Bologna, per giudici quella del 2 agosto 1980 fu una strage di Stato
«Il dilemma se la strage alla stazione di Bologna sia stata una strage ‘comunè o una strage ‘politicà non esiste. Non esiste in radice, perché si è trattato di una strage politica, o, più esattamente di una strage di Stato».
Ad un anno dalla condanna dell’ex Nar Gilberto Cavallini come ‘quarto uomò della strage del 2 agosto 1980, che fece 85 morti e oltre 200 feriti, le motivazioni di quella sentenza, scritte dal presidente della Corte d’Assise Michele Leoni, aggiungono altri tasselli alla ricerca della completa verità sulla storia ‘infinità dell’attentato alla stazione di Bologna, il più sanguinoso della storia del Dopoguerra italiano.
Cavallini è colpevole «anche nella sola ipotesi ‘minimalè del contributo logistico e agevolatore dato dall’ospitalità da lui concessa al duo Mambro-Fioravanti», che insieme a Ciavardini sono già stati ritenuti responsabili, in via definitiva, dell’attentato.
Per il giudice «il fatto che a 37 anni di distanza l’imputazione per la strage di Bologna sia di nuovo ‘implosà in un’ottica minimalista e ‘spontaneistà che riconduce tutto alla dimensione autarchica di quattro amici al bar che volevano cambiare il mondo (con le bombe, ma anche con il solito corteo di coperture e depistaggi) lascia perplessi, anche perché non si sa attraverso quale percorso istruttorio e/o processuale si sia approdati a ciò». Una lettura, questa, che va a braccetto con l’impostazione portata avanti dalla Procura generale di Bologna nel chiedere il rinvio a giudizio, come quinto esecutore della strage, dell’ex Avanguardia nazionale Paolo Bellini, e che vede non solo i Nar, ma tutta la destra eversiva dell’epoca, legata ai Servizi, impegnata in un’opera di destabilizzazione dell’ordine democratico. Cavallini, si legge nelle 2.118 pagine di una sentenza-trattato, «era tutt’altro che uno ‘spontaneistà confinato in una cellula terroristica autonoma», scrive la Corte. E ancora: «Risulta chiaro che, con i suoi ‘collegamentì, era pienamente consapevole dei disegni eversivi che coinvolgevano il terrorismo e le istituzioni deviate». Dalle motivazioni, che smontano gli alibi degli ex Nar definendoli «illogici», «contraddittori», «paradossali», emerge anche una dura critica all’impostazione della Procura di Bologna proprio legata all’inserzione del termine ‘spontaneistà nel capo d’imputazione, che per Leoni ha «funzionato come clausola di sbarramento per una pronuncia di colpevolezza di Cavallini per strage politica o di Stato».
La sentenza, smonta anche il giallo dell’86/a vittima, sbandierato dalla difesa dell’imputato dopo che la perizia sui resti di Maria Fresu, una delle vittime della strage, ha dimostrato che i tre Dna repertati dopo la riesumazione non appartengono alla 24enne di Montespertoli (Firenze). «L’unica spiegazione razionalmente formulabile è che la Fresu sia stata altresì investita da massicci crolli di strutture - scrive la Corte - con l’effetto che il suo corpo sia stato smembrato e frammentato in maniera tale da non rendere più assimilabili i suoi resti, che possono essere andati a finire in contenitori residuali, poi dispersi».
Infine, sintomatico che la vicenda della strage sia destinata a tenere ancora impegnati gli uffici giudiziari, è il fatto che la Corte indichi ai pm di perseguire una serie di reati emersi nel processo, dalla falsa testimonianza alla calunnia, dei quali sarebbero responsabili, tra gli altri, Fioravanti, Ciavardini, l’ex compagna di Cavallini Flavia Sbrojavacca, il generale Mario Mori e Vincenzo Vinciguerra.