Il marito di Cecile Kyenge candidato con la Lega «Matrimonio finito»
«Ribadisco e tutelo la sua libertà di candidarsi con chi desidera», «non c’è nessuna novità, salvo il fatto che si stia finalmente avvicinando la data dell’udienza davanti al giudice per la fine del nostro matrimonio; udienza da me richiesta ormai mesi addietro».
Così l’eurodeputata del Pd Cecile Kyenge commenta in una nota le dichiarazioni del consorte, Domenico Grispino, fatte ieri sera alla Zanzara su Radio 24 in cui confermava di aver firmato nel weekend ai banchetti della Lega a favore di Matteo Salvini e in cui ha preannunciato la sua candidatura in lista con il Carroccio alle prossime comunali di Castelfranco Emilia (Modena).
«Comprendo lo sgomento di tutti, compreso quello dei militanti della stessa Lega», scrive Kyenge. Con la fine del matrimonio, sottolinea, «ho cercato da tempo di mettere un punto finale all’episodica ed indecorosa esibizione delle questioni familiari, e posso capire le fibrillazioni della vigilia dell’udienza stessa».
«Le questioni politiche che mi vedono impegnata da anni, e nelle quali intende legittimamente impegnarsi pure mio marito, devono essere tenute al di fuori della cerchia familiare», sottolinea Kyenge.
Nel fine settimana, mentre l’eurodeputata dem era sul territorio emiliano-romagnolo per incontri su Europa, diritti e lavoro, il marito - quasi ex a questo punto - era in piazza a firmare con la Lega in appoggio a Matteo Salvini.
«L’ho fatto perché mi hanno chiesto di entrare in lista a Castelfranco Emilia, sono persone perbene e gli ho detto di sì. Darò il mio contributo tecnico», aveva detto ieri sera Grispino a Radio24, commentando anche il caso Diciotti - «è evidente che Salvini lo stia facendo per svegliare l’Europa», dunque «sta facendo bene» - e il ruolo del ministro dell’Interno per la politica italiana - «Non l’ho mai ritenuto una persona disumana, ritengo che sia una macchina da guerra per raccogliere consensi». Alle prossime Europee, ha detto ancora, «non so ancora cosa voterò, ma non voterò Pd».
Un’intervista diventata virale, considerando che il rapporto di Cecile Kyenge con la Lega non è mai stato idilliaco e anzi è finito spesso in tribunale. Nemmeno un mese fa Roberto Calderoli è stato condannato in primo grado a un anno e sei mesi dal tribunale di Bergamo, con aggravante razziale, per aver dato dell’orango all’ex ministro del governo Letta, nel luglio 2013 a una festa del Carroccio. La stessa Kyenge è invece tuttora imputata a Piacenza con l’accusa di diffamazione per aver definito «razzista» il partito di Matteo Salvini.