«Isis prima o poi colpirà l'Italia»
L'allarme lanciato dal capo della polizia
«Lo dico in maniera molto cruda: prima o poi anche noi un prezzo lo dovremo pagare. Ci auguriamo sia quanto più contenuto possibile», ma «noi dentro a quella minaccia ci siamo. Le indagini, spesso successive ai rimpatri, hanno dimostrato che buona parte delle persone fermate nel nostro Paese perché considerate vicine all'Isis stava realmente per compiere attentati e fare morti. Questo, però, non deve toglierci la nostra libertà. Saremmo sconfitti solo se ci lasciassimo condizionare nella nostra quotidianità». Lo afferma il capo della polizia, Franco Gabrielli ( nella foto ), in due interviste in apertura di prima pagina al Giornale e a Qn.
Il fatto che l'Italia non sia ancora stata toccata direttamente dal terrorismo di matrice islamista «è il frutto di diversi fattori. Oltre all'ottimo lavoro di prevenzione, il punto è che non abbiamo sacche gravi di marginalizzazione e che noi i sospetti terroristi li espelliamo subito», dice Gabrielli. «La verità è che se la smettessimo di giudicarci più coglioni degli altri, scopriremmo che in molti casi siamo migliori». In merito alla radicalizzazione in Rete, «sarebbe sbagliato limitare l'uso del web, mentre è giusto indagarlo con squadre e strumenti speciali. È quel che facciamo quotidianamente». A suo giudizio è poi «importante riaprire i Cie in numero sufficiente e in ogni regione. Si arriverà a una permanenza di un massimo di un anno in presenza di motivi di sicurezza pubblica».
Sui rimpatri dei migranti che fanno ricorso per la negazione del diritto d'asilo, «la normativa europea prevede almeno un grado di giudizio, il nostro sistema giudiziario ne presuppone tre. Intendiamo fermarci al primo».