La Camera boccia il MES, maggioranza spaccata, e l'Europa ci osserva: unico paese UE a dire «no»
Accuse reciproche in Aula, Forza Italia va contro Meloni e Salvini. Che cos’è il Meccanismo europeo di stabilità (Mes) e come funziona. E che cosa succede adesso che l'abbiamo respinto, con il "rammarico" dell'Eurogruppo
ROMA. L'Aula della Camera ha respinto questa mattina la ratifica del trattato sul Mes. I voti a favore sono stati 72, 184 i contrari, 44 gli astenuti.
A favore della ratifica hanno votato i deputati del Pd, Iv e Azione.
Contro hanno votato Fdi, Lega e M5S. Ad astenersi sono stati i deputati di FI, Avs e Noi Moderati.
Immediata la reazione di Bruxelles. "Ho preso atto del voto espresso oggi dal Parlamento italiano in merito alla ratifica del trattato del Mes. Pur nel pieno rispetto delle deliberazioni parlamentari, mi rammarico per l'esito" afferma il presidente dell'Eurogruppo, Paschal Donohoe.
"L'Italia rimane l'unico Paese che blocca la finalizzazione di una riforma su cui tutti ci siamo impegnati nel 2021", ricorda Donohoe, evidenziando che si tratta di "un elemento chiave della rete di sicurezza comune nell'Eurozona, a vantaggio di tutti i Paesi membri". "Continuerò il mio impegno a riguardo con le autorità italiane nei prossimi mesi", aggiunge il presidente dell'Eurogruppo.
"Tra gli altri elementi - osserva Donohoe -, la riforma del Mes mira a stabilire un sostegno pubblico al Fondo di risoluzione unico delle banche (Srf) inteso a rafforzare ulteriormente la resilienza e la stabilità finanziaria dell'area euro nel suo insieme e quella di ogni singolo Stato membro dell'area euro, compresa l'Italia". L'aver reso l'Srf "pienamente operativo" è "un risultato significativo e un pilastro fondamentale degli strumenti dell'Ue per la gestione delle crisi", sottolinea il presidente dell'Eurogruppo, ma "resta deplorevole che non siamo stati in grado di realizzare il suo sostegno, una pietra miliare importante verso il completamento dell'Unione bancaria nell'Ue"
COSA SUCCEDE ADESSO
Se si fosse voluto tenere una porta aperta sul Mes, allora sarebbe stato meglio un rinvio. Ma quando Giancarlo Giorgetti ha preso atto della decisione politica del suo governo di dire 'No' al Salva-banche, nelle varie riunioni ai vertici dell'esecutivo - secondo fonti a lui vicine - ha spiegato che questo era il momento più adatto per sciogliere il nodo, ora che è stato chiuso il nuovo Patto di Stabilità, senza trascinare ulteriormente la questione e rispettando la scadenza del 31 dicembre.
Le novità del Meccanismo non lo hanno mai entusiasmato, ma ora ci saranno delle conseguenze per l'Italia, è l'avvertimento che comunque il ministro dell'Economia ha condiviso con i colleghi. Non si temono reazioni negative dei dei mercati, e ad esempio lo spread, dopo un minimo sussulto poco dopo il voto della Camera, ha chiuso quasi ai livelli di ieri. Più che altro, non mantenere un impegno preso tre anni fa può avere ricadute sotto il profilo dell'affidabilità e della reputazione nei confronti dei partner. Quindi non è il caso di farsi illusioni sulle prossime partite europee, a cominciare dalla sede dell'Authority antiriciclaggio per cui è in corsa Roma. Negli incontri internazionali, per mesi il ministro ha manifestato tutte le difficoltà a far convergere una maggioranza sulla ratifica.
La scelta era stata devoluta al Parlamento, che è sovrano, e quindi la decisione va accettata, è la linea di Giorgetti, che è rimasto nei suoi uffici durante l'infuocata discussione a Montecitorio. Il suo nome in Aula è risuonato più volte, in quanto responsabile di una "Waterloo" sul Patto come ha detto la M5s Chiara Appendino, o perché "sbugiardato da quest'aula, sbeffeggiato dal suo leader e dal suo partito", come ha attaccato il dem Enzo Amendola. Il ministro dell'Economia non si è visto neanche quando Azione ha chiesto espressamente la sua presenza in Aula, dove nessun ministro comunque si è appalesato.
