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Migranti, "bufale" sulla italianità e vizietti classisti, il monito di Mattarella: "Le identità plurali sono il valore della nostra patria"

Nell'applauditissimo intervento al meeting di Rimini, il presidente rimette in ordine una serie di principi fondamentali, sanciti dalla Costizuzione, che sono finiti nel tritacarne dei deliri nostalgici, sovranisti e xenofobi cui il Paese ha dovuto assistere negli ultimi mesi e settimane. "Le identità plurali sono il valore della nostra patria, del nostro, straordinario, popolo, frutto dell'incontro di più etnie, consuetudini, esperienze, religioni. I fenomeni migratori sono movimenti globali che non vengono cancellati da muri o barriere, è necessario rendersi conto che soltanto ingressi regolari, sostenibili, ma in numero adeguatamente ampio, sono lo strumento per stroncare il crudele traffico di esseri umani

TRENTO. "La nostra Costituzione nasce per superare, per espellere, l'odio, come misura dei rapporti umani. Quell'odio che, la civiltà umana, ci chiede di sconfiggere nelle relazioni tra le persone; sanzionandone, severamente, i comportamenti, creando, così, le basi delle regole della nostra convivenza".

Torna il presidente della Repubblica e, dopo la pausa estiva, torna a farsi sentire avendo metabolizzato le tante, troppe, tensioni che slabbrano il tessuto sociale italiano. Sergio Mattarella è di nuovo sulla scena ripartendo dal meeting di Comunione e Liberazione di Rimini, palcoscenico perfetto per parlare di valori e diritti, per richiamare alla razionalità e alla moderazione quanti, anche ai più alti livelli, si sono distinti per sgrammaticature costituzionali. In questi mesi, infatit, si sono registrate diverse uscite anche da parte di esponenti del governo Meloni che hanno lasciato sbigottiti (da discorsi sui rischi di "sostituzione etnica" riferiti ai migranti a plateali attestati di solidarietà a chi esprime idee omofobe e xenofobe, fino al gradiente di un certo pietismo da ricchi, indicatore di una sostanziale indifferenza per le sofferenze delle classi meno abbienti e delle cause socioeconomiche di tale status).

Dopo mesi segnati ciclicamente da esternazioni da destra di stampo a dir poco reazionario, evidentemente Mattarella ha voluto rimettere a posto qualche pietra miliare della convivenza civile nella Repubblica, nata peraltro dalla sconfitta dei nazifascisti che tanta crudeltà e morte hanno causato in Europa e nel mondo.

Basta odio, distinzioni di etnie, attacchi ai diversi dimenticando la composizione plurale disegnata dai padri costituenti per l'Italia.

Il presidente si allaccia al tema del meeting per parlare di "amicizia" riempendo un termine - di solito elaborato nella strettissima sfera privata - di contenuti alti, inserendo la parola in un contesto più ampio che in effetti dovrebbe regolare in senso virtuoso il buon andamento della società. In un discorso complesso e valoriale Mattarella non esita a ricordare gli orrori del fascismo che ancora nel 1943 provocava "lutti e crudeltà". 

Ma non lo fa solo perché sorpreso di come ancora oggi parte dell'Italia debba chiudere i conti con quell'epoca di dittatura, lo fa per ricordare come fu proprio un "difetto di sentimenti di solidarietà e di reciproca disponibilità" a portare il Paese nel baratro del ventennio fascista. E che questa memoria non debba essere negata lo dimostra anche con una seconda tappa dall'alto valore simbolico, impossibile da fraintendere: una sosta ad Argenta per un omaggio alla tomba di don Minzoni, il sacerdote ucciso a bastonate da squadristi fascisti il 23 agosto 1923 e non a caso in seguito chiamato il Matteotti cattolico.

Ma se il capo dello Stato eleva il concetto di "amicizia" nel pantheon politico, molto altro c'è nel suo applauditissimo intervento al meeting. La parte più politica del ragionamento presidenziale è destinata alla Costituzione che da mesi Mattarella si sforza di almanaccare nei suoi articoli e spiegare nei suoi contenuti: la Costituzione garantisce "il rispetto delle diversità" e di conseguenza contrasta quella "massificazione che ha caratterizzato, ideologie e culture, del Novecento".

Il presidente sembra veramente stanco di assistere a "contrapposizioni ideologiche", a superate distinzioni "di caratteri etnici" e ancor più di quanti hanno la "pretesa di resuscitare anacronistici nazionalismi".

Tutto ciò non fa bene al Paese, al suo sviluppo, alla sua crescita. Serve piuttosto "concordia sociale e coesione" per far avanzare l'Italia. Perchè, ne è convinto Mattarella, "le identità plurali sono il valore della nostra patria, del nostro, straordinario, popolo, frutto dell'incontro di più etnie, consuetudini, esperienze, religioni; di apporto di diversi idiomi per la nostra splendida lingua".

Da queste basi non poteva che svilupparsi un'analisi su uno dei temi più caldi all'esame del governo: il dilagare dell'immigrazione clandestina. E il monito ha un sapore agro-dolce per l'esecutivo di centrodestra: "sulle politiche migratorie occorre percorrere strade diverse. Se non se ne avverte il senso di fraternità umana, almeno per una miglior sicurezza", premette seccamente.

"I fenomeni migratori, vanno affrontati per quel che sono: movimenti globali, che non vengono cancellati da muri o barriere", scandisce tra gli applausi del popolo cattolico. Fin qui l'agro. Poi riconosce, e lo fa da anni, che l'Italia da sola è impotente ad affrontare l'emergenza. E quindi passa al dolce: "occorre un impegno, finalmente concreto e costante, dell'Unione europea e sostegno ai Paesi di origine dei flussi migratori". Perchè, aggiunge con un invito operativo alla maggioranza, "è necessario rendersi conto che soltanto ingressi regolari, sostenibili, ma in numero adeguatamente ampio, sono lo strumento per stroncare il, crudele, traffico di esseri umani. La prospettiva, e la speranza di venire, senza costi e sofferenze disumane, indurrebbe ad attendere turni di autorizzazione legale".

 

 "Inoltre - ha spiegato Mattarella -, ne verrebbe assicurato un inserimento lavorativo ordinato; rimuovendo la presenza nascosta, incontrollabile, di chi vaga senza casa, senza lavoro e senza speranza; o di chi vive ammassato in centri di raccolta, sovente mal tollerati dalle comunità locali".

In tempi di sbandamenti etici, negazionismi riemergenti e incertezze valoriali il presidente non poteva che chiudere il suo discorso con una citazione di Giuseppe Dossetti, altro sacerdote antifascista: "È proprio, nei momenti di confusione, o di transizione indistinta, che le Costituzioni adempiono la, più vera, loro funzione: cioè, quella di essere, per tutti, punto di riferimento e di chiarimento".

Un applauso del popolo di Cl si è levato alla Fiera di Rimini anche quando il presidente della Repubblica ha detto che i cittadini della Romagna e i loro sindaci non vanno lasciati soli dopo l'alluvione. E' stato il primo momento di interruzione del discorso di Mattarella, seguito nell'auditorio in religioso silenzio. Nuovo applauso quando Mattarella ha parlato di pace giusta in Ucraina e quando parla dei migranti.

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