altre parole, il blocco politico più ricco del mondo ha fornito reinsediamento per meno dell’1% delle persone che ne avevano bisogno urgente».
Marchesi ha ricordato anche il recente rapporto sulla situazione dei diritti umani in Libia, tra i paesi prioritari indicati nella proposta della Commissione europea. «Le testimonianze raccolte nei centri d’accoglienza di Puglia e Sicilia - ha detto - confermano la dimensione degli abusi che migranti e rifugiati subiscono, sia nel percorso verso la Libia si all’interno del paese.
I testimoni hanno raccontato, con particolari agghiaccianti, l’orrore che sono stati costretti a subire: rapimenti, detenzione in carceri sotterranee per mesi, violenza sessuale, pestaggi, sfruttamento, uccisioni. Da un lato l’illegalità diffusa ha reso possibile un redditizio traffico di esseri umani, dall’altro una parte significativa delle persone intervistate ha riferito di episodi di violenza da parte della guardia costiera e nei centri di detenzione della Libia».
Infine, la «critica» all’accordo tra Unione europea e Turchia, «che è il modello seguito nella nuova impostazione generale dell’Ue, nel quale il linguaggio retorico non riesce a nascondere il fatto oggettivo che la Turchia non è un Paese sicuro per i migranti e i rifugiati e che ogni procedura di ritorno verso la Turchia è per definizione arbitraria e illegale a prescindere da qualsiasi fantomatica garanzia. Recentemente la Commissione ha rivendicato i risultati che l’accordo con la Turchia starebbe dando.
I risultati per Amnesty International - ha concluso Marchesi - sono i seguenti: migliaia di persone bloccate in condizioni disastrose in Grecia e numerosi rifugiati rispediti a forza in Siria dal confine della Turchia. Risultati sì, ma di cui non essere orgogliosi».