Iraq, i curdi votano l’indipendenza Baghdad minaccia azioni militari
Giornata storica per i curdi iracheni: oggi hanno votato per chiedere l’indipendenza dal resto dell’Iraq, malgrado la netta opposizione di Baghdad.
Il responsabile del dipartimento della polizia di Kirkuk in Iraq ha annunciato che il governatore della regione ha imposto il coprifuoco notturno subito dopo la chiusura dei seggi per il referendum consultivo sull’indipendenza dei curdi. Sarhad Qader ha aggiunto che tale misura si è resa necessaria per «proteggere i civili e le comunità» presenti in città.
Qader ha aggiunto che il coprifuoco durerà fino alle 6 del mattino di domani.
Domani si avrann i primi risultati ufficiali del referendum. Si prevede una valanga di sì. Il voto non è vincolante e non è previsto che porterà all'indipendenza, almeno non in tempi medio brevi. Ad ogni modo la chiamata alle urne è stata salutata dai leader curdi come un fatto storico.
Oggi il parlamento iracheno ha approvato una serie di misura in risposta alla decisione della regione autonoma del Kurdistan. Secondo la tv panaraba al Arabiya, l’assemblea legislativa di Baghdad ha, tra l’altro, approvato il dispiegamento delle truppe federali in tutti i territori controllati dalle milizie curde dal 2013-14. Tra queste zone c’è anche l’area contesa di Kirkuk, ricca di petrolio.
Gran parte della comunità internazionale si è detta contraria al referendum sull’indipendenza curda, che si svolge oggi. Ma su posizioni scettiche sono anche parte dei curdi.
Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha ribadito oggi la ferma opposizione della Turchia, dicendosi pronto, se necessario, a fare intervenire il suo esercito. La Turchia teme un effetto domino, visto che a sua volta deve fare i conti con le aspirazionid ella minoranza curda. Il resto del Kurdistan si estende in Iran e in Siria.
E anche Teheran ha manifestato la sua contrarietà al referendum, come del resto gli Usa.
L’unico Paese che si è dichiarato favorevole è Israele.
Si stima che siano circa 30 milioni i curdi che abitano una regione per lo più montagnosa di circa mezzo milione di chilometri quadrati.
La popolazione del Kurdistan iracheno è di circa 5 milioni. Tra i 12 e i 15 milioni vivono in Turchia, 6 milioni in Iran e oltre 2 milioni in Siria.
Già durante il regime di Saddam Hussein il Kurdistan iracheno godeva a partire dal 1991 di una sostanziale autonomia, grazie a una no fly zone istituita da Usa, Gran Bretagna e Francia.
Ma nel 2005, dopo la caduta di Saddam, l’autonomia è stata riconosciuta ufficialmente nella nuova Costituzione federale.
I due partiti che tradizionalmente si sono spartiti il potere - e il controllo delle milizie Peshmerga - sono il Partito democratico del Kurdistan (Pdk) legato alla famiglia Barzani, che controlla il capoluogo Erbil, e l’Unione patriottica del Kurdistan (Upk) legato al clan dei Talabani, di cui fa parte anche il presidente della Repubblica irachena, Fuad Massum. I due schieramenti si sono combattuti in una guerra civile negli anni ‘90 che ha provocato migliaia di morti.
Il più convinto sostenitore del referendum è stato il presidente della regione autonoma Massud Barzani. Più prudente, ma sostanzialmente favorevole alla consultazione, l’Upk.
Decisamente contraria la terza forza emersa a partire dal 2009, il Movimento del Cambiamento (Gorran), per il quale l’obiettivo primario, al momento, è una autentica democratizzazione della regione, a partire dall’elezione di un nuovo presidente.