Renzi alla Leopolda lancia il suo «Italia Viva» con la Boschi ed è scontro con Conte
Matteo Renzi e i «pionieri» della Leopolda di Firenze ripartono alla conquista della scena politica. Con la presentazione all’americana del logo votato online, una V che sembra un gabbiano su sfondo fucsia, parte ufficialmente l’avventura di Italia Viva del fu Rottamatore, in un tripudio di musica e luci dell’ex stazione ferroviaria piena di gente. E nel mirino finiscono subito gli ex compagni di strada del Pd: «Stanno diventando il partito delle tasse», attacca Maria Elena Boschi.
Italia Viva, invece, sarà il partito del «no alle tasse e alle tessere», si vantano i fondatori fieri di avere un leader forte come Matteo Renzi, che si prende la tessera n.1.
In attesa di misurarsi nelle urne, con sondaggi che per ora la danno tra il 3 e il 5%, la formazione nata dalla scissione di metà settembre parte dal suo capo. «Saremo un partito non del leader, ma con un leader - arringa Ettore Rosato, coordinatore nazionale Iv -. E un partito con un leader non piace a chi il leader non ce l’ha».
«Non so se c’è un leader - si schermisce Renzi -, so che c’è una squadra che farà dell’Italia un posto più bello». Ottimismo, concretezza, sguardo al futuro e unità sono tra i capisaldi di Italia Viva. «Saremo il primo partito de-correntizzato», assicura ancora Renzi.
Gennaro Migliore, passato negli ultimi anni da Rifondazione al Pd e ora a Italia Viva, presenta la Carta dei Valori di Iv a cui ha lavorato: Costituzione, garantismo, libertà di informazione e ambiente alcuni dei pilastri. Rosato invece anticipa l’articolo uno dello Statuto, ancora da scrivere: «Qui siamo tutti amici, si lavora insieme, questa è una grande squadra». E le iscrizioni saranno solo online, contro i «signori delle tessere». Quanto al simbolo, la ‘V’ con le ali da gabbiano, sovrastante il nome del partito bicolore e una sorta di sole nascente fucsia, ha vinto con oltre il 63% dei consensi.
Nata Iv, ora la sfida è farla crescere. Nel Paese, ripetono i dirigenti, ma intanto in Parlamento. «Ci saranno nuovi arrivi in settimana» nella pattuglia renziana, garantisce il capogruppo al Senato Davide Faraone. «Ho scelto di aderire a Italia Viva perchè nel Pd non c’era ascolto», annuncia l’ex ministro Maria Carmela Lanzetta. Crescere innanzitutto a spese dei dem, mentre il lavoro al centro, tra i transfughi di Forza Italia e i delusi di altre forze moderate, potrebbe richieder più tempo.
E così ecco la cannonata di Boschi sugli ex compagni. «Il Pd sta diventando il partito delle tasse - dice la capogruppo Iv alla Camera -, noi invece le abbiamo sempre abbassate e vogliamo evitare che aumentino». «Una scivolata infelice», commenta il ministro dem Francesco Boccia. Più duro l’ex renziano Emanuele Fiano. «Se dovete distruggere per esistere, il viaggio sul Titanic è appena cominciato», dice rivolto agli scissionisti.
«Ci vuole rispetto e lealtà - rincara il senatore Pd Franco Mirabelli -. Nessuno di noi si sognerebbe di definire Iv il partito delle banche. Chi se ne è andato spieghi le proprie proposte in positivo invece di “sputare dove ha mangiato”».
La partita si incrocia con quella del governo e della maggioranza, in cui Pd e Iv sono alleati, ma sempre più ai ferri corti. In arrivo emendamenti contro Quota 100 e i «micro-balzelli», come li chiamano i renziani. Intanto Renzi con il varo della sua nave sogna in grande e avvisa anche il campione delle ultime elezioni e dei sondaggi, Matteo Salvini: «Non ci fai paura, la nostra casa è a prova di ruspa».
