Ale Pacher è in pensione: "Continuerò a fare lo psicologo. Il sogno? Un viaggio negli Usa"
Alberto Pacher risponde mentre si trova in Maranza a portare a spasso il cane. Come il più classico dei pensionati. Dal 17 dicembre scorso, infatti, è uno di loro. L’ex sindaco di Trento ed ex vicepresidente e poi presidente della Provincia è andato in pensione, a 64 anni, dall’Azienda sanitaria, dove dopo la lunga parentesi politica era rientrato all’attività di psicologo/psicoterapeuta.
Alberto Pacher, non ci dica che ora passa le giornate a passeggio con il cane. Che progetti ha per gli anni della pensione?
Non è nemmeno un mese che sono in pensione ed è coinciso con zone rosse e arancioni, lockdown, chiusure in casa. Mi sento ancora come in ferie. Il 17 dicembre è stato il mio primo giorno di pensione. Lavoravo in Azienda sanitaria in psicologia clinica area adulti e al consultorio. Con la pensione sai che si apre una nuova fase della vita, ma si lascia anche un lavoro che piace. Ero un po’ combattuto. Comunque ora vedremo, magari qualcosina farò.
Come psicologo? O sta pensando alla politica?
Come psicologo, penso alla libera professione. Comunque sono impegnato come presidente di Sos Villaggio del fanciullo e faccio parte del Cda del Muse. Diciamo che non ho il problema di non sapere cosa fare. E mi piace molto questa condizione di avere tempi diversi.
Di cosa si occupava ultimamente in Azienda sanitaria?
Seguivo soprattutto ragazze e ragazzi, dai 15 ai 30 anni. Prima dello “stacco” - non breve - per l’attività politica, per 15 anni mi sono occupato di tossicodipendenze. È un lavoro bellissimo.
Che differenza ha visto tra i ragazzi che seguiva al Sert negli anni ‘80 e quelli che ha incontrato dopo il suo rientro al lavoro dalla fine del 2013?
La differenza che ho notato chiaramente è che oggi tra i giovani il disturbo più diffuso è quello narcisistico di inadeguatezza, il senso di inadeguatezza. Fanno fatica a trovare la loro strada, non si sentono all’altezza, c’è grande insicurezza e incertezza sulle proprie passioni e orientamenti. Sia nei maschi che nelle ragazze. Tanti anni fa, al di là della tossicodipendenza, quello che si vedeva erano quadri di depressione basati sul senso di colpa, oggi sono basati sul senso di inadeguatezza. Le situazioni di crisi si vedono nei momenti di passaggio, alla fine delle superiori o dell’università.
Come se lo spiega?
Ci sono tanti motivi. Da un lato perché ci sono meno vincoli etici e morali. La psicoanalisi direbbe il “super io”, le leggi morali. Quindi il senso di colpa è molto attenuato. Dall’altra c’è una offerta enorme di possibilità, si può fare dal banconiere del supermercato all’influencer, e questo crea disorientamento. C’è poi la propensione a un pensiero superficiale, correlata all’uso intenso dei social, con un flusso continuo di informazioni, ma poco sedimenta. Questo non aiuta a consolidare processi interni. La cosa rarissima in Italia è che in Trentino c’è un servizio pubblico che offre la psicoterapia con il ticket di 39 euro si può fare un ciclo intero di colloqui. Questo ha molto democratizzato la psicoterapia avvicinando molte persone che non l’avrebbero fatto. È molto importante così come il consultorio che fa una funzione di prevenzione fondamentale.
Prima il lungo periodo dell’impegno politico, poi il lavoro, ha qualche desiderio che vorrebbe realizzare negli anni della pensione?
Con alcuni amici da tempo abbiamo in mente di fare un viaggio coast to coast negli Stati Uniti. Questo viaggio e altri sono il mio sogno, Covid permettendo. E adesso che non c’è più Trump è un’altra America. Speriamo che ora vada liscia fino alla fine e che non faccia altre cretinate, perché è disturbatissimo quell’uomo.
Da psicologo come lo definirebbe?
Direi che è un caso patologico. Ha un narcisismo di tipo infantile che non ho mai visto in un adulto, soprattutto con un ruolo del genere.
Di politica italiana vogliamo parlare?
Quello che spero è che non facciano la cretinata di fare una crisi di governo in questo momento perché sarebbe una cosa pazzesca.