Stop all'export di armi da guerra in Arabia Saudita. Polemica sulle relazioni di Renzi con il regime di Riad
Dopo anni di proteste dell’associazionismo civile, oggi è arrivato dal governo lo stop italiano alla vendita di armi da guerra all’Arabia saudita e agli Emirati Arabi Uniti..
Armi, missili e bombe, che vengono utilizzate dal regime dittatoriale di Riad per i bombardamenti aerei anche sui civili, nella sanguinosa guerra in atto nello Yemen.
La vicenda si riverbera anche sulla crisi di governo, visti i rapporti che il leader di Italia Viva e già premier, Matteo Renzi, ha con l’Arabia Saudita, dove nei giorni scorsi, nel mezzo della crisi politica, è tornato per tenere una conferenza e incontrare il principe Mohammad bin Salman.
L’evento aveva scatenato reazioni indignate e proteste, come era successo durante il governo Renzi, per le iniziative che di “collaborazione” Roma-Riad.
Come noto, il principe saudita è accusato di essere il mandante dell’omicidio, avvenuto in Turchia, del giornalista critico Jamal Kashoggi.
Le critiche a Renzi sono state rivolte sia alla scelta di far visita al principe sia alle frasi pronunciate nel dialogo con il medesimo, al summit Future Investment Iniziative (il colloquio è stato diffuso in un video), per esempio: «L’Arabia Saudita è la culla del nuovo Rinascimento».
Renzi, nel colloquio, ha anche espresso grande ammirazione per il basso costo del lavoro in Arabia Saudita, Paese che notoriamente per le mansioni più umili utilizza manodopera straniera trattata in modo indecente.
Sull’ex sindaco di Firenze sono piovute critiche anche da esponenti della politica, del giornalismo oltre che dell’attivismo sociale.
Ma lui si difende: «L’Italia si sta giocando il futuro. La crisi deve decidere del Recovery plan, vaccini, scuole. Chi ha idee porta le idee al tavolo, chi non ne ha usa i diversivi, l’aggressione personale, la simpatia, il carattere», dice in un video pubblicato sui social.
«Il diversivo di oggi è la conferenza internazionale a Riad. Prendo l’impegno di discutere con tutti i giornalisti in conferenza stampa dei miei incarichi internazionali, delle mie idee sull’Arabia saudita, di tutto. Ma lo facciamo la settimana dopo la fine della crisi di governo. Adesso è del futuro dell’Italia non del futuro dei sauditi che stiamo discutendo».
Dunque, chiusa (per ora) la parentesi Renzi, per tornare al blocco dell’export di armi, va rilevata la reazione entusiastica di molte associazioni.
«Le nostre organizzazioni Amnesty International Italia, Comitato Riconversione RWM per la pace ed il lavoro sostenibile, Fondazione Finanza Etica, Medici Senza Frontiere, Movimento dei Focolari, Oxfam Italia, Rete Italiana Pace e Disarmo, Save the Children Italia insieme ai partner internazionali European Center for Constitutional and Human Rights e Mwatana for Human Rights - si afferma in una nota congiunta - esprimono grande soddisfazione per questo risultato, da loro fortemente richiesto, che diventa operativo in queste ore, una decisione che pone fine, una volta per tutte, alla possibilità che migliaia di ordigni fabbricati in Italia possano colpire strutture civili, causare vittime tra la popolazione o possano contribuire a peggiorare la già grave situazione umanitaria nel Paese.
Un atto che, soprattutto - concludono le ong -, permette all’Italia di essere più autorevole sul piano diplomatico nella richiesta di una soluzione politica al conflitto».
Tra le guerre in cui è stato accertato l’uso di armi italiane, anche quella in atto nello Yemen, rilevano le ong, ricordando al governo «la necessità di proseguire il sostegno all’azione umanitaria coordinata dalle Nazioni Unite confermando ed aumentando il contributo finanziario dell’Italia al Piano di risposta umanitario ONU».
In conclusione, le 10 ong ringraziano il Parlamento ed esprimono soddisfazione «per la rapidità e la fermezza con cui il governo ha dato seguito a questo atto di indirizzo».
A sua volta la Rete pace e disarmo esprime soddisfazione per «una decisione che pone fine alla possibilità che migliaia di ordigni fabbricati in Italia possano colpire strutture civili, causare vittime tra la popolazione o possano contribuire a peggiorare la già grave situazione umanitaria nel Paese. Un atto che, soprattutto, permette all’Italia di essere più autorevole sul piano diplomatico nella richiesta di una soluzione politica al conflitto».
La ong ringrazia quindi «i membri del Parlamento ed in particolare della Commissione Esteri della Camera che hanno dedicato attenzione a questo tema, proponendo ed approvando un’importante Risoluzione nel dicembre 2020 che ha impegnato in primo luogo l’esecutivo a prorogare la sospensione all’export di armamenti verso i due Paesi della Penisola arabica. Esprimiamo inoltre soddisfazione per la rapidità e la fermezza con cui il governo ha dato seguito a questo atto di indirizzo, orientandosi non solo verso la proroga della sospensione disposta nel luglio 2019 ma revocando anche le precedenti licenze come proposto dall’atto parlamentare».