L'invito alle dimissioni arriva esplicito dalle opposizioni. "Dovrebbe ragionare sulle conseguenze di questo voto", sostiene Elly Schlein. "Chi pensa che sia sfiduciato è male informato" assicura però il capogruppo leghista al Senato Massimiliano Romeo al termine di una giornata i cui effetti sono tutti da verificare. Giorgetti, assicurano fonti a lui vicine, è tranquillo e pensa solo a portare all'approvazione la manovra entro la fine dell'anno. Nell'esecutivo più politico degli ultimi anni, Giorgetti sul fronte del Mes rivendica un atteggiamento pragmatico. In quest'ottica vanno letti, secondo fonti a lui vicine, i ragionamenti condivisi ripetutamente con i colleghi di partito e di governo. Inclusi i rischi impliciti nella bocciatura della ratifica, da cui difficilmente si torna indietro. Per sei mesi almeno non se ne parla, taglia corto una fonte di governo.
Nei consessi europei presto Giorgetti e Giorgia Meloni ne misureranno gli effetti. A partire dall'Eurogruppo del 15 gennaio e dal Consiglio europeo del primo febbraio. Il ministro è pronto a metterci la faccia in Europa. Ma d'altronde, osserva una fonte di governo, il limbo in cui l'Italia si è esposta sul Mes in questi mesi ha dato ai partner un alibi per stoppare molte richieste. Nel merito, Giorgetti è convinto che il meccanismo di salvataggio previsto dalla modifica respinta comunque non sarebbe servito al sistema bancario italiano. È vero, gli impegni presi con gli altri Stati andrebbero rispettati ma, è l'altra faccia della medaglia delle constatazioni del ministro, certo ci sarà un motivo se Draghi in venti mesi non ha voluto procedere con la ratifica e perfino Conte, che aveva dato tre anni fa il via libera alla modifica sul Salva-banche, ora ha portato il M5s a votare contro.
CHE COS’E’ IL MES
Il nuovo Meccanismo europeo di stabilità (Mes), che l'Italia non ha ratificato, nasce dal vecchio fondo salva-Stati che l'Ue ha voluto riformare dopo il doloroso salvataggio della Grecia, per rimuoverne le componenti più criticate come l'infausto Memorandum che imponeva tagli e riforme lacrime e sangue in cambio degli aiuti. Archiviata la stagione dell'austerity, l'Ue decise di dare nuovi compiti e poteri al fondo che, per rifarsi un'immagine, avrebbe potuto dare una mano ai Paesi anche prima di finire in crisi. L'idea è stata quindi rafforzare e semplificare l'uso degli strumenti a disposizione del Mes prima del salvataggio di un Paese, ovvero le linee di credito precauzionali: un Paese potrebbe chiederle qualora venisse colpito da uno shock economico e volesse evitare di finire sotto stress sui mercati. La riforma elimina il contestatissimo Memorandum sostituendolo con una lettera d'intenti che assicura il rispetto delle regole del Patto di stabilità. Un problema per i Paesi con deficit e debiti alti: per loro l'unica possibilità sarebbe una linea di credito "a condizionalità rafforzata", ovvero che concede aiuti solo a fronte di correzioni dei conti. La riforma affida al Mes anche un altro compito, pensato a tutela dei contribuenti: fornire un paracadute finanziario (backstop) al fondo salva-banche Srf (il fondo unico di risoluzione europeo alimentato dalle banche stesse), qualora, in casi estremi, dovesse finire le risorse a disposizione per completare i 'fallimenti ordinati' delle banche in difficoltà. Si tratta di una linea di credito da 70 miliardi.
E' uno dei tasselli mancanti dell'Unione bancaria che tutti i governi italiani, dall'inizio della discussione sulla riforma nel 2018, avevano fortemente voluto. Ma la polemica italiana sul nuovo Mes divampò a fine 2019 a causa della riforma delle 'clausole di azione collettiva' (Cacs) negli eventuali casi di ristrutturazione del debito sovrano di uno Stato membro. In sostanza, con la riforma sarà più semplice ottenere l'ok della platea degli azionisti per approvare la ristrutturazione di un debito sovrano (allungamento delle scadenze, taglio del valore nominale) perché dalle attuali regole che richiedono una doppia maggioranza, si passerà a una maggioranza unica.
Per i critici, semplificare le regole per ristrutturare i debiti è una spinta implicita verso una ristrutturazione automatica qualora un Paese in difficoltà dovesse fare richiesta di assistenza al Mes.