Cerimonia della Festa della Repubblica, i discorsi di Ianeselli e Fugatti a Trento
Alla cerimonia in piazza Duomo, presente anche una rappresentanza degli operatori sanitari impegnati nella lotta al covid; un saluto al prefetto Lombardi, che a breve lascerà la città per altro incarico
TRENTO. Si è tenuta questa mattina a Trento la solenne cerimonia per la ricorrenza del 75° anniversario della fondazione della Repubblica italiana, con la partecipazione del sindaco di Trento, Franco Ianeselli, del commissario del Governo per la Provincia autonoma di Trento, Sandro Lombardi e del presidente della Provincia autonoma di Trento, Maurizio Fugatti, presenti tutte le autorità civili, religiose e militari. Una cerimonia che si è aperta con le note dell’Inno di Mameli, l’alza bandiera dalla Torre Civica e con la lettura del messaggio del Capo dello Stato, Sergio Mattarella, alla quale hanno partecipato anche i rappresentanti degli operatori sanitari che hanno lottato in questi mesi contro il virus.
La ricorrenza è stata celebrata anche a Riva del Garda ed in altri Comuni del Trentino. Cerimonie si sono terranno anche a Rovereto nel Prato sottostante le mura del Castello oggi alle ore 18, con un concerto della banda roveretana Musica Cittadina "Riccardo Zandonai".
Il sindaco di Trento ha incentrato il suo intervento sui valori della Resistenza e dell’Autonomia: «Oggi celebriamo la festa della Repubblica nata il 2 giugno 1946. Per anni questo anniversario è stato trascurato, ricordato in tono minore, come se in fondo si trattasse di festeggiare una data inessenziale delle nostra storia. In verità il 2 giugno di 75 anni fa accadde qualcosa di straordinario ed inedito, che aprì la strada a un rinnovamento politico, istituzionale e sociale inimmaginabile fino a pochi anni prima. Potremmo dire che il 2 giugno è la festa nazionale che più d'ogni altra celebra la capacità di cambiamento di un Paese che allora era in ginocchio e in macerie, con la dinastia dei Savoia ancora al Quirinale e le incognite di una transizione pericolosa in cui l'incertezza politica si mescolava alla dilagante miseria sociale.
Il 2 giugno fu dunque un tornante storico decisivo: l'Italia passò dalla monarchia alla Repubblica, da Paese fascista si trasformò in una nazione democratica; gli italiani smisero di essere sudditi del re e diventarono cittadini; le donne, che durante il fascismo erano state chiamate a donare le fedi nuziali e anche i figli al duce, votarono per la prima volta; dopo i lunghi anni di un regime che reprimeva ogni voce dissenziente, si tornò al pluralismo politico, che trovò espressione nelle diverse sensibilità rappresentate dalle donne e dagli uomini eletti nella Costituente. Se il fascismo e il nazismo avevano rappresentato la fine dell'umanità, gli italiani con la loro straordinaria partecipazione al voto dimostrarono che dalla guerra poteva e doveva nascere un mondo nuovo, anche solo per dare un senso ai tanti lutti e alle rovine di cui era disseminata l'Italia.
Credo che mai come oggi dobbiamo fare tesoro della lezione del 2 giugno e tornare a costruire il cambiamento insieme, rivitalizzando i luoghi del confronto democratico, le assemblee rappresentative, ma anche i partiti e l'associazionismo. La ripartenza e lo stesso rinnovamento dell'Italia previsto dal piano nazionale di ripresa e resilienza non possono decollare senza il coinvolgimento dei cittadini, senza il dibattito e anche la critica, indispensabili per indirizzare e accompagnare l'attuazione di progetti e riforme.
Nel "Sistema periodico" Primo Levi descrive la Resistenza come il riappropriarsi del diritto di parola. "Uscirono dall'ombra uomini che il fascismo non aveva piegati, avvocati, professori ed operai, e riconoscemmo in loro i nostri maestri (...) Il fascismo li aveva ridotti al silenzio per vent'anni, e ci spiegarono che il fascismo non era soltanto un malgoverno buffonesco e improvvido, ma il negatore della giustizia; non aveva soltanto trascinato l'Italia in una guerra ingiusta ed infausta, ma era sorto e si era consolidato come custode di una legalità e di un ordine detestabili, fondati sulla costrizione di chi lavora, sul profitto incontrollato di chi sfrutta il lavoro altrui, sul silenzio imposto a chi pensa e non vuole essere servo, sulla menzogna sistematica e calcolata".
Se il fascismo aveva bisogno di silenzio e di menzogne, di menefreghismo e indifferenza, oggi festeggiare la nascita della nostra Repubblica significa anche ribadire il nostro diritto-dovere alla partecipazione e all'interesse per la cosa pubblica. E, naturalmente, questa festa altamente simbolica serve anche a ricordarci quali sono i rami da cui discendiamo, a prendere atto certo di un passato che talvolta ci ha divisi, ma a far prevalere gli elementi che ci tengono uniti e le ragioni del nostro stare insieme. La più importante di tutti è la consapevolezza che oltre il perimetro democratico, al di fuori di quel sistema di principi e di garanzie fissati dai padri costituenti, non ci possono essere né giustizia né libertà e, in fondo, come ci insegnano i martiri dell'antifascismo, neppure una vita degna di essere vissuta.
Pochi giorni fa il presidente Sergio Mattarella ha definito la nostra Repubblica "un formidabile strumento di civiltà" e insieme "un cantiere" tuttora attivo, a cui tutti i cittadini sono chiamati a dare il proprio contributo. Sentiamoci dunque maestranze della nostra democrazia, eredi e custodi di quell'opera che donne e uomini della Resistenza prima e poi della Costituente hanno immaginato pensando alle generazioni future» ha concluso Franco Ianeselli.
Il presidente della Provincia, Maurizio Fugatti, ha invece proposto un intervento molto incentrato sul Trentino, evitando di parlare di fascismo e di Resistenza: «Il Trentino ce l’ha fatta dopo la tragedia della seconda guerra mondiale e ce la farà anche questa volta. L’Autonomia trentina ha nelle radici della sua storia e nella sua vocazione popolare le capacità per uscire dalla pandemia e guardare al futuro».
«75 anni fa, anche il Trentino disse chiaramente sì alla Repubblica – ha esordito Fugatti – e lo fece con una grande partecipazione popolare. Il sì in Trentino ottenne l’85% dei voti a fronte del 54% che si manifestò a livello nazionale e due donne trentine, sulle 21 presenti, entrarono, inoltre, nell’assemblea costituente, Elisabetta Conci di Trento e Maria de Unterrichter della Val di Sole e questo fu un elemento importante per la nostra Autonomia. Un’Autonomia riconosciuta dalla Costituzione che ha radici profonde, scolpite nel DNA dei nostri territori e delle nostre popolazioni.
«Se il 2 giugno del 1946 è stato un momento di ripartenza e di ricostruzione dopo la devastazione della guerra anche oggi abbiamo davanti un momento di speranza per ripartire dopo la tragica crisi in cui ci ha portato la pandemia. Tutti dobbiamo sentirci impegnati per questo obiettivo. Lo dobbiamo fare per chi in questi mesi ha sofferto di più, come i giovani o le donne che sono state particolarmente colpite dalla crisi economica e lo dobbiamo fare in ricordo delle persone anziane che ci hanno lasciato, proprio coloro che hanno costruito la Repubblica e la nostra Autonomia speciale. L’auspicio è che proprio questa giornata possa rappresentare l’inizio della ripartenza»,
Infine, il presidente ha voluto ringraziare il Commissario del Governo, Sandro Lombardi, che nei prossimi mesi lascerà il Trentino, per la grande collaborazione offerta in questi anni.«Un uomo dello Stato – ha detto Fugatti – molto rispettoso della nostra Autonomia».