La maestra condannata per il rimprovero agli alunni che hanno imbrattato i bagni: il sindacato non ci sta
Gilda insegnanti critica la sentenza del Tribunale di Parma ai danni di un'insegnante: un mese e 20 giorni di reclusione (pena sospesa) dopo la denuncia dei genitori dei piccoli. L'affondo del sindacato: «Che siano avviate le procedure, previste dalla legge, a carico di chi non educa i figli...». I bambini avevano sporcato le pareti con le proprie feci
TRENTO. Ha sollevato parecchie critiche la sentenza ai danni di una maestra, "colpevole" di aver rimproverato i bambini che avevano imbrattato le pareti del bagno scolastico utilizzando le proprie stesse deiezioni.
Il sindacato della scuola Gilda degli insegnanti di Parma e Piacenza ha denunciato la vicenda in un comunicato stampa: «Una docente è stata denunciata e dopo oltre 4 anni di processo, il Tribunale di Parma l’ha condannata a 1 mese e 20 giorni di reclusione (con il beneficio della sospensione condizionale e della non menzione) semplicemente perché si è comportata come ogni adulto di buon senso avrebbe fatto: dopo che una collaboratrice scolastica si era lamentata che i bagni erano stati imbrattati di feci, la maestra, come suo dovere, ha redarguito i ragazzi che all’epoca frequentavano una quinta di scuola primaria dell’Istituto Comprensivo di Fornovo Taro (Parma) dove la poveretta era stata “sfortunatamente” chiamata per qualche ora di supplenza.
Dopo i richiami fatti agli scolari, alcuni genitori anziché chiedere un appuntamento alla docente e ringraziarla l’hanno pure denunciata. La donna che è finita a giudizio per “abuso di mezzi di correzione” ha avuto la magra consolazione che anche l’accusa (pubblico ministero Massimiliano Sicilia) né chiedesse l’assoluzione di fronte all’evidente irrilevanza penale della contestazione, non è stato dello stesso avviso il giudice».
Il coordinatore del sindacato Salvatore Pizzo ha espresso l'auspicio che la vicenda prosegua nei successivi gradi di giudizio, naturalmente con la speranza che la maestra venga scagionata, dopo essere finita sotto accusa solo per aver svolto il proprio compito di educatore.
Secondo la Gilda, «gli organi periferici del Ministero dell’Istruzione, intesi come Ufficio scolastico regionale dell’Emilia Romagna, Ufficio Territoriale di Parma e Piacenza, insieme ai dirigenti scolastici tutti» dovrebbero avviare «le procedure, previste dalla legge, a carico di chi non educa i figli, per questo tipo di azioni hanno a disposizione l’Avvocatura dello Stato. La 'colpa in educando' è ben richiamata non solo nel Codice Civile (art. 2048) ma anche nella Costituzione (art.30), non si è mai vista un’amministrazione pubblica essere così reticente di fronte a fatti evidenti».
Il sindacato conclude con un'ultima sottolineatura sul rapproto scuola/famiglia: « Troppo comodo scaricare tutto sui docenti, noi non ci adegueremo mai a ciò. La Gilda, dichiarandosi senza sé e senza ma al fianco della docente, tiene a far presente che era l’unico sindacato presente alla lettura della sentenza».