Taranto, «Noi vogliamo vivere» corteo contro l'inquinamento Ilva
Mobilitazione con il corteo ambientalista «Noi vogliamo vivere», oggi, a Taranto, per ribadire, nel nome della salute pubblica, la cessazione dell'attività e la conversione dell'impianto metallurgico Ilva accusato di provocare malattie e decessi fra gli abitanti della città.
Quando il corteo è passato davanti all'Ilva alcune persone dei circa mille manifestanti hanno lanciato sassi e bottiglie di vetro vuote contro i poliziotti che presidiano la zona, senza colpirli.
Un'azione che è stata stigmatizzata da altri partecipanti alla marcia organizzata da cittadini e movimenti.
Secondo i manifestanti, "la provocazione è quella del governo che viene a Taranto con 5 ministri e pensa di prenderci in giro. Basta, si raccontano bugie. Non ci fidiamo dei ministri".
"Questa - ha detto dal megafono uno dei promotori - è una città che risponde, che non molla di fronte a tutto e a tutti. Devono capire che l'impianto va chiuso". "La maledetta politica - ha aggiunto - la mantiene accesa a dispetto delle leggi dello stato italiano". Davanti allo stabilimento si sono alternati gli interventi dei portavoce delle associazioni.
Un attivista ha precisato che "oggi non è neanche l'inizio di quello che vogliamo fare. Solo bloccando la produzione avremo soddisfazione. Con l'iniziativa di oggi richiamiamo l'attenzione. Dobbiamo essere in tanti. È ora che si programmi anche una settimana di manifestazioni come abbiamo fatto agli inizi degli anni Ottanta contro le centrali nucleari".
La mobilitazione odierna, cui aderisce anche il movimento Fridays for Future, avviene sulla scorta di una serie di parole d'ordine rilanciate durante la manifestazione.
“Abbiamo imparato a nostre spese - dicono i promotori - che in questa città è in atto un vero e proprio genocidio; l’avvelenamento dei fumi e delle polveri determina la mutazione genetica del DNA che provoca malattie mortali fin dalla nascita, oltre ai danni collaterali causati dai metalli pesanti che si insinuano nei nostri corpi. Tutto questo per salvaguardare gli interessi di un’industria che adesso evidenzia i propri limiti bloccando ogni tipo di sviluppo alternativo.”
“Per fermare questa macchina mortale è necessario attuare una forma di welfare sostenibile che includa diritti universali, piani di lavoro alternativi, bonifiche dei territori avvelenati, costruzione di modelli sociali inclusivi e non esclusivi, riqualificazione dei quartieri abbandonati, sanità pubblica e gratuita per chi soffre di patologie legate all’inquinamento e tutela delle specificità del territorio, salvaguardando arte e cultura.”
“Per questo scendiamo in piazza, e lo facciamo chiedendo il supporto di ogni realtà nazionale vicina al nostro dramma, per dimostrare che la questione ILVA non è relegata soltanto al territorio tarantino, ma rappresenta quel tipo di modello di sviluppo sbagliato, da combattere ad ogni costo.”