Per i laureati vita più lunga E gli italiani non si curano più
Prendere la laurea fa "guadagnare" tre anni di vita rispetto a chi si ferma alla scuola dell'obbligo. Il livello culturale incide, dunque, sulla qualità della salute. Ma questa viene influenzata anche dalla crisi economica: il 7,8% degli italiani, ovvero 5 milioni di cittadini, pur avendone bisogno, ha detto "no" a una o più visite specialistiche o a trattamenti terapeutici per mancanza di soldi. È questa la fotografia scattata dal rapporto "L'Italia per l'equità nella Salute" realizzato dall'Istituto nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti e il contrasto delle malattie della povertà (Inmp), dall'Istituto superiore di sanità, dall'Agenas e dall'Aifa, su indicazione del Ministero della Salute, presentato oggi nella sede dell'Inmp.
I maschi che hanno al massimo la licenza media inferiore hanno un anno e mezzo di vita in meno rispetto a quelli con la maturità, i quali a loro volta hanno uno svantaggio di un altro anno e mezzo a confronto con i laureati. Tra le donne le disuguaglianze sono meno pronunciate: tra obbligo e laurea c'è un anno e tre mesi di differenza nell'aspettativa di vita.
A parità di età, molti degli stili di vita scorretti sono in genere più frequenti tra i meno istruiti. Solo il 13% delle persone con alta istruzione fuma, percentuale che sale al 22% tra coloro che hanno frequentato al massimo la scuola dell'obbligo. Il 7% di chi ha un titolo di studio elevato è obeso e il 52% è sedentario, contro il 14% e il 72% rispettivamente tra i meno istruiti. Se al Sud si muore di più per malattie del sistema circolatorio, nelle regioni del Nord c'è un eccesso di mortalità prematura per tumori maligni (in particolare, nel Nord-Ovest, tumori al polmone). Ed ancora: il 9,6% degli italiani è in condizioni abitative difficili, per sovraffollamento (27,8%, quasi il doppio della media europea) e per la presenza di problemi strutturali.
Il disagio per l'inadeguatezza dell'abitazione, aumentato in modo netto con la crisi, avverte il rapporto, «è un indizio importante di povertà e presenta rischi diretti per la salute». Questo è «il primo rapporto fatto in Italia che ha uno studio scientifico, voluto da me, sulle disuguaglianze nel Paese - ha commentato il ministro della Salute Beatrice Lorenzin -. Abbiamo proposto una serie di iniziative che dovrebbero essere fatte dalle Regioni con proposte concrete per eliminare le liste d'attesa. Queste sono un tema di disuguaglianza sociale in alcuni territori».
L'Italia, ha aggiunto, «è prima nel mondo per qualità dei servizi sanitari, ma questo non può non farci vedere le disuguaglianze che ci sono. E' un impegno etico e sociale non far precipitare nella povertà chi ha una prospettiva di vita dignitosa e non lasciare un capitale umano alla strada». Ed il rischio povertà per un numero sempre maggiore di persone è dimostrato pure da un altro dato: gli italiani che hanno chiesto aiuto per le loro cure sanitarie all'Inmp sono aumentati del 37% dal 2007 a oggi, come ha sottolineato il direttore generale dell'Istituto Concetta Mirisola. Dal 2007 a oggi, ha avvertito, «il numero degli italiani che fanno ricorso all'ambulatorio Inmp è passato dal 6% al 43%, ed i nuovi poveri sono i pensionati, quelli che hanno perso il lavoro e anche i giovani. Bisogna aiutare attraverso facilitazioni l'accesso alle cure».