Immediate le reazioni: «Bisogna fare squadra, chi non la pensa così è fuori dal governo». È dall’Umbria che si appresta a tornare al voto che il premier Giuseppe Conte, dopo giorni di polemiche e attacchi alla manovra, sceglie di alzare la voce. Lo fa deragliando dalla sua usuale narrazione, ponendo un nettissimo aut-aut non solo a Matteo Renzi ma anche chi, proprio sulla manovra, ha messo in campo le barricate: Luigi Di Maio. Un ultimatum che sembra in asse con il Pd: «Ci dicano se è cambiato qualcosa, se la fiducia è venuta meno lo si dica», mette in chiaro Andrea Orlando nel giorno in cui anche da Confindustria arriva un appello all’unità.
Nel giorno della Leopolda e della piazza di Matteo Salvini, Conte decide di porre il suo stop: il continuo cannoneggiamento è deleterio per questo esecutivo, è il senso del messaggio del capo del governo. Un messaggio duro, almeno nella forma, tanto che, poco dopo, Palazzo Chigi smussa le parole del premier: «Conte non ha fatto riferimento a singoli ministri o forze politiche, ha fatto un discorso più generale». Prevedibile, anche se mancano conferme ufficiali, che le parole del premier abbiano innescato una girandola di telefonate, almeno dei rispettivi staff. Anche perchè è facile che la stoccata di Conte abbia fatto andare su tutte le furie il leader M5S. Anche se dal blog pentastellato si cerca di abbassare i toni, caldeggiando unità e assicurando fiducia nel premier.
Nel merito, tuttavia, Conte tira dritto: non annuncia ancora alcun vertice di maggioranza, come richiesto dal Movimento, e avverte che la manovra è stata approvata e quindi non tornerà in Consiglio dei ministri.
Se i contatti tra Conte e Di Maio per ora erano assenti, in queste ore, l’asse creatosi sembra più quello tra il Pd e il premier. Non a caso, prima di Conte, è il vice segretario Dem Andrea Orlando a porre il suo aut aut: Iv e M5S «se non ci sono più le ragioni per una scommessa, ce lo dicano», spiega l’ex ministro che aleggia anche l’ipotesi di elezioni. E il concetto sembra trovare in perfetta linea Conte. Questi attacchi, da qualsiasi parte provengano, non fanno bene al Paese, è il ragionamento che si fa a Palazzo Chigi, dove c’è una consapevolezza: se cade questo governo si torna al voto. Ed è una consapevolezza che si aggancia a quello che, nel 2018, fece intendere il presidente Sergio Mattarella: a seguito del voto del 4 marzo c’erano due maggioranze percorribili; una volta percorse non restano che le urne.
È attorno a questo concetto che Pd, M5S e, almeno per ora, Iv, sono chiamati a ritrovare una quadra. Dall’altro parte, infatti, c’è una piazza della Lega e del centrodestra che attacca, urla, chiede incessantemente il ritorno alle elezioni.
E a Salvini Conte replica per le rime. Abbiamo le mani sporche di sangue? «Queste sono stupidaggini, io ho difeso il nome dell’Italia in Ue rispetto ad una propaganda che ci stava facendo male», sottolinea Conte difendendo, nel corso del suo mini-tour a Eurochocolate, la manovra. «Che io sia contro il popolo delle partite Iva è una fesseria, io ho firmato il provvedimento che prevede l’aliquota del 15% fino a 65mila e, con le risorse del piano anti-evasione puntiamo a ridurre fino a 100mila», rimarca il capo del governo in una giornata in cui Confindustria chiede avverte: «se la manovra peggiora meglio andare a casa». Ma la manovra non cambia, assicura, in perfetto asse con Conte, il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri.
Conte in Umbria tornerà giovedì e a Perugia, oggi, si fa vedere al fianco del candidato Pd-M5S Vincenzo Bianconi. Anche perchè, nell’alleanza giallo-rossa Conte ci crede. «È un esperimento interessante» ammette chiarendo però che le Regionali non sono un test del governo -, spiega il premier, avvertendo, al tempo stesso, i potenziali alleati: - il mio programma di governo è esplicito, io non cerco voti».