E il ministro degli Esteri Luigi Di Maio parla della revoca delle autorizzazioni in corso per l’esportazione di missili e bombe d’aereo verso l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti come di un «atto che ritenevamo doveroso, un chiaro messaggio di pace che arriva dal nostro Paese. Il rispetto dei diritti umani è un impegno per noi inderogabile. Continuiamo a lavorare seguendo la strada maestra».
Dalla Sardegna esprime preoccupazioni il sindacato: «Con quello che sembra il definitivo stop alle licenze di esportazione per bombe verso l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti, dopo la sospensione di 18 mesi decretata dal governo, si fa sempre più critica la situazione lavorativa dei circa 200 operatori, tra diretti e indiretti, della fabbrica Rwm di Domusnovas, nel Sulcis Iglesiente», fa sapere la Cgil. Alla Rwm Italia Spa, industria con sede legale a Ghedi (Brescia) e di proprietà del gruppo tedesco Rheinmetall, la produzione di armi è praticamente ferma. I 90 lavoratori diretti sono in cassa integrazione, mentre erano già stati tagliati altri 80 posti di contratti a termine non rinnovati a fine estate 2020.
«Rispettiamo sempre le decisioni di tipo governativo, oltrettutto basate anche su questioni etiche ma mi pare che si continuino ad affrontare i problemi a metà - dice il segretario Filctem-Cgil del territorio Emanuele Madeddu - e chiediamo a chi governa quali sono le scelte che vengono messe in campo per tuteleare il lavoro e i lavoratori».
Intanto, mentre un Comitato spontaneo continua a chiede la riconversione della fabbrica, sul tavolo del Mise giace una proposta presentata a dicembre dalle delegazioni sarde di Donne Ambiente Sardegna e Sardegna Pulita, con Wilpf Italia - Women’s International League for Peace and Freedom con la quale si propone di realizzare a Domusnovas un Centro Caseario regionale al posto della fabbrica di ordigni bellici della Rwm.
Per tornare al fronte politico, il leader di Azione, Carlo Calenda su Twitter lancia una serie di post sul tema della conferenza di Renzi in Arabia Saudita.«Solo qualche giorno fa avevo ricordato con orgoglio il coraggio di Renzi a San Pietroburgo nel ricordare a Putin i diritti delle minoranze e i valori democratici. Ritengo che per quanto si possa essere su fronti opposti non si debbano mai disconoscere i meriti oggettivi. E tuttavia con la stessa nettezza voglio dire che ritengo inaccettabile che un senatore della repubblica pagato dai cittadini vada in giro per il mondo a fare il testimonial di regimi autocratici dietro pagamento di lauti compensi».
Lo scrive il leader di Azione, Carlo Calenda su Twitter dove lancia una serie di post sul tema della conferenza di Matteo Renzi in Arabia Saudita.
«Prendere soldi da governi di Paesi stranieri mentre eserciti ancora un’attività politica è inaccettabile. E sono per primi i liberali a doverlo dire con nettezza. Si tratta di una cosa semplicemente immorale e pericolosa» scrive ancora il leader di Iv che conclude: «con che credibilità Renzi potrebbe in futuro ricoprire il ruolo di Ministro degli Esteri o sedere nel Copasir o influenzare la politica estera dopo aver preso soldi personalmente dall’Arabia Saudita?»
Duro anche il coordinatore dei Verdi, Angelo Bonelli: «Renzi a Riad con il discusso principe saudita Bin Salman ha parlato di Rinascimento in relazione ai progetti che la Future invenstment iniziative attraverso le società di riferimento come Neom e The Read Sea Development vogliono realizzare: cosa c’entra il Rinascimento con la realizzazione sulle coste del Mar rosso in un’area marina protetta e incontaminata di 22 resort su 22 isole, di un aeroporto da 1 milione di passeggeri l’anno e della costruzione di una città, che si chiamerà The Line, da oltre 1 milione di abitanti lunga 172 km voluta dalla società Neom di cui è presidente del consiglio di amministrazione il principe saudita Bin Salman?.
Sia The Read Sea Development e Neom - prosegue - fanno parte del fondo sovrano dell’Arabia Saudita Pif (pubblic investment fund) che in modo legittimo ma non condivisibile, stanno realizzando progetti di grande trasformazione e di aggressione alle risorse naturali con una grande operazione comunicativa di green washing. Chi protesta in Arabia Saudita viene arrestato, i dissidenti muoiono in carcere, e perseguitati come nel caso Loujain al-Hatloul attivista per i diritti delle donne condannata a 5 anni o fatti a pezzi come nel caso del giornalista Jamal Kashoggi del Washington Post.
La democrazia, la difesa dell’ambiente e dei diritti umani dovrebbero essere il faro di politici illuminati che hanno a cuore il futuro del nostro pianeta, domani - conclude l’esponente dei Verdi - presenteremo un dossier sui progetti impattanti sull’ambiente che i fondi sovrani controllati dal regno dell’Arabia Saudita vogliono realizzare e che il senatore Matteo Renzi dovrebbe smettere di sostenere», conclude l’esponente dei Verdi.