Riforma delle pensioni: cosa bolle in pentola, dall’Ape allargata alla «staffetta generazionale» e spunta "quota 102"
All’esame del Governo le misure della Manovra, si discute anche della proposta del presidente dell’Inps e Draghi vuole «svecchiare» il mondo del lavoro
ROMA. La revisione del reddito di cittadinanza, la riforma degli ammortizzatori sociali, quella del fisco, col taglio del cuneo, e infine un intervento sulle pensioni.
La partita della Manovra si gioca sul difficile equilibrio fra le richieste dei partiti. Martedì dovrebbe esserci il momento della verità. Per quel giorno è atteso un consiglio dei ministri che si occuperà di Manovra, anche per definire il Documento programmatico di bilancio da inviare a Bruxelles. Prima della riunione del governo, con ogni probabilità ci sarà una cabina di regia.
Fra gli argomenti all’esame del Governo, il capitolo Quota 100, che scade a fine anno. Malgrado la Lega ne chieda il rinnovo, il governo è al lavoro per definirne le sorti. Una delle ipotesi è quella di sostituirla con l'Ape «contributiva».
In pratica, come proposto del presidente dell'Inps Pasquale Tridico, le persone di 63 o 64 anni potrebbero andare in pensione anticipata (invece che a 67 anni di età), con la sola quota contributiva maturata alla data della richiesta, per poi avere la pensione completa (con la parte retributiva) al raggiungimento dell'età di anzianità.
Per i pensionati, in questo caso, vorrebbe dire poter andare a riposo prima, ma con 3 o 4 anni di pensione «ridotta».
La differenza sostanziale sarebbe la quota di assegno che arriverebbe in tasca ed il metodo di calcolo applicato: in pratica, si tratterebbe di un anticipo pensione della sola quota contributiva maturata dal lavoratore. L’eventuale parte retributiva, sempre che sia stata maturata, sarebbe invece liquidata successivamente, ossia al momento del raggiungimento del requisito pieno per la pensione di vecchiaia, dunque tre-quattro anni dopo, una volta compiuti i 67 anni. Non è tutto: ulteriore requisito per l’APE Contributiva sarebbe quello di aver maturato al momento della richiesta anche una quota contributiva di pensione di importo pari o superiore a 1,2 volte l’assegno sociale.
La prestazione sarebbe cumulabile con un minimo di redditi da lavoro dipendente e autonomo. L’APE Contributiva sarebbe invece incompatibile con trattamenti pensionistici diretti o sussidi per il sostegno al reddito, compreso il Reddito di Cittadinanza, l’APE Sociale e la pensione di altri istituti di categoria (come ad esempio del Commercio, o dei profesisonisti).
Una delle proposte di mediazione delll'ultima ora sarebbe invece quella di Quota 102, transitoria per due anni, per gestire il 'dopo Quota 100' evitando di tornare di colpo allo scalone della legge Fornero.
Ci sono però altre misure allo studio: il Governo Draghi nel PNRR vuole infatti «svecchiare» il mondo del lavoro, facilitando l’accesso di giovani al posto dei lavoratori che hanno più di 60 anni. Una delle ipotesi proposte è anche quella del 2X1: le aziende che mettono in pensione anticipata un dipendente che abbia almeno 62 anni e 35 anni di contributi versati, sarebbero obbligate ad assumete due giovani (probabilmente sotto i 35 anni di età). In cambio, lo Stato concederebbe una «Ape sociale» ai pensionati: i loro contributi fino ai 67 anni di età verrebbero sostenuti in parte dall’azienda e in parte dallo Stato.
Il nodo, come sempre, è quello della disponibilità finanziaria: le diverse ipotesi hanno tutte dei costi, che nel bilancio dello Stato graverebbero in misura divers.
La nuova formula di pensione anticipata si potrebbe associare a formule di staffetta generazionale o part-time, così da rendere la misure meno costosa. La misura richiederebbe 450 milioni nel 2022, 935 milioni nel 2023 e 1,1 miliardi nel 2024 e nel 2